Fiumi veneti sotto la lente di Legambiente, che come ogni anno ha dato vita alla campagna di monitoraggio Operazione fiumi. L’edizione 2024 non ha portato a buoni risultati: criticità in particolare per Fratta Gorzone, Bacchiglione, Retrone e Adige. Per i corsi d’acqua in questa edizione sono stati monitorati oltre all’escherichia coli – i batteri fecali che permettono di verificare lo stato di depurazione delle acque – l’erbicida glifosate e, novità per il 2024, i Pfas.

Fratta Gorzone e i Pfas oltre la norma

Il Fratta Gorzone, a Cologna Veneta (Verona) è stata la prima tappa della quarta edizione di Operazione fiumi, la campagna di citizen science sulla base di campionamenti effettuati dai volontari di Legambiente, con il supporto tecnico di ARPAV, il contributo di COOP Alleanza 3.0, il patrocinio dell’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po e dell’Autorità di Bacino Distrettuale delle Alpi Orientali e la partnership tecnica di Strada Srl.

Sono tre i punti monitorati: a Cologna Veneta, Vighizzolo D’Este ed a Cavarzere nei pressi della sua immissione nel Brenta. Per quanto riguarda gli escherichia coli i campioni prelevati sono risultati in tutti e tre i casi sotto il valore di 5000 (MPN/100ml), limite consigliato allo scarico, anche se è importante sottolineare che per i batteri fecali qualora si superi il valore di 1000 (MPN/100ml), si comincia a prendere in considerazione la possibilità di porre delle restrizioni per uso irriguo.

Tuttavia il fiume è penalizzato dalla presenza diffusa di valori di Pfos (sostanza appartenente alla famiglia dei Pfas) superiori ai limiti previsti dalla normativa oltre che dalla presenza di vari residui di erbicidi e fungicidi.

Dall’ultimo monitoraggio ambientale pubblicato nell’ottobre 2023 da Arpav e svolto nell’ambito del “Accordo di programma quadro per la tutela delle acque e gestione integrata delle risorse idriche per la tutela del bacino del Fratta-Gorzone”, emerge «un preoccupante  incremento dei valori di Pfoa e Pfos allo scarico a dicembre 2022» si legge in una nota di Legambiente.

Foto da Unsplash di Dave Hoefler

Brenta in salute (ma si può fare di più)

La seconda tappa, sul Brenta, ha riscontrato una qualità microbiologica del fiume nella norma per quanto riguarda la presenza di escherichia coli. Ma si potrebbe fare di più sul fronte della condizione morfologica, ad esempio con una migliore manutezione delle sponde e l’incremento delle aree naturali, anche per mitigare gli effetti degli improvvisi eccessi di piovosità, sempre più frequenti.

Il circolo di Legambiente Medio Brenta, con la vicepresidente Silvia Giachelle, sottolinea come l’istituzione di un’area protetta lungo il Brenta faciliterebbe la diffusione di interventi quali bacini acquiferi per la fitodepurazione, le aree  A.F.I (Aree Forestali di Infiltrazione) per la ricarica delle falde acquifere, in grave sofferenza nelle ultime annate siccitose e tornate sui valori attesi per il periodo solo di recente, grazie alle abbondanti precipitazioni.

Padova, Bacchiglione e Piovego in sofferenza

Nella terza tappa, a Padova, è emerso uno stato del Bacchiglione e del canale Piovego non ottimale: su 4 punti monitorati, da i primi dati disponibili che riguardo in batteri fecali, due risultano sopra il valore dei 1000 (MPN/100ml).

Per quanto riguarda lo stato chimico monitorato da Arpav nel corso del 2023, il fiume è risultato penalizzato dalla presenza diffusa di valori di Pfos superiori ai limiti previsti dalla normativa, rilevati anche nel canale Piovego e da due casi di superamento di Nichel disciolto nei torrenti Timonchio e Rostone Ovest e dal superamento di Dichlorvos nel canale Roncajette.

Tra gli inquinanti specifici sono stati rilevati in tutto cinque superamenti dei valori medi annui previsti dalla normativa per gli erbicidi. Complessivamente il bacino idrografico del Bacchiglione soffre anche dal punto di vista dello stato trofico: infatti circa il 65% delle stazioni di monitoraggio non raggiunge lo stato Buono dell’indice LIMeco.

Foto da Unsplash di Stefano Segato

Treviso, tra Sile e Dese attenzione ai batteri fecali

Cinque punti sono stati monitorati lungo il fiume Sile, uno sul Dese, alla foce. Per l’escherichia coli tutti i punti sono risultati sopra il valore dei 1000 (MPN/100ml) consigliato da Arpav.

Nel 2023 il monitoraggio dell’Arpav lungo l’intero bacino idrografico del Sile, ha raccolto dati in 26 stazioni per il monitoraggio della qualità chimica e 6 stazioni per il monitoraggio della qualità biologica. Lo stato chimico è risultato buono in tutti i corpi idrici monitorati, eccetto che per il Sile per i superamenti della media annua di Pfos e, oltre alla media annua, anche per superamento della concentrazione massima ammissibile dell’insetticida Dichlorvos. «La contaminazione del fiume Sile – si legge nella nota di Legambiente – è presumibilmente derivante dallo scarico di depuratore e dalle attività aeroportuali. Tra gli inquinanti specifici sono stati rilevati 1 superamento dei valori medi annui per AMPA (prodotto di degradazione del Glifosate) e Glifosate, entrambi nello scolo Bigonzo».

Adige sotto stress (anche per la logistica)

San Giovanni Lupatoto (Verona) la tappa dedicata al fiume Adige ha messo in luce la questione batteri fecali: gli escherichia coli, su 7 punti monitorati lungo l’asta del fiume, presentano in due campioni valori superiori a 5000 MPN/100ml, limite consigliato allo scarico, a Zevio e nella foce a Rosolina (Rovigo). Il punto di prelievo a Rosolina è dentro alla foce del fiume Adige, prima dello sbocco in mare, dove invece i parametri per la balneazione risultano entro i limiti.

Una veduta del centro storico di Verona e dell’Adige.
Foto da Unsplash di Joshua Kettle

Ma c’è anche il tema delle piogge eccessive che il fiume si trova ad assorbire da settimane. «L’Adige è sotto stress idrogeologico da oltre 70 giorni consecutivi – commenta Giulia Bacchiega, vicepresidente di Legambiente Veneto – e questa situazione ci preoccupa fortemente poiché se è vero che deriva dalle eccezionali precipitazioni a cui abbiamo assistito in questi mesi, è altrettanto evidente che questo perdurare dell’emergenza idraulica si intreccia con lo scadente stato di salute morfologica del fiume cioè la riduzione dello spazio vitale per lo scorrimento delle acque e la relativa riduzione della capacità di assorbire e far defluire le acque in caso di piena». 

Situazione che potrebbe peggiorare con ulteriori progetti di impermeabilizzazione e consumo di suolo, come un nuovo polo logistico progettato in via Maffea di Campagnola di Zevio, che «andrebbe a sottrarre 12.7 ettari di suolo vergine in prossimità del fiume per realizzare un edificio di circa 770 mila metro cubi che andrà a cancellare un tratto di un antico sentiero (che è anche corridoio ecologico) e devierà la pista ciclabile delle Risorgive» come denuncia Maurizio Malvestio del Circolo di Legambiente Medio Adige. «Il Tar del Veneto aveva annullato l’intero iter autorizzativo, tuttavia oggi la costruzione del polo logistico potrebbe ricevere via libera perché le amministrazioni di San Giovanni Lupatoto e Zevio sono intenzionate ad accettare le “compensazioni ambientali” proposte dal costruttore» prosegue Malvestio.

Vicenza, Bacchiglione e Retrone: irrigazione a rischio

Per la tappa di Vicenza i corsi d’acqua messi sotto la lente di ingrandimento da Legambiente sono il tratto vicentino del Bacchiglione, monitorato in 3 punti, e il fiume Retrone, con 2 punti monitorati, a Creazzo e Vicenza. Per il Bacchiglione persistono forti criticità per il prelievo effettuato a Vicenza nelle vicinanze di Ponte Debba, dove quest’anno la presenza di batteri fecali risulta 5 volte superiore al limite di legge consentito allo scarico (5000 MPN/ml). Per quanto riguarda il fiume Retrone, la situazione è altrettanto preoccupante per entrambi i punti monitorati, che per il quarto anno consecutivo presentano valori fuori scala di batteri fecali: oltre 11 mila unità formanti colonie a Creazzo e quasi 58 mila a Vicenza.

Valori tanto alti da dover prevedere, come indicato da ARPAV, l’attivazione di restrizioni per l’utilizzo irriguo delle acque: tutte le colture destinate al consumo umano crudo non potrebbero essere irrigate ed è raccomandato l’uso di protezione individuali per i lavoratori a contatto con tali acque.

Anche lo stato chimico di tutto il bacino idrografico risulta penalizzato dalla presenza diffusa di valori di Pfos superiori ai limiti previsti dalla normativa.

«Di per sé – afferma Valentina Dovigo, presidente del circolo Legambiente di Vicenza – la presenza elevata di batteri fecali può essere un fenomeno episodico che segnala la presenza di picchi inquinanti, dovuto a scarichi non autorizzati o sversamenti illegali. Un dato puntuale che non influisce necessariamente sulla qualità complessiva delle acque, vista l’elevata capacità autodepurativa dell’ecosistema fluviale. Ma, se per quattro anni consecutivi, come sta accadendo con Bacchiglione e Retrone, facendo campionamenti spot abbiamo trovato sempre valori molto elevati nei medesimi punti di prelievo, non si può più parlare di fenomeno estemporaneo ma di presenza certa di una o più fonti di inquinamento. Cattiva o insufficiente depurazione, presenza di scarichi o sversamenti illegali anche da parte delle attività agricole o il mancato allacciamento alla rete fognaria di alcuni edifici, sono alcune delle possibili cause: gli enti preposti approfondiscono con urgenza questi aspetti perché la situazione è grave, dura da tempo e non possiamo più permettere che continui».

Foto da Unsplash di Claudia Salamone

Leggi qui l’articolo integrale di Vez.News, partner di Heraldo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA