Si sa che d’estate si legge più volentieri, le ferie, i viaggi, le giornate più lunghe, un libro cominciato e mai finito che improvvisamente ci chiama, sono tutte occasioni per dotarsi di qualche nuovo o vecchio titolo e approcciarlo con calma e motivazione.

Anche i premi letterari sono richiami importanti con le loro cinquine o sestine finaliste e quindi parliamo del Premio Strega, uno dei più prestigiosi riconoscimenti italiani di cui un autore o un’autrice possa fregiarsi.

Nato nel 1947 dall’iniziativa della scrittrice Maria Bellonci e dal marito Guido Alberti, titolare della casa produttrice del liquore Strega, che dà il nome al premio, in allusione alle storie di stregoneria del Beneventano, il premio ha incoronato, per così dire, scrittori come Cesare Pavese e Umberto Eco, ad oggi sessantacinque autori.

Più rare le autrici, solo dodici, la prima fu Elsa Morante, e ogni anno fioriscono polemiche in ordine alla discriminazione di genere nella composizione dei finalisti e dell’influenza delle maggiori case editrici a fronte delle piccole e medie.

Sei i titoli in corcorso

Tuttavia la vitalità del premio è indiscutibile e anche il suo peso sul mercato editoriale, prova ne sono le nuove assegnazioni del Premio Strega Europeo, il Premio Strega Giovani, il Premio Strega Ragazze e Ragazzi e il Premio Strega Poesia.

Quest’anno la sestina prevede in buona posizione Donatella Di Pietrantonio con L’età fragile (Einaudi, 2023). Seguono Dario Voltolini con Invernale (La nave di Teseo, 2024), Chiara Valerio con Chi dice e chi tace (Sellerio, 2024), Paolo Di Paolo con Romanzo senza umani (Feltrinelli, 2023), Raffaella Romagnolo con Aggiustare l’universo (Mondadori, 2023) e Tommaso Giartosio con Autobiogrammatica (minimum fax, 2024).

Tutte le polemiche si placheranno, o forse moltiplicheranno, alla premiazione che avverrà il 4 luglio, a Roma, al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, in diretta televisiva su Rai 3.

Pare interessante soffermarsi su Raffaella Romagnolo, autrice che vive e scrive in Piemonte. Già candidata al Premio Strega nel 2016 con La figlia sbagliata (Frassinelli, 2015), riprende in questo suo ultimo Aggiustare l’universo alcuni personaggi, luoghi e vicende già presenti in Destino (Rizzoli, 2018), tradotto in tedesco, olandese, greco, ebraico, portoghese e francese.

La resistenza per ridare la parola

La vicenda si svolge all’indomani del secondo conflitto, in un paesino del basso Piemonte  che  l’autrice ha chiamato Borgo Di Dentro, corrispondente al nucleo antico della città di Ovada. La protagonista è Virginia, per tutti signorina Gilla, maestra di ventidue anni, incaricata di insegnare a una classe quinta della scuola elementare appena riaperta. Gilla è capitata lì da Genova, con i suoi genitori, per sfuggire alle bombe e alle ristrettezze della guerra e si è impegnata come staffetta a sostegno della guerra partigiana.

«Vorrebbe alzarsi e urlargli in faccia, a lui, a tutti: “La guerra è finita!”.  Invece resta seduta e zitta. Lascia correre lo sguardo intorno. La devastazione. La devastazione e tutto il lavoro che resta da fare. Allora afferra il foglio con malagrazia, lo compila e lo firma».

La protagonista ha le valigie pronte per tornare a casa e sfuggire ai vicoli e alle stradine buie di quel paesino, troppo intristita da un commiato che è ancora ferita aperta, ma qualcosa la trattiene, una sfida, anzi due, che sommessamente intraprende con se stessa: rimettere insieme un semidistrutto planetario e riportare un’alunna silente alla parola.

É il suo modo di “aggiustare il mondo” per riparare alle ingiustizie e ridare il giusto posto alle cose e agli affetti.

Un tempo affamato anche di libertà

Nel testo si ripercorre la guerra nei suoi momenti più atroci fra appropriazioni indebite,  tracotanza degli invasori e torture. C’è la resistenza in montagna che richiede supporto di ogni tipo, mentre infuriano le sempre più forti limitazioni imposte dalle leggi razziali.

Emerge senza ambiguità l’infinita cattiveria con cui il regime si è accanito scientificamente sugli ebrei, anche nel nostro Paese, ma pure la generosità di chi ha osato sfidarlo per aiutare gli altri.

Il romanzo di Romagnolo, accuratissimo nella ricostruzione di quel periodo storico a partire dalle fonti, si giova di un andamento non lineare che tiene avvinti alla pagina. E poi ci fa osservare e ricordare quegli anni che non abbiamo vissuto, in cui la mancanza delle libertà democratiche ha reso indifferenti alle persone e ha causato un’immane tragedia. Pare una riflessione quanto mai attuale su una materia che l’autrice maneggia con delicatezza senza mai esagerare i toni.

Il dialogo difficile con una figlia

Con L’età fragile Di Pietrantonio tocca diverse corde sensibili che ricorrono con sempre maggiore frequenza sui media, fra cui l’apparente disimpegno dei giovani nei confronti di studio e lavoro. É argomento emerso con chiarezza nel dopo-Covid, in seguito al necessario periodo di segregazione domestica, forse responsabile di nuove fragilità.

L’autrice ha trattato il tema del complesso rapporto che intercorre tra figlia e madre nei suoi precedenti romanzi Mia madre è un fiume (Elliot, 2011), L’arminuta (Einaudi, 2017, Premio Campiello 2017) e Borgo Sud (Einaudi, 2020). In questo caso cambia il punto di vista, è la madre che parla, che cerca di instaurare un dialogo con la figlia, che si interroga su un possibile scambio di aiuto e vicinanza.

«Forse sto perdendo mia figlia […] I figli, ci sono tanti modi di perderli. É inevitabile, a un certo punto […] É dopo che la perderai davvero, quando avrà il coraggio di andarsene».

La vicenda è ambientata in una località all’interno della provincia di Pescara e prende spunto da un omicidio realmente successo. Intorno a questo fatto di cronaca si sviluppano le sorti di diverse persone, considerate negli anni e nei loro trasferimenti e scelte di vita.

Poco per volta la storia assume un passo più spedito e si aprono spazi di confronto fra relazioni sfilacciate dal tempo e ancorate ad abitudini insuperabili.

Non sorprende che questo libro sia stato votato dagli studenti e sia già valso all’autrice il Premio Strega Giovani 2024, perché si pone in ascolto della loro voce con delicatezza e rispetto. «Come sono lontani a volte i pensieri dei figli da ciò che crediamo. Quella falsa sintonia con loro è solo un ricordo di quando erano bambini».

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