Dopo venti cortometraggi, il Festival di Cinema Africano è giunto alle ultime proiezioni. Spaziando tra generi, formati, durata e Paesi, la selezione di Africa Short si è dimostrata fedele nel dare un’immagine contemporanea del continente più antico al mondo, senza lesinare su contraddizioni e meraviglie.

Così come in Boussa, visto domenica sera, anche Kawthar Younis con Sahbety mette in scena regole e tradizioni molto rigide della società in cui vivono i protagonisti. Siamo in Egitto e Ali non può avere della privacy con la sua ragazza. Per passare la notte con lei, Ali decide di vestirsi con abiti femminili fingendosi un’amica passata per studiare. Sahbety mostra come lo sguardo al femminile su determinate questioni sociali può far cambiare la percezione su tutto ciò che ci circonda, oltre che a mettere in discussione lo stesso statuto di identità sessuale.

Sebbene girato con pochi mezzi, Kawthar Younis è in grado di gestire bene la tensione fra i protagonisti, oltre che a tratteggiare dinamiche e insicurezze che governano il mondo dell’adolescenza.

Secondo un’ottica junghiana l’acqua rappresenta una delle tipizzazioni dell’inconscio, un involucro contenente tutti i nostri pensieri più profondi e, sempre secondo il pensiero dello psicoanalista svizzero, rappresenta anche il simbolo della maternità. Questo concetto è alla base di Mawimbi, dove il giovane Kuzungu torna al proprio paese per partecipare ai funerali della madre.

Mawimbi di Mark Wambui

C’è tensione con il padre, ma l’uscita a pesca tra i due sarà fondamentale per risolvere gli attriti del passato. Il mare, ovvero la madre, dunque porta serenità all’interno del nucleo familiare, là dove prima non c’era dialogo ora c’è il confronto. Nonostante una standardrizzazione verso dinamiche narrative trite e ritrite, Mark Wambui realizza un cortometraggio abile a descrivere le tensioni fra un padre e il proprio figlio, sempre moderate con occhio vigile dalla madre, sebbene presente sotto altre forme.

Uno sguardo a metà tra meraviglia e rabbia

Montagne di rifiuti. Non una metafora ma immagini agghiaccianti. Vere, tangibili e verificabili con una rapida ricerca su internet. L’impatto delle lunghe inquadrature di Terra Mater è tale che sembra di assistere a un cortometraggio di fantascienza. Un ecosistema distrutto che ha creato una sorta di nuovo mondo con abitanti che navigano nella spazzatura alla ricerca di beni preziosi. Viene gridato “Rispetto” a un certo punto in Terra Mater e, in quanto pubblico occidentale, da queste parole mi sento colpito, responsabile. L’Africa non è solo un continente esotico pregno di paesaggi mozzafiato, ma anche un luogo da salvare.

Kong-Kong è un uomo che si guarda con sospetto. È diventato popolare perché si dice che a Ñetty Mbar rapisca i bambini, anche perché gira sempre con un grosso sacco sulla spalla e nessuno sa cosa ci mette dentro. Un uomo avvolto da un’aura di mistero come ce ne sono in tutti i paese. E come in tutti i paesi un gruppo di bambini decide di affrontare l’ignoto, per vedere chi è il più coraggioso del gruppo. Timis è un cortometraggio che si fa racconto di formazione, un giro di sedici minuti sulla giostra della fanciullezza, che possiede dinamiche e regole figlie solo di chi ne fa parte. Prima tetro e poi leggero, Timis è anche una metafora sul capire e comprendere chi è “diverso” da noi, per scoprire che alla fine basta una parola per scacciare le nostre paure.

Juliette Boucheny ospite della serata con il suo corto Ativio, Les Morceaux De Bois

In caso di pioggia le proiezioni si terranno al chiuso all’interno del Cinema Santa Teresa. Biglietto festival 5 euro. Ogni sera cibo a cura di “Le stuzzicherie di Faty” e musica con Ewere Success Obuh, in arte SUCCESS, dalle ore 19.30.

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