Africa Short: quattro cortometraggi per quattro idee di cinema
Martedì 25 giugno saranno presentati quattro cortometraggi della selezione "Africa Short" che tra guerre, burocrazia asfissiante e malinconica vecchia Africa.
Martedì 25 giugno saranno presentati quattro cortometraggi della selezione "Africa Short" che tra guerre, burocrazia asfissiante e malinconica vecchia Africa.
Alla quarta serata del Festival di Cinema Africano i cortometraggi presenti in concorso mostrano fin da subito la pluralità di linguaggio che i vari registi hanno scelto per affrontare le tematiche a loro care.
La mano di Fatima è un antico simbolo che rappresenta la protezione, la fertilità e l’amore fra culture. Il nome deriva dalla figlia di Maometto che immerse la propria mano nell’acqua bollente quando il marito portò a casa una concubina. Sconvolto dai ripetuti pianti della figlia, il marito decise di lasciare andare la concubina. Fatima è anche il nome della protagonista di L’Envoyée De Dieu, cortometraggio che mette in scena la storia di una bambina scelta come kamikaze per far esplodere un villaggio.
Muovendosi tra il fondamentalismo religioso e la drammatica situazione dei bambini soldati, Amina Abdoulaye Mamani realizza un cortometraggio di rara sensibilità visiva dato che i temi trattati avrebbero potuto far eccedere l’occhio della regista verso la zona della pornografia del dolore. Mamani invece si limita a mostrare gli avvenimenti, lasciando alle immagini il compito di raccontare la storia di Fatima, che nella lunga camminata all’interno del villaggio trova la forza per proteggere il proprio futuro, seppur andando incontro a un destino scritto da uomini che nulla hanno a che vedere con il significato del nome della mano dalle cinque dita.
Somewhere in Between è forse il cortometraggio più toccante di tutto il concorso. Quindici minuti che tratteggiano poeticamente e politicamente l’ultimo addio di una coppia ormai nell’inverno delle loro vite. Dahlia Nemlich procede per falde temporali, dove il ricordo della giovinezza innesta una serie di immagini che mostrano il momento dell’incontro tra Elias e Christiane. Come se si trattasse di un flusso di coscienza ininterrotto, la voce fuori campo di entrambi descrive non solo l’amore reciproco che ha unito la coppia per tutta la vita, ma anche come la guerra ne ha condizionata l’esistenza. Immagini-ricordo che diventano parte di un mondo: meraviglioso.
Sono abbastanza asfissianti i quattordici minuti di The Wait. Prima di tutto la storia di Mzu, che tenta invano di aiutare un vecchio seduto in una stazione di polizia a fare denuncia, mostra fin da subito l’intricata macchina burocratica che governa il Sud Africa. La regia di Imran Hamdulay sottolinea questa condizione al limite di un processo kafkiano tramite i ripetuti primi piani sui volti dei personaggi, un modo per non dare respiro alle immagini e di riflesso a noi spettatori. Sebbene la ripetizione delle situazioni mostrano dopo poco tempo la miccia corta delle idee del regista, The Wait rimane un cortometraggio figlio della quotidianità infernale che molti di noi vivono.
In caso di pioggia le proiezioni si terranno al chiuso all’interno del Cinema Santa Teresa. Biglietto festival 5 euro. Ogni sera cibo a cura di “Le stuzzicherie di Faty” e musica con Ewere Success Obuh, in arte SUCCESS, dalle ore 19.30.
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