Ricevevo continuamente pressioni da parte del capo per l’ennesima breaking news da scrivere velocemente. Non riuscivo a dormire se non sognando breaking news, avevo attacchi d’ansia continui.

Risposta all’indagine “Come ti senti” di Alice Facchini / Irpi Media

È una delle testimonianze riportate dallo studio italiano sulla salute mentale dei giornalisti, il primo in materia nel nostro paese, Come ti senti, realizzato lo scorso anno dalla giornalista freelance Alice Facchini per IRPI Media.

Sono venuto a conoscenza di questa ricerca al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia a cui ho partecipato con Fondazione PAO lo scorso aprile, durante un incontro fuori programma organizzato da The Self-Investigation, fondazione con sede nei Paesi Bassi che si batte per rendere benessere e salute mentale valori fondamentali per il settore dell’informazione.

La giornalista vincitrice del Premio Pulitzer e direttrice esecutiva della fondazione Mar Cabra aveva allora guidato un confronto tra giornalisti sulle criticità degli ambienti di lavoro, mettendo in luce come la sicurezza legale, fisica, digitale e mentale di un professionista del settore debbano essere messe al primo posto in qualsiasi situazione.

Proprio tra i presenti all’incontro di The Self-Investigation c’era Alice Facchini, autrice dello studio Come ti senti. Conoscere lei e il suo lavoro è stata un’occasione per analizzare le criticità del mondo giornalistico nostrano in materia di benessere mentale.

Come ti senti: una rete per i giornalisti italiani

Realizzata nel secondo semestre del 2023, Come ti senti è nata come ricerca sullo stato della salute mentale dei giornalisti freelance in Italia per diventare successivamente un progetto – Come ti senti: giornalisti mai più senza rete – che vede come partner IRPI (Investigative Reporting Project Italy), Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Casagit Salute e l’Ordine dei giornalisti Lombardia.

L’iniziativa comprende la piattaforma per inviare segnalazioni anonime (cometisenti.info), un libro (in uscita in autunno) e ad una serie di eventi ad ora in cantiere. «Della piattaforma – mi racconta al telefono Alice Facchini – le pagine più importanti sono quella delle segnalazioni e quella delle risorse e materiali. L’idea è di mantenere un osservatorio permanente dove poter chiedere aiuto ed entrare in contatto con i quattro partner del progetto.»

«Dovremmo far uscire il libro a fine settembre. Lo porteremo in giro durante gli eventi di diffusione dell’inchiesta – continua Alice Facchini, parlando delle altre due componenti del progetto. – Nel libro, oltre allo studio ci sarà un inquadramento generale, con dei brevi saggi scritti dalle organizzazioni parte del progetto, che contestualizzano l’inchiesta in una cornice più ampia. Abbiamo aggiunto anche delle pagine di esercizio pratico per stimolare una riflessione personale su sé stessi e sulla propria salute mentale.»

Foto da Unsplash di Jana Shnipelson

Quali sono i risultati della ricerca? Hanno partecipato, compilando un questionario anonimo, 558 giornalisti da tutta Italia, prevalentemente donne (55%) e soprattutto giovani: il 77% delle risposte è arrivato infatti da giornalisti e giornaliste under-45. Non solo giornalisti, per la maggior parte freelance (65%): hanno partecipato allo studio anche filmaker, fotogiornalisti, dipendenti di uffici stampa e social media manager.

Il quadro disegnato dai risultati dell’indagine è molto preoccupante: quasi la totalità dei partecipanti (87%) soffre o ha sofferto di stress, ma molto alte sono le percentuali anche di chi soffre di ansia (73%). Significativi sono anche i dati su insonnia, senso di incomprensione e solitudine, che colpiscono più della metà del campione analizzato. Sono alte anche le percentuali dei giornalisti che soffrono di attacchi di rabbia (42%), burnout (42%), dipendenza dai social (41%), depressione (34%) e attacchi di panico (26%).

Nello studio si specifica che sono principalmente i giovani a segnalare questi sintomi ma che ciò non significhi che la fascia più anziana non ne soffra. Al contrario, può essere che in questa fascia d’età si tenda a non considerare o, quantomeno dichiarare, queste problematiche. Per lo stesso motivo le risposte affermative arrivano in misura maggiore dalle donne che dagli uomini, generalmente meno propensi ad analizzare la propria sfera emotiva più intima.

Ma che cosa rende mentalmente distruttivo fare il giornalista in Italia? Lo studio di Alice Facchini identifica quattro macroaree. La principale è quella economica: la precarietà del lavoro e i bassi stipendi sono stati indicati come causa della scarso benessere mentale dall’84% degli intervistati. Il 63% del campione ha dichiarato di aver sofferto a causa dell’ipercompetitività, dei ritmi forsennati e delle molestie subite sul posto di lavoro.

Per uno dei principali quotidiani italiani con cui collaboro mi trovo a svolgere anche innumerevoli altri ruoli: caposervizio per prodotti editoriali del gruppo, social media manager, organizzazione eventi, ufficio stampa. Durante un evento mi è stato chiesto di servire gli antipasti

Risposta all’indagine “Come ti senti” di Alice Facchini / Irpi Media

Le ultime due aree di stress individuate, entrambe segnalate dal 31% dei giornalisti, sono i pericoli e le discriminazioni. Nel primo caso i partecipanti allo studio denunciano l’assenza di un’assistenza legale da parte dei datori di lavoro (per reportage o inchieste), le minacce ricevute via social – ma non solo – e la pericolosità intrinseca dei luoghi nei quali si devono recare per lavoro, questo in particolare per fotogiornalisti e filmaker. Infine discriminazioni di genere e molestie impattano maggiormente dalle giornaliste, con un significativo +34% e +21% rispetto ai colleghi maschi.

Lo studio di Alice Facchini conclude analizzando le reazioni dei giornalisti alle problematiche evidenziate. Se da un lato l’89% degli intervistati ha confidato le sue difficoltà con i contatti più stretti (famiglia e amici) e l’83% si è confrontato con gli stessi colleghi, solo il 19% è riuscito ad aprirsi sulle proprie ansie con i superiori e la percentuale di chi ha ricevuto supporto psicologico sul posto di lavoro scende addirittura al 5%, il 6% prendendo in considerazione solo i giornalisti dipendenti.

Foto da Unsplash di “The climate creativity project”

Il che è un problema perché tutelare la salute mentale nella propria azienda crea un ambiente di lavoro più sano, nel quale si riesce a produrre un giornalismo di migliore qualità capace di rendere più resiliente la società. Non è un caso se uno studio di Deloitte del 2022 riporta come investire su questi determinati settori abbia un ROI (“Return On Investment”, in italiano “ritorno dell’investimento”) di 5:3.

Nel disclaimer Alice Facchini spiega come questo studio sia partito con un semplice Google Form inviato ai giornalisti tra il luglio e l’ottobre 2023, senza uno studio scientifico che validasse la metodologia di raccolta delle risposte, per ragioni di tempi e costi.

Nello specifico, quando le chiedo cosa l’abbia spinta a lavorare su questa ricerca, mi risponde: «Io in primis sono freelance e all’interno della comunità con cui collaboro i temi della salute mentale sono sempre stati urgenti. Durante un convegno ad Atene ho conosciuto una redazione greca, Solomon, che aveva fatto un progetto simile, pubblicando anche un libro. Quando l’ho visto mi sono chiesta “Io come sto?” dato che ero al settimo mese di gravidanza e nonostante questo ero in Grecia per lavoro. Ho subito esposto l’idea ad IRPI e abbiamo capito che c’era una comunione di intenti perché loro, lavorando con giornalisti d’inchiesta e reporter di guerra, hanno grande attenzione alla salute mentale, specie per traumi e minacce.»

Come ti senti è quindi un primo passo per stimolare un dibattito quantomai necessario sul tema della salute mentale nel mondo dell’informazione, ascoltando le storie personali dei giornalisti.

«C’è una frase di Letizia Battaglia che mi piace particolarmente: “Uno non guarda ciò che ha davanti, guarda la storia che c’è dentro. Quando inseguiamo certe storie è perché risuonano con noi stessi.” – conclude Alice Facchini quando le chiedo quali di queste storie finora raccolte l’hanno colpita maggiormente – Sapevo dall’inizio che quelle storie avrebbero parlato di me, come quella della giornalista che quando è rimasta incinta ha rischiato di essere licenziata e anche le testimonianze di colleghe che hanno subito molestie e avances. Ma oltre a queste problematiche legate al genere c’è una precarietà che investe tutti quanti ed è questo che mi colpisce di più.»

Foto da Unsplahs di Ben White

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