Sabato 22 giugno inizierà la nuova edizione del Festival di Cinema Africano e oltre con la sezione Africa Short. Saranno presentati lungo le otto serate (dal 22 giugno fino al 29) ben venti cortometraggi che faranno parte del concorso principale. Quest’anno per la sua 43esima edizione Africa Short propone anche tre lungometraggi, di cui il primo sarà proiettato sabato alle ore 21.00.

Reines è un film ambientato a Casablanca. Qui Zineb, una giovane madre, evade dal carcere per evitare che lo Stato le porti via definitivamente sua figlia. Quando riesce a ricongiungersi con la ragazzina si impossessa di un camion e prende in ostaggio Asma, la camionista. Le tre hanno la polizia alle calcagna e sono costrette ad attraversare le montagne dell’Atlante. Nella fuga scopriranno che anche per Asma questo rapimento è una forma di salvezza.

Reines di Yasmine Benkiran

Domenica 23 giugno sarà invece il turno dei primi quattro cortometraggi appartenenti al concorso principale, con quattro storie, quattro geografie diverse che ci porteranno ad attraversare il continente africano, con lo sguardo cinematografico che racconta tanti “altrove”, per allargare i nostri orizzonti ed esplorare traiettorie inedite. Primo ospite Azedine Kasri, attore di teatro e di fiction, sceneggiatore e regista.

Il denaro come piaga sociale

La serata si apre alle 21.30 con I promise you paradise, ovvero: ti ho promesso un luogo ultraterreno per stare bene, per una nuova vita. Il luogo però si trova al di là del mare e per raggiungerlo serve un sacrificio sentimentale e di denaro. Quello che elegantemente mette in scena Morad Mostafa è una storia che accomuna molti migranti che dall’Africa partono per lasciarsi alle spalle la miserie che li circonda.

Una miseria che il regista egiziano mostra con uno sguardo neorealistico pedinando Eissa – il protagonista – lungo traiettorie che scoprono ogni volta nuovi posti a cui corrispondono situazioni al limite del vivibile. È un cinema che nel suo essere piccolo (durata, location, comparse) si fa carico di dare agli spettatori l’immagine di un mondo che noi non vediamo mai. Il controcampo lacerante di un percorso che non permette sorrisi, ma solo dei primi piani intensi su volti colmi di speranza fino alle lacrime.

I promise you paradise di Morad Mostafa

Pourquoi as-tu laissé le cheval à solitude? cortometraggio di Bensaїdi Faouzi inizia come se fosse un western: un uomo a cavallo filmato in campo lungo sta cavalcando in un deserto. Il cavallo si ferma, stop. Taglia! Fine dell’illusione del cinema. Il cavallo è stanco, non ce la fa più, massacrato dal lungo viaggio per arrivare sul set e dai ripetuti ciak. Il produttore è preoccupato, i soldi iniziano a scarseggiare ma il regista sembra non preoccuparsene. Che fare? Semplice, un’iniezione al cavallo che probabilmente lo paralizzerà ma aiuterà la troupe a portare a casa la sequenza.

8 minuti bastano a Bensaїdi Faouzi per tracciare le dinamiche del capitalismo che fagocita il cinema, che – nel caso ce lo fossimo dimenticati – è un’industria dove il denaro fa muovere le immagini. O per dirla à la Federico Fellini: “Il film finisce quando finiscono i soldi”. Sebbene quindi Pourquoi as-tu laissé le cheval à solitude? sia ascrivibile a qualsiasi parte del mondo, deve la sua influenza al cinema di Robert Bresson: il cavallo può essere collegato all’asino di Au hasard balthazar, simbolo della purezza ingenua nei confronti dell’uomo, mentre le mani che si scambiano il denaro all’Argent. Un cortometraggio semplice, diretto e incisivo nel suo messaggio.

Distruggere la giovinezza

La ripresa di un drone mostra le macerie di quella che era una città della Siria. Due bambini camminano tra case distrutte alla ricerca di oggetti da poter vendere. Uno dei due è cieco a causa dei traumi dovuti alla caduta di un missile. Non vede come è stata ridotta casa sua, ma sa ancora ritrovare una macchina fotografica di suo papà che gli permetterà di posare il suo sguardo sul mondo secondo una nuova prospettiva. Le immagini d’altronde ci aiutano a ricordare e a documentare avvenimenti, catastrofi, guerre.

E, inevitabilmente, diventano anche merce da vendere a un pubblico ormai affabulato dalla pornografia del dolore. Photograph di Mohannad Kalthoum vuole proprio parlare di questo, seguendo il viaggio dei bambini prima e delle fotografie dopo all’interno di un sistema di immagini svuotate dal loro significato originale. Se la prima parte è molto convincente nella seconda purtroppo Kalthoum eccede nello scrivere un cortometraggio esclusivamente a tesi procedendo per stereotipi. In Photograph resta comunque il dramma di un popolo di giovanissimi in balia di un uragano di violenza e denaro che porta via con sé l’età dell’innocenza.

Il bacio è il gesto più naturale di una coppia. Una sorta di linguaggio che mette in comunicazione due persone nella loro intimità. Eppure è un gesto che può anche generare scandalo, rabbia, disgusto. Boussa di Azedine Kasri racconta le vicissitudini di una giovane coppia che arde dal desiderio di scambiarsi un bacio ma è castrata dal conservatorismo che regna sovrano in Algeria. Non sono sposati Meriem e Reda e quindi non hanno il diritto di mostrare il loro affetto.

Dietro la facciata della risata – Azedine Kasri costruisce il suo racconto basandosi sulla commedia degli equivoci – si nasconde la critica sociale a un Paese, ma di riflesso anche a un pensiero, che limita la libertà in ogni suo aspetto. Il risultato è ovviamente la fuga, come Reda urla disperato a Meriem: “Me ne vado in Francia!”. Scappare sembra quindi l’unica soluzione, oppure fingersi morti per respirare tramite l’altro: un ossimoro per un Paese di perenni contraddizioni. 

In caso di pioggia le proiezioni si terranno al chiuso all’interno della sala della Chiesa di Santa Teresa. Biglietto festival 5 euro. Ogni sera cibo e musica dalle ore 19.

©RIPRODUZIONE RISERVATA