“Today 16 June 1924 twenty years after. Will anybody remember this date.” James Joyce, Parigi, 1924.

James Joyce è il nome di uno di quegli autori che si sono ben radicati nella conoscenza generale di lettori e studenti di letteratura inglese o di studi comparati, ma che in realtà pochi hanno effettivamente letto o studiato in modo approfondito. Certo, al liceo è quasi una prassi leggere il racconto Eveline tratto da Gente di Dublino, e questo è vero sia in ambito italiano che anglosassone e statunitense, eppure in pochi vi risponderanno di aver letto altro da questa raccolta considerata minore di Joyce o di sapere di che cosa effettivamente tratti.

Questo vale anche per il suo capolavoro Ulisse, grazie al quale James Joyce è passato alla storia come scrittore di fama internazionale, ma che quasi nessuno ha letto se non per qualche pagina per comprendere cosa sia la tecnica dello stream of consciousness. Ancora meno, sempre per la suddetta tecnica, saranno quelli che affermeranno di averlo letto in toto.

Persino un irlandese o un dublinese vi potrebbero dire che James Joyce è considerato oggi alla stregua di un tesoro nazionale sulla scia di un ancora fortissimo nazionalismo e orgoglio per l’Irlanda e la sua capitale, e nello stesso tempo ammettere di non aver letto nessuna delle sue opere, salvo sapervi nominare in maniera vaga ancora una volta il suo capolavoro.

Partecipanti al Bloomsday a Dublino, foto di William Murphy, Flickr, CC BY-SA 2.0.

Il Bloomsday a Dublino

Tuttavia Il 16 giugno 2024 a Dublino e in altre località in tutto il mondo viene celebrato il Bloomsday, ossia “il giorno di Bloom”. Il termine prende il nome dal protagonista del sopracitato Ulisse di Joyce, Leopold Bloom.

Il festival segue in particolare la giornata del 16 giugno del 1904, narrata lungo tutto l’arco del romanzo attraverso episodi (e soprattutto pensieri) tratti dalla vita di Bloom e di altri personaggi, che hanno per palcoscenico la città natale di Joyce, dalle otto del mattino alle prime ore del giorno successivo.

Le celebrazioni di questa giornata possono assumere le forme più varie, e Dublino anche quest’anno non fa eccezione, inaugurando dall’11 al 16 giugno l’edizione 2024, organizzata come tradizione da The James Joyce Centre, che comprende più di un centinaio di eventi: letture pubbliche, spettacoli teatrali, rievocazioni storiche, tour, mostre, conferenze, persino un festival cinematografico. Forse l’immagine più caratteristica nella memoria di chi conosce il festival è però la passeggiata ricreata appositamente da lettori e fan del romanzo in abiti eduardiani, i quali ricostruiscono per filo e per segno il cammino percorso da Leopold Bloom nell’Ulisse, passando per luoghi di Dublino iconici come il Davy Byrne’s pub e fermandosi per recitarne i passi corrispondenti.

Il Bloomsday a Dublino, foto di Ted Rheingold, Flickr, CC BY-NC 2.0.

James Joyce e Trieste: il legame con l’Italia

Proprio il Davy Byrne’s pub ci dà lo spunto per parlare del legame stretto che unì James Joyce all’Italia e alla città che tutt’oggi organizza il festival per celebrare la nostra versione del Bloomsday, che quest’anno ha come tema il cibo: Trieste. Non molti sanno infatti che James Joyce visse per diverso tempo in Italia: in particolare si trasferì a Roma dopo aver accettato di lavorare come impiegato in una banca, ma deluso dalla città ritornò in breve tempo a Trieste, che lo accolse invece per molti anni.

Fu lì che Joyce concluse la maggior parte dei racconti che troviamo in Gente di Dublino, e fu soprattutto a Trieste nel 1914 che iniziò a scrivere l’Ulisse. Sempre il 16 giugno del 1915, Joyce scrisse al fratello Stanislaus affermando di aver concluso il primo episodio del romanzo: da quel momento in poi alla pubblicazione definitiva dell’opera la data avrebbe assunto un forte significato simbolico.

Il Bloomsday a Trieste: un evento dal “sapore” letterario

Trieste rimase quindi indissolubilmente legata alla fama di questo scrittore straniero, ma così accadde anche ad un altro famoso rappresentante della letteratura italiana, Italo Svevo. Il nostro scrittore triestino infatti andò più volte a lezione da Joyce per migliorare il suo inglese, essendo entrato nell’azienda di vernici sottomarine del suocero Veneziani e dovendo viaggiare molto all’estero, soprattutto in Inghilterra. I due inizieranno così un sodalizio letterario che li porterà ad influenzarsi l’uno l’altro e a sostenersi nel far circolare il più possibile le loro opere.

È quindi con una citazione di Svevo che Trieste inaugura il Bloomsday 2024:

“Bloom parla ma se c’è un odore di cibo nell’aria, il suo cervello ne è invaso”.

L’iscrizione posta ai piedi della scultura dedicata a James Joyce a Trieste, foto di Jaime Antonio Alvarez Arango, Flickr, CC BY-NC-ND 2.0

Il riferimento è all’ottavo episodio dell’Ulisse, intitolato I lestrigoni, quando Bloom giunge proprio all’ora di pranzo al già citato Davy Byrne’s pub. Un episodio in cui il protagonista, alla ricerca di un luogo in cui pranzare, viene accecato dalla fame che trasforma ogni suo pensiero in senso gastronomico, legando sensazioni e immagini all’idea del mangiare, della cucina, dell’ingestione e della digestione del cibo. Dopotutto lo stesso Joyce aveva definito la sua scrittura come “Prosa peristaltica, che passa per l’esofago”.

Il festival quindi diventa una lieta occasione per trasformare ogni spuntino (colazioni immersive, pranzi, cene e dopo cene) in un dibattito culturale per parlare di Joyce, mescolando in maniera originale la cucina irlandese e quella triestina. Si aggiungono poi musiche e danze irlandesi, spettacoli e molto altro organizzati grazie al Comune di Trieste e al Museo Joyce. Da segnalare come ospite d’eccezione Piero Dorfles, grande divulgatore ed appassionato di letteratura di origine triestina, che ricreerà per il festival una puntata speciale del famoso format televisivo Per un pugno di libri, dedicato interamente alle opere di Joyce.

Una giornata anche italiana

Il profilo della statua dedicata a Joyce a Trieste, foto di Diana Robinson, Flickr, CC BY-NC-ND 2.0.

Per celebrare infine il sodalizio tra le due città joyciane per eccellenza, Riccardo Cepach del Museo Joyce curerà il collegamento nel giorno del Bloomsday con il James Joyce Center di Dublino e la sua direttrice, Darina Gallagher, per un saluto in diretta on-line.

In conclusione, possiamo dire che James Joyce non è certamente un autore estraneo al nostro Paese, tanto che non solo Trieste, ma anche altre città italiane hanno cominciato a seguire l’esempio della città triestina, creando una propria versione del Bloomsday: Genova, Ravenna, Salerno, propongono programmi ricchi di eventi. Ci si chiede se non sia il momento giusto per iniziare una nostra celebrazione di questo scrittore irlandese anche a Verona.

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