Secondo il Parlamento europeo, la criminalità ambientale è il quarto settore di attività criminale al mondo. Questo comprende danni ingenti e la distruzione degli ecosistemi, come le trivellazioni petrolifere, la deforestazione, l’estrazione mineraria e la pesca eccessiva.

Per questo motivo, nel 2021, su richiesta della ONG Stop Ecocidio, un gruppo internazionale di esperti indipendenti, specializzati in diritto penale internazionale, diritto ambientale e diritti umani, ha elaborato una definizione giuridica di “ecocidio”: “Atti illegali o sconsiderati commessi con la consapevolezza che esiste una sostanziale probabilità che tali atti causino un danno grave e diffuso o a lungo termine all’ambiente”.

Un quinto crimine internazionale?

Facendo riferimento al termine genocidio, utilizzato per la prima volta quasi ottant’anni fa per descrivere il tentativo di sterminio di una popolazione sulla base della sua etnia, l’ecocidio richiama l’attenzione sui pericoli posti dalla crisi ambientale per alcuni gruppi indigeni che vivono in territori particolarmente vulnerabili. Ma lo scopo di questa definizione va al di là del suo effetto retorico: essa pone i danni di massa e la distruzione degli ecosistemi sullo stesso piano dei quattro precedenti crimini internazionali, ossia il genocidio, i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità e il crimine di aggressione.

In questo modo, l’ecocidio porta a implicazioni legali per i crimini ambientali, con l’obiettivo di garantire che i responsabili di danni ambientali possano essere perseguiti dalla Corte penale internazionale (CPI). Affinché ciò avvenga, gli Stati parte dello Statuto di Roma, il documento che definisce i crimini internazionali sui quali la Corte penale internazionale ha poteri giurisdizionali, dovrebbero proporre un emendamento per modificare lo Statuto, incorporando il concetto di ecocidio. Diventando parte dello Statuto di Roma, il crimine di ecocidio diventerebbe automaticamente applicabile nelle giurisdizioni di tutti gli Stati membri dello Statuto.

Il sostegno a tale emendamento sta gradualmente crescendo, sia nei Paesi più colpiti dalla crisi ambientale (ad esempio Vanuatu, le Maldive) sia in molti Paesi dell’Unione europea, che rappresentano quasi un quarto dei membri dello Statuto di Roma. 

Verso l’inserimento dell’ecocidio nello Statuto di Roma: il primo passo dell’Unione europea

Il reato di ecocidio è già stato riconosciuto nel diritto interno di una dozzina di Paesi del mondo. Il Vietnam, ad esempio, applica il termine per descrivere l’uso di erbicidi da parte dell’esercito statunitense durante la guerra (1955-1975). Tuttavia, l’Unione europea è il primo organismo internazionale a riconoscere questo crimine.

Nell’ottobre 2020, la deputata Marie Toussaint ha fondato l’Alleanza internazionale dei parlamentari per il riconoscimento dell’ecocidio. Quasi tre anni dopo, il 16 novembre 2023, le autorità dell’Unione europea hanno deciso di inserire il “crimine ambientale” nel diritto penale europeo. Questa direttiva non cita direttamente il termine “ecocidio”, ma introduce il concetto di reato “qualificato” per criminalizzare i danni gravi all’ambiente, come indicato nella definizione internazionale di ecocidio. In particolare, introduce sanzioni precise e armonizzate a livello europeo, una prima volta per quanto riguarda i reati ambientali.

Italia: la proposta di legge di Alleanza Verdi e Sinistra

In Italia, la tutela dell’ambiente fa parte della Costituzione dal 2002. Un nuovo disegno di legge è stato presentato al Parlamento italiano il 13 settembre 2023 dal partito Alleanza Verdi e Sinistra, sostenuto da Stop Ecocidio. Non si tratta più di promuovere la tutela dell’ambiente designandola come principio fondamentale, ma di intervenire sanzionando ogni grave danno arrecato, grazie all’introduzione del concetto di ecocidio. Il dibattito e il voto parlamentare dovrebbero svolgersi nei prossimi mesi.

Articolo uscito a firma di Oriel Wagner sulla testata Vez.news, partner di Heraldo.

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