Nell’era dell’IA (Intelligenza Artificiale) generativa, il giornalismo si trova di fronte a una trasformazione epocale e, nonostante le preoccupazioni sul futuro, è chiaro che essa offre nuove opportunità per i giornalisti. Una delle aree in cui l’IA generativa sta influenzando il giornalismo è la creazione di contenuti, poiché anche gli algoritmi ora possono generare articoli, report e analisi. Tuttavia, l’IA manca spesso di sensibilità umana e del contesto necessario per produrre contenuti significativi e autenticamente informativi. Qui emerge il nuovo ruolo del giornalista: un curatore e interprete delle informazioni generate dall’IA.

Tali osservazioni appaiono tutte ragionevoli. Peccato che non provengano da un giornalista in carne ed ossa, ma da una “rapida intervista” – di ben 4 secondi – a ChatGPT. Probabilmente non molti lettori se ne sarebbero accorti autonomamente; eppure è probabile che in futuro ci interfacceremo sempre più spesso con un’integrazione tra intelligenza umana e artificiale e con la difficoltà nel distinguere cosa sia frutto dell’una o dell’altra. Questo fatto pone necessariamente un interrogativo cruciale nell’ambito del giornalismo: l’IA generativa arriverà a sostituire il lavoro del giornalista?

Prima di questo, però, dovremmo forse chiederci se vogliamo davvero che ciò accada, o se invece riteniamo che il giornalista possa (o debba) mantenere un ruolo essenziale. Ma quale potrà essere questo ruolo? E come potrà esercitarlo?

Un giornalista, una garanzia

Partiamo da una parola: garante. Dal verbo garantire, ossia “tutelare, salvaguardare”. Sarà questa la nuova sfida per i giornalisti: essere i garanti dei pilastri alla base dell’informazione corretta, autentica e puntuale, anche in un mondo della comunicazione rivoluzionato dall’IA. Innanzitutto, alcuni dati concreti. Il rapporto 2023 di NewsGuard ha identificato 614 siti (794 ad aprile 2024) che diffondono notizie false generate dall’IA e ha mostrato che ChatGPT e Bard, se interrogati su argomenti di attualità, hanno un tasso medio di diffusione di misinformazione dell’89%.

Gli analisti hanno inoltre stimato che nel 27% dei casi l’IA generativa presenta delle allucinazioni, ossia output non basati sulla realtà oggettiva. Insomma, pare che l’Oxford Dictionary avesse visto lontano eleggendo post-truth a parola dell’anno nel 2016. In questo contesto, chi se non il giornalista può farsi garante della verità di ciò che viene divulgato? Se in passato ciò significava “semplicemente” diffondere informazioni attendibili, oggi ciò significa anche sovrintendere all’operato dell’IA, qualora venga utilizzata: compiere una verifica ex-post sugli output ottenuti, “etichettare” contenuti fotografici, vocali o audiovisivi generati dall’IA, attraverso ad esempio dei watermark, e verificare l’assoluta attendibilità delle fonti.

Mike Ananny

Altra questione è poi quella che riguarda l’originalità dei contenuti giornalistici. “Stochastic parrots” (pappagalli stocastici, probabilistici): così Mike Ananny e Jake Karr, due esperti nel settore, in un loro articolo definiscono metaforicamente i modelli di IA generativa. Questi ultimi scelgono le parole su base statistica, laddove le parole scelte dai giornalisti sono frutto di riflessioni, giudizi e impegno verso l’interesse pubblico.

Essi rielaborano una vastissima quantità di dati, ma questi stessi non sarebbero disponibili se non vi fossero giornalisti che intervistano le persone, che scrivono decine di articoli in uno stile proprio, imitabile poi da ChatGPT. Le idee, soprattutto le più innovative e inattese, nascono dalle persone e in ciò risiede il valore dell’originalità, altro pilastro essenziale nella comunicazione, di cui il giornalista dovrà rimanere garante.

Tutto ciò conduce al cuore della professione giornalistica: la garanzia della libertà – soprattutto della libertà di stampa e di informazione – e della democrazia. Il giornalista è colui che seleziona, verifica e pubblica le informazioni rilevanti per il dibattito pubblico, e che deve garantirne la pluralità, la completezza e l’obiettività. Perciò, per citare di nuovo Mike Ananny e Jake Karr: una stampa libera controlla la sua lingua dall’inizio alla fine. Sa da dove vengono le parole, come sceglierle e difenderle e il potere che deriva dall’utilizzarle nell’interesse pubblico.

Immagine creata grazie all’intelligenza artificiale

IA: nemica o alleata?

Dunque, se il giornalista è il garante di questi valori, significa che l’IA è il nemico da cui deve difenderli? Assolutamente no. Il giornalista dovrà continuare a muoversi su un doppio binario, dell’innovazione e della conservazione. Infatti, proprio la conservazione e l’apprendimento di tutte le conoscenze e competenze accumulatesi nella storia del giornalismo preserverà la complessità umana e professionale dei giornalisti, difficilmente rimpiazzabile dalle macchine. Al contempo, tuttavia, sarà fondamentale che essi si formino sulle innovazioni dell’IA generativa, per integrarla nel lavoro come uno strumento al proprio servizio (e non a cui delegare soltanto). Essa può infatti velocizzare i compiti compilativi e ripetitivi nelle redazioni, permettendo ai giornalisti di focalizzarsi su quelli più complessi e creativi.

Individuazione dei contenuti di tendenza, analisi e riassunto di documenti, traduzione, SEO, creazione di illustrazioni: questi sono solo alcuni dei possibili impieghi dell’IA forniti da Nicholas Diakopoulos, direttore del Laboratorio di Giornalismo Computazionale alla Northwestern University, in un intervento al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia 2023. Inoltre, nel Report 2023 dell’Osservatorio sul giornalismo digitale dell’Ordine dei giornalisti, vengono menzionati vari casi in cui tutto ciò è già stato concretizzato: Forbes con Bertie nelle fasi di ideazione, creazione e diffusione delle notizie; la startup Asc27 che ha realizzato il “super smart editor” Asimov.

Una dimostrazione pratica

Questo stesso articolo è un esempio di quanto illustrato sinora, in particolare per l’immagine di copertina e il titolo in apertura. L’abile disegnatore è Copilot di Microsoft, ma difficilmente avrebbe potuto esserne l’ideatore. Per farlo avrebbe dovuto collegare autonomamente le sue conoscenze di letteratura latina medievale e IA applicata al giornalismo; due ambiti parecchio distanti tra loro, ma che nella mente di chi ha scritto l’articolo hanno potuto incontrarsi.

L’immagine evoca una metafora attribuita al filosofo francese Bernardo di Chartres (XII secolo), che definì i suoi contemporanei come nani sulle spalle di giganti: essi potevano vedere più lontano dei loro predecessori grazie al progresso della conoscenza, ma anche perché innalzati proprio dalla statura (il sapere) degli antichi. Allo stesso modo, anche i giornalisti attuali, aggiungendo alla propria “cassetta degli attrezzi” strumenti come GPT, Midjourney, Dall-E potranno vedere più lontano di tutti i “giganti-giornalisti” che li hanno preceduti, pur poggiando proprio sulle loro spalle.

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