Si è conclusa la terza edizione della rassegna Libri e Rose con una buona affluenza di pubblico (circa 4000 partecipanti nei quattro giorni di manifestazione, ndr), in un clima di scambio culturale non privo di momenti di autentica ilarità e altri di profonda riflessione. Spigolando fra i diversi eventi, emerge la sensazione di un grande impegno da parte degli organizzatori per promuovere la lettura in modo naturale e senza accademismi.

A cominciare dalla poesia, nell’incontro di apertura della manifestazione, dedicato agli studenti, Andrea Kerbaker, dell’Università Cattolica di Milano, ha saputo scegliere il tono adatto per parlare a ragazzi e ragazze che hanno avuto, o avranno, la possibilità di accostare Ungaretti, Montale, Quasimodo sulle pagine delle loro antologie.

Perché leggere poesia

Perché leggere poesia? «Perché in essa c’è la storia del mondo, c’è la lingua dell’ambito in cui vivono i poeti, c’è il paesaggio che hanno sotto gli occhi e le loro parole ci aiutano a capire anche chi siamo» ha esordito Kerbaker leggendo Ungaretti, interventista e legato a Mussolini, poeta dal linguaggio nuovo, in versi liberi, per esprimere la condizione terribile dei soldati in trincea.

E poi i versi di Montale, meno vicino alla guerra e senza tessera del fascio, che usa l’endecasillabo della tradizione dantesca e petrarchesca, in rime simili ad assonanze. In posizione intremedia fra i due, Quasimodo, poco interessato alla politica e più alle questioni intime. Arriva dalla Sicilia e si stabilisce a Milano, una migranza che condivide con molti suoi conterranei, nutrendosi di nostalgia ed entrando a far parte del gruppo dei poeti “ermetici”. Riceve il Premio Nobel per la letteratura nel 1959, scatenando invidie e sgarbi che lo amareggiano molto.

Anche a Montale, molto letto e assai noto, sarà conferito il premio nel 1975, quando ormai è sopraggiunta la morte degli altri due grandi del Novecento, «Poeti che vanno letti» ha concluso senza indugi Kerbaker.

Il centenario di Franz Kafka

Ricorre quest’anno il centenario dello scrittore boemo Franz Kafka (1883-1924) e l’autore triestino Mauro Covacich gli ha dedicato il volume Kafka (La nave di Teseo, 2024). Ne ha parlato agli studenti, affiancato da Kerbaker sorprendendoli subito con una domanda spiazzante, poiché la gran parte dell’opera di Kafka è postuma e pubblicata dal suo amico Max Brod, nonostante avesse lasciato precise istruzioni di distruggerla. È legittimo quindi per noi leggerla o sarebbe stato meglio osservare la volontà dell’autore?

a destra, lo scrittore Mauro Covacich a Libri e rose 2024.

Lo stesso Covacich ha ammesso di non aver ancora risolto il dilemma. Kafka è autore per il quale la verità è fondamentale, che non si propone di intrattenere perché vuole andare «al cuore delle cose, oltre il velo che le ricopre» ha dichiarato Covacich, «perché la letteratura per lui deve funzionare come una sveglia, dare la scossa, provocare disagio ed infine risultare illuminante. Il libro come un’ascia che rompe il mare ghiacciato dentro di noi».

Un autore il cui cognome, non a caso, è diventato un aggettivo, “kafkiano”, che allude al mistero. Del resto Kafka fa della non appartenenza il suo vessillo. A cominciare dalla lingua, scrive in tedesco e vive a Praga, ebreo ma non praticante, vive in modo conflittuale anche la sessualità, è straniero in casa propria. Un autore complesso che possiamo ancora leggere e studiare grazie a una disobbedienza.

La storia raccontata con il graphic novel

Ciaj Rocchi e Matteo Demonte, videomaker, autori e illustratori di molti libri (Chinamen. Un secolo di cinesi a Milano, Beccogiallo, 2017; La macchina zero, Solferino, 2021; Le stelle di Dora, Solferino, 2022) e collaboratori dell’inserto settimanale del Corriere della sera, La Lettura, hanno spiegato agli studenti come costruiscono le loro storie e come è cambiata nell’era digitale la tecnica di disegno e composizione dei fumetti.

Si comincia con il lavoro di ricerca iconografica per ambientare realisticamente la storia nel suo tempo e poi ci si dividono i compiti, chi scrive e chi disegna, infine si costruiscono le sequenze. «É stato Will Eisner a inventare il Graphic novel», afferma Demonte «e pare essere oggi una forma di romanzo autoriale molto apprezzata anche, ma non solo, dalle nuove generazioni».

Scrivere a Verona

Inclusione ed esclusione nel tessuto sociale della città è il tema affrontato da Tim Parks, Matteo Bussola e Jana Karšaiová, in dialogo con Donatella Boni. Parks e Karšaiová provengono rispettivamente da Gran Bretagna e Slovacchia e hanno raccontato di aver toccato con mano alcuni problemi, o li hanno vissuti i loro figli, almeno nei primi tempi.

La scrittrice di origine slovacca Jana Karšaiová.

Per Parks la scelta di scrivere del nostro Paese è venuta in un secondo tempo, e non di italiani in generale, ma solo dei suoi vicini di casa perché notava particolarità di qualche interesse. Invece per Karšaiová, impegnata nel contempo come attrice, la lingua italiana le ha permesso un distacco maggiore rispetto la sua lingua madre, in cui pesava l’eredità della propaganda. E paradossalmente si è sentita veramente inserita nella nuova città recitando insieme a persone con problemi psichiatrici.

Persino lo scrittore veronese Matteo Bussola ha sperimentato su di sé l’etichetta di “strano”, ma ha suggerito di non fermarsi alla superficie dei giudizi, delle sensazioni e dipassare dal noi-voi al tu-io, «Il lavoro di chi scrive è appunto di non fermarsi al pregiudizio ma stare sul crinale».

Bussola ha aggiunto che schierarsi significa perdersi sempre qualcosa, «precludersi la possibilità di comprendere e anche di risolvere una situazione complessa». Dopo l’estate uscirà il film tratto dal suo libro L’invenzione di noi due (Einaudi, 2020).

La magnifica illusione

Lo scienziato Guido Tonelli  (Materia. La magnifica illusione, Feltrinelli, 2023) ha polarizzato l’attenzione del pubblico ragionando sull’ambiguità della materia che, nella nostra lingua, contiene la radice mater-madre. L’ipotesi materialista di Democrito, secondo la quale gli atomi sono indistruttibili, è stata debole ma di successo, fa notare Tonelli, e ha prevalso su quella idealista di Platone.

Ma la versione moderna ed evoluta dell’atomismo non contempla più soltanto atomi che si muovono nel vuoto, perché è attestata la presenza degli elettroni e altre particelle si affollano nell’immensamente piccolo. Molti i passi compiuti dalla scienza, nonostante i numerosi dubbi che ancora devono essere risolti.

«Ormai si conosce la data della formazione della materia, tredici milioni di anni fa e gli atomi non sono né eterni né immutabili» afferma Tonelli prima di concludere dicendo che «non c’è nulla di più evanescente della materia allo stato elementare».

Jihad e fondamentalismo islamico

Viaggiare nei territori arabi è stata l’occupazione di Giovanni Porzio come reporter. A Libri e Rose ha raccontato la sua esperienza rispondendo alle domande del giornalista Stefano Verzé. Alla richiesta se ci sia un’organicità nel movimento islamico di attacco all’Occidente, Porzio risponde che il problema sembra essere la complessità al suo interno, anche di natura linguistica oltre che politica. «Ci sono gruppi senza un’ideologia precisa, l’unico collante fra i membri di diversi gruppi è la religione, che diventa un canone di diritto civile e penale e informa tutta la vita sociale».

L’incontro con il reporter Giovanni Porzio. Foto Biblioteche del Comune di Verona.

La frattura tra sciiti e sunniti si è rinvigorita dopo la rivoluzione komeinista, sottolinea Porzio, quando il movimento sciita si è messo al governo di uno Stato, con forti alleati in Siria, Libano, Yemen e con la stessa Hamas. Quanto allo stato attuale del conflitto israelo-palestinese secondo Porzio non sarebbe più praticabile la teoria dei due Stati anche in tempi medio-lunghi. «Sembra strano a dirsi, ma il mondo era più stabile e libero al tempo della guerra fredda» sottolinea Porzio. «Lo scontro è prevalentemente all’interno del mondo musulmano, è folle l’idea che sia contro l’Occidente».

Storie di migranza

In dialogo con Emanuela Gamberoni docente all’Università di Verona, la giornalista e fotografa Sally Hayden ha presentato il suo libro (E la quarta volta siamo annegati. Sul sentiero della morte che porta al Mediterraneo, traduz. di Bianca Bertola, Bollati Boringhieri, 2023) che le è valso il Premio Terzani 2024. Il titolo, spiega l’autrice, è tratto dal racconto di un’esperienza, ne evidenzia il trauma e il doloroso percorso, tanto da averla fatta sentire a disagio quando raccoglieva la storia.

«É un libro che ci interpella tutti, ha molto da dire e dice molto» aggiunge Gamberoni. E Hayden chiosa: « Ho studiato legge e non giornalismo e ho scoperto che i diritti umani non esistono dappertutto. Volevo far arrivare il messaggio che non dobbiamo diventare indifferenti rispetto gli squilibri di potere e la violenza. C’è una gara di crudeltà nel Mediterraneo, è difficile mantenere la speranza, ma io ci tengo a dire, con questo libro,” non in mio nome”, perché non si può più negare quello che succede».

La felicità, questa sconosciuta

Fra letteratura, scienza, storia e migranza a Libri e Rose è spuntato il discorso sulla felicità a partire dal libro di Marco Balzano (Cosa c’entra la felicità? Una parola e quattro storie, Feltrinelli, 2022) che ha divertito il pubblico sostenuto dalle domande di Andrea Kerbaker.

Noto e premiato scrittore, Balzano è anche un apprezzato saggista e con questo libro esplora un non facile tema a partire dall’etimologia della parola. «”felicità” è la parola più mobile del dizionario, una parola soggettiva che si aggiorna continuamente» dichiara Balzano. Nelle tradizioni greca, latina e giudaico cristiana la parola assume significati diversi eppure con sorprendenti connessioni: felicità e ricchezza, felicità e fertilità, felicità e nutrimento, felicità e cura, felicità e abbondanza, da soli felici o felici insieme.

Un dettaglio della mostra in corso fino al 18 maggio con le opere grafiche di Joan Mirò in Biblioteca Civica.

Per i latini felicitas, per i greci eudaimonia, nella tradizione culturale celtico inglese happiness. L’autore ha trattato la parola come una persona che cambia, perché anche la lingua muta e asseconda le stagioni della vita di ognuno di noi «una parola non serve solo a indicare un oggetto, ma per trasformarla in idea, metafora, concetto».  

La mostra in protomoteca

Nella cornice della manifestazione, aperta al pubblico fino al 18 maggio, si può visitare la mostra dedicata ad alcune opere grafiche di Joan Mirò, realizzate appositamente dall’eclettico pittore per la rivista Derrière le miroir. «Litografie colorate e fantasiose che uniscono colore, disegno e scrittura» ha sottolineato Francesca Rossi, direttrice dei Musei Civici di Verona, che ne ha guidato la visita durante il vernissage insieme ad Andrea Kerbaker.

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