Secondo il rapporto 2023 di Legambiente, relativo alla qualità dell’aria in Italia, Verona risulta fra le undici città più inquinate da PM10 e fra le nove città più inquinate da PM2.5. Mantiene il vertice di questa infausta classifica da molti anni senza segnali di miglioramento.

Nel 2024, considerato il primo trimestre, sono già otto le città fuorilegge per le polveri sottili, avendo superato il limite previsto per il PM10 di trentacinque giorni in un anno solare, con una media superiore a 50 microgrammi per metro cubo: Verona (Borgo Milano) con 44 giorni di sforamento è risultata in assoluto la peggiore.

Legambiente. Report Malaria 202

La diffusione nell’aria di polveri sottili è una conseguenza dei trasporti alimentati da combustibili fossili e dagli impianti di riscaldamento.

Cosa sono le polveri sottili

Sono polveri formate da diverse sostanze chimiche tra cui idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e metalli (quali piombo, nichel, cadmio, arsenico, vanadio, cromo).

A seconda delle loro dimensioni e conseguentemente della loro invasività nel sistema respiratorio le polveri sottili vengono classificate:

PM10 pulviscolo di dimensioni grossolane, definito anche frazione toracica, nella respirazione può passare dal naso e raggiungere la trachea (quindi il primo tratto dell’apparato respiratorio).

PM2.5 pulviscolo di  dimensioni più ridotte e per questo motivo in grado di arrivare sino ai polmoni e coprire gli alveoli.

I loro effetti variano in base al clima, al sistema economico, alle dimensioni urbane delle attività zootecniche intensive.  Nelle zone a bassa ventilazione come la Pianura Padana la quantità di polveri presente nell’aria può crescere rapidamente raggiungendo concentrazioni che, permanendo per lunghi periodi di tempo, diventano un serio pericolo per la salute. Non si può evitare di respirare.  

Studi dimostrano correlazioni importanti tra l’inquinamento causato dall’alta concentrazione di polveri sottili e aritmie cardiache, attacchi di cuore, asma e bronchite. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato l’inquinamento dell’aria tra le sostanze cancerogene per l’uomo.

Per salvaguardare la salute pubblica urge intervenire: bloccare le emissioni e ridurre l’impatto sulla salute.

Contributo di èVRgreen

Il progetto éVRgreen dell’Università di Verona insieme all’Università di Padova, in collaborazione con il Museo di Storia Naturale, dell’ARPAV (Agenzia Regionale Protezione Ambientale Veneto),  patrocinato dal Comune di Verona,  avviato lo scorso marzo, può fornire un contributo in questa direzione.

La Forestazione Urbana, obiettivo per il quale èVRgreen ne rappresenta la premessa, non incide direttamente sulle cause dell’inquinamento atmosferico ma, opportunamente organizzata, può attenuarne le conseguenze negative. Infatti, è noto da tempo che le piante possano essere utilizzate come disinquinanti naturali, per purificare acque, suolo e aria.

Per quanto riguarda la rimozione dall’aria di PM10 e PM2.5, le piante assorbono tali inquinanti attraverso le aperture stomatiche delle foglie, o tramite adesione alle cere che rivestono la superficie fogliare. A livello pratico, la capacità di vari tipi di piante di rimuovere tali inquinanti in contesti urbani è stata dimostrata. Questo apre ampie possibilità di utilizzo a diversi tipi di soluzioni basate sulla natura (le cosiddette “Nature Based Solutions”, NBSs), quali alberature stradali, barriere verdi, muri e tetti verdi per la mitigazione dell’inquinamento dell’aria in ambiente urbano.

Prioritario misurare

«La prima attività del nostro team di progetto» ci tiene a precisare la professoressa Flavia Guzzo responsabile del tavolo di lavoro sulle rilevazioni di èVrgreen «è approfondire la conoscenza di alcuni parametri ambientali della città installando nel territorio comunale le strumentazioni necessarie per seguire nel tempo l’evoluzione di tali parametri che influenzano grandemente il benessere e la salute dei cittadini».

Sette nuove centraline per la misurazione delle polveri sottili (PM10 e PM2.5) si aggiungeranno alle due da tempo operative dell’ARPAV, contemporaneamente si installeranno cinquanta rilevatori climatici in diverse zone della città con differente grado di cementificazione e copertura verde.

I dati raccolti per un periodo di tempo statisticamente significativo, in un orizzonte temporale di tre anni, costituiranno la base di dati , scientificamente rilevati e correlati, presupposto per la costruzione di una efficace strategia di mitigazione delle isole di calore cittadine e riduzione dell’impatto delle polveri sottili.

Il team di lavoro sulle rilevazioni ambientali

Il tavolo di lavoro di èVRgreen sulle rilevazioni ambientali può contare su un team di ricercatori e di altre figure professionali multidisciplinare, guidato da Flavia Guzzo (Università di Verona, esperta di botanica) e composto da Alessandro Marcon (esperto di epidemiologia e statistica medica, Università di Verona) Riccardo Greco (dottorando di ricerca presso l’Università di Verona) Francesco Pirotti (esperto di Geomatica, Università di Padova) Francesca Predicatori (direttrice del Dipartimento Provinciale di Verona di ARPAV) Francesco Domenichini (dirigente responsabile dell’UO Previsioni Meteorologiche presso il Dipartimento Regionale Sicurezza del Territorio di ARPAV) Barbara Likar (Comune di Verona, dirigente Ambiente e Transizione Ecologica) Simione Buttura (ingegnere ambientale e amministratore unico di meteoArena srl) Francesco Avesani (ingegnere, associazione COCAI professionisti per Verona).

Il primo compito del tavolo di lavoro sarà selezionare, avvalendosi di rilevazioni satellitari appositamente elaborate, i siti dove posizionare i cinquanta rilevatori climatici e le sette nuove centraline, che dovranno essere collocate  in aree molto diverse per percentuale di copertura “verde”.

I dati raccolti con le rilevazioni saranno elaborati dalle Università di Verona e di Padova e condivisi con tavolo di lavoro sul bio-monitoraggio  di cui è responsabile Leonardo Latella del Museo di Storia naturale.

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