Verona: il rischio di diventare una “città arlecchino”
Occorre intervenire con urgenza per evitare che il centro storico della città sia abbandonato definitivamente al suo destino di "parco tematico per turisti". Cosa fare dunque?
Occorre intervenire con urgenza per evitare che il centro storico della città sia abbandonato definitivamente al suo destino di "parco tematico per turisti". Cosa fare dunque?
Nei programmi della Giunta comunale e nelle ipotesi operative espresse dall’Assessora alla pianificazione urbanistica Barbara Bissoli e dai consulenti incaricati di redigere il nuovo P.A.T. (Piano Assetto del Territorio), viene evidenziata la necessità di pianificare un tipo di città policentrica.
Obiettivo condivisibile, ma che, per ora, è rimasto solo a livello teorico, mentre nel concreto sono state approvate, o sono in fase di approvazione, operazioni che stanno ulteriormente destinando il centro storico ad un contesto di consumo turistico, favorendo la destinazione alberghiera, commerciale e le strutture a servizio della movida serale; tutto a danno di un ritorno della residenza.
Così, le ipotesi d’uso dei vari contenitori centrali, liberati dalle loro vecchie destinazioni d’uso, vedi i due cinema Astra e Corallo e le ex sedi della banca Unicredit, sono relative a centri commerciali e hotel.
In questo modo si sta rafforzando il ruolo del centro storico quale luogo di servizi alberghieri e di consumo turistico, decentrando le residenze all’esterno e svilendo l’ipotesi di realizzare una città policentrica. Lo stesso sta succedendo per le caserme dismesse che, anziché essere destinate a nuove residenze ad affitti convenzionati per accogliere le coppie giovani e/o degli studentati, saranno adibite a contenere gli uffici statali.
Dai recenti incontri con l’assessora alla pianificazione territoriale e con il suo staff di consulenti tecnici, si è saputo che tutto era stato deciso durante le precedenti amministrazioni e non sarà possibile modificare tali scelte, decise direttamente dal demanio. A nostro avviso se le amministrazioni comunali non potevano intervenire avrebbero potuto (e forse potrebbero ancora) chiedere una trattativa, evitando di avallare scelte non totalmente condivisibili, con interventi alla viabilità non idonei alle nuove destinazioni contestate.
Prima di definire le destinazioni d’uso dei vari complessi edilizi, inoltre, sarebbe stata necessaria una completa mappatura degli immobili storico-monumentali, sia pubblici che privati e di quelli di proprietà dei demani militare e civile, per capire quali risposte avrebbero potuto fornire alle reali necessità della città.
La conseguenza è stata che, nelle diverse analisi urbanistiche del passato e nelle relative scelte, quasi mai è stato preso in adeguata considerazione l’utilizzo che le volumetrie degli edifici storici avrebbero potuto offrire per evitare, o quanto meno diminuire, la cementificazione di altro suolo, con l’ulteriore sfrangiamento e allargamento dei confini della città.
Da molto tempo le nostre amministrazioni pubbliche avrebbero dovuto preparare una sorta di piano particolareggiato in cui si indicava il tipo d’uso di tutti gli edifici pubblici e privati che, dalle previsioni, si sapeva sarebbero stati svuotati dalle loro precedenti destinazioni d’uso. Nel piano, si sarebbe potuto e dovuto indicare le destinazioni d’uso che rispondevano alle reali necessità di quella porzione di città, in relazione con l’intero territorio comunale.
Ma, come sta succedendo per le aree industriali dismesse, da decenni le varie amministrazioni comunali hanno scelto il metodo della “manifestazione d’interesse”, dove gli investitori privati decidono l’utilizzo delle aree e/o degli edifici di loro proprietà, rischiando così la formazione di una città arlecchino disorganica e finalizzata soprattutto alla produzione di reddito da parte degli investitori.
Inoltre, se sarà realizzato il Piano Folin della Fondazione Cariverona, con il relativo hotel in deroga, si perderà l’occasione di destinare in alcuni di quegli edifici, uno studentato e degli appartamenti a canone convenzionato, in grado di riportare in centro le giovani coppie e sarà ulteriormente acuita la mancanza di residenti, oltre a creare un pericoloso precedente con l’uso inopportuno della deroga e della legge “Sblocca Italia”.
Lo stesso, ma al contrario, è accaduto nell’area dismessa dei Magazzini Generali, sempre di proprietà della Fondazione Cariverona che, da cittadella della cultura, si è trasformata nell’ennesima area commerciale e direzionale, vanificando l’idea di realizzare una porzione di città a Verona Sud, com’era auspicabile. Nello Statuto della Fondazione si citano soprattutto interventi per il sociale e il culturale, non a scopo immobiliare.
Il solo modo per bloccare la trasformazione del nostro centro storico in una specie di parco tematico per il consumo turistico, con offerte commerciali, alberghiere, congressuali e di animazione notturna, sta nel ritorno dei residenti, con conseguente apertura di negozi di vicinato e di botteghe di artigiani, che dovrebbero poter godere di zone ad affitti calmierati.
In 80 anni, la popolazione del centro è passata da 150.000 abitanti agli 8.000 attuali; si sono persi 142.000 abitanti. Da alcune analisi, si evince che nel periodo 2008-2016, nel centro storico, la popolazione residente è diminuita del 9%; le unità commerciali del 18%; mentre le presenze turistiche sono aumentate del 20%. È tempo di intervenire.
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