In questi giorni vengono tagliati in piazza Bra alcuni alberi che – dopo alcuni test portati a termine dagli esperti arboricoltori del Comune – non hanno passato la “prova sicurezza”. Onde scongiurare pericoli di caduta, come quella avvenuta lo scorso novembre 2023, verranno sostituiti con più giovani ginko biloba e celtis australis.

L’occasione, però, è buona per riflettere sulla conformazione di Piazza Bra, da tutti considerata piuttosto singolare e non sempre “comoda”. Stiamo parlando, in effetti, del “luogo” per eccellenza che più di altri si presterebbe per essere essere al centro della vita dei veronesi, ospitando eventi e manifestazioni, ma che per la sua peculiare struttura – con i giardini in mezzo a dividerla in due o tre zone più piccole – alla fine non risulta così funzionale.

I più anziani si ricorderanno probabilmente una piazza un po’ diversa, ma sicuramente non sono pochi i veronesi – soprattutto fra i più giovani – ad essersi chiesti, almeno una volta, quale fosse la “vista” originaria di questo importantissimo topos cittadino.

Si tratta, in fondo, del biglietto da visita della città: arrivando da Verona Sud e Corso Porta Nuova, infatti, Piazza Bra risulta, nel suo complesso monumentale, l’antipasto del centro storico, che si sviluppa poi da lì fino a Ponte Pietra e al Teatro Romano. Entrando dai Portoni della Bra, però, i turisti spesso pongono ai passanti la fatidica domanda: “Scusi, dov’è l’Arena?”.

L’Arena, seminascosta dai giardini di Piazza Bra, vista dai Portoni – Foto di Osvaldo Arpaia

Già, perché gli alberi della grande aiuola posta nel cuore del grande spazio circolare, nata inizialmente come una sorta di rotonda spartitraffico, sono cresciuti a dismisura nel tempo inibendo di fatto la vista, almeno da alcune angolazioni, del più significativo monumento di Verona: l’Anfiteatro Romano, appunto. Ma non è tutto: l’aiuola impedisce di apprezzare quella che fu la progettazione vera e propria di questo luogo di ritrovo, pieno di simboli e “segni” architettonici che si richiamano fra di loro e che oggi si fatica addirittura ad individuare. Figuriamoci a riconoscere.

Una proposta alternativa

L’architetta Daniela Cavallo

L’architetta Daniela Cavallo, docente di Marketing Territoriale al Dipartimento di Management dell’Università di Verona, territory coach e Direttrice di “Latina finalista”, il progetto nato per ottenere il titolo di Capitale della Cultura italiana 2026, rilancia la proposta – già emersa alcuni anni fa – di una totale riqualificazione della piazza stessa, per riportarla alla sua struttura originaria senza al contempo perdere la grande area verde, ormai entrata a pieno diritto nell’arredamento urbano della città e luogo di grande affetto per i cittadini.

«A noi viene data la responsabilità di lasciare il territorio più bello di come l’abbiamo trovato e l’obiettivo è sempre quello di trovare il modo per valorizzare i beni che abbiamo», spiega l’architetta. «L’Italia è, invece, spesso incapace di esaltare il proprio territorio e il caso di Piazza Bra è emblematico. Eppure dev’essere chiara l’importanza se non addirittura l’urgenza di ridisegnare gli spazi pubblici come luoghi delle comunità. Una comunità, la nostra, che ha bisogno di cura, parola che ha dentro la parola cuore. E progettare gli spazi urbani è un modo per avere cura.»

Il recupero dell’utilità sociale dei luoghi, con lo spazio che deve essere in grado di creare relazioni, viene posta, dunque, al centro della proposta: «La piazza non riesce più a leggere la logica con cui è stata costruita» prosegue Cavallo. «In realtà c’è un segno che viene indicato e che è molto evidente: l’arco. Si parte proprio dall’Arena e i suoi arcovoli e ci si sposta verso il Liston dove si trova Palazzo degli Honorij (conosciuto anche con il nome di Palazzo Guastaverza), realizzato a metà del XVI secolo dal Sanmicheli, che si specchia letteralmente nell’Arena, citandola e omaggiandola con il suo porticato ad arco».

Da quel momento quest’idea dell’arco ha fatto eco e la si trova in molti altri edifici dello stesso Liston, nel porticato all’imbocco di via Roma e, dopo i grandi archi dei Portoni della Bra, nel Palazzo della Gran Guardia fino ad arrivare a Palazzo Barbieri, oggi sede del Comune di Verona, che chiude idealmente la piazza e che con la sua trabeazione propone una sorta di rivisitazione ottocentesca dell’arco stesso.

Foto di Osvaldo Arpaia

Il segno di Sanmicheli

Un “segno”, si diceva, che fa dunque parte della storia architettonica e culturale della Bra, che originariamente doveva essere una sorta di “piazza d’armi” aperta e nel cui centro, invece, sono nati e cresciuti accidentalmente i “giardini della discordia”, l’unico elemento della piazza, cioè, che non è stato davvero progettato. «Tutto il resto è pensato in modo che potesse dialogare con gli altri edifici, ma ora ciò non può più avvenire», prosegue l’architetta.

Palazzo degli Honorij (o Guastaverza) – Foto di Osvaldo Arpaia

«La proposta non è quella di eliminare l’area verde, ma di spostarla a ridosso del Comune. Inoltre sotto i giardini si potrebbe creare nell’occasione un deposito sotterraneo per le scenografie areniane, che – se ben allestito – avrebbe le potenzialità per diventare addirittura un museo, con accesso diretto all’Arena. In un’unica azione si libererebbe il centro della piazza, recuperando il dialogo fra gli edifici, e il vallo dell’Arena, che in estate viene invaso per uno spettacolo non certo decoroso del nostro monumento simbolo.»

La riqualificazione porterebbe, inoltre, ad aumentare lo spazio libero davanti alla Gran Guardia, il luogo delle mostre cittadine anch’esso da valorizzare, mentre di fronte al Liston si creerebbe lo spazio adeguato per organizzare in file ordinate i banchetti delle sempre più numerose manifestazioni, enogastronomiche e non, che si alternano orami durante tutto l’anno. «Il giardino, nella nuova collocazione, coprirebbe l’edificio meno rappresentativo della piazza, il Comune, dando comunque la possibilità di offrire un luogo dove attendere ombreggiato e dotato di fontane e panchine. Tutto il resto, invece, ne verrebbe ampiamente valorizzato», spiega infine, l’architetta Cavallo.

Il “centro” di Verona

Si tratta di un’idea, posta sul tavolo della città. Un’idea che può dare lo spunto ad una riflessione politica e che può portare, con gli eventuali aggiustamenti, ad un progetto che riporti Piazza Bra davvero al centro di Verona. Si tratterebbe di una valorizzazione che servirebbe non solo a tutta la cittadinanza – che si riapproprierebbe di uno dei luoghi più amati – ma anche all’Ente Lirico, che potrebbe giovarsene per rilanciare il Festival Areniano, vero fiore all’occhiello del turismo scaligero.

La Gran Guardia, in parte “oscurata” dagli alberi – Foto di Osvaldo Arpaia

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