Nathalie, fra natura e libertà
Intervista alla cantautrice Nathalie che torna con musica inedita dopo cinque anni da “Into The Flow” e lo fa con un progetto tutto nuovo.
Intervista alla cantautrice Nathalie che torna con musica inedita dopo cinque anni da “Into The Flow” e lo fa con un progetto tutto nuovo.
La musica di Nathalie comunica le emozioni che vive ma non solo, esprime anche la sua idea del mondo e il modo in cui desidera farne parte. Il disco “Into the flow” è stato concepito come un progetto sostenibile ed è stato scritto, suonato e prodotto direttamente da lei nel suo camper alimentato da pannelli solari, assieme a musicisti e amici che hanno abbracciato questa idea rivoluzionaria, considerando gli aspetti creativi come prioritari rispetto alle tipiche logiche di produzione, con i suoi tempi stringenti.
Nathalie, questo è un disco di viaggio, sembra slegato da un luogo preciso. Vuole raccontarci qualcosa delle sue radici e di quale posto chiama “casa”?
«Mio nonno lavorava in Africa come ingegnere nella prima parte del secolo scorso ed era un appassionato di energia solare; aveva sviluppato dei pannelli solari che usava per cucinare e per tanto altro. Mi padre, come mio nonno, si interessava degli stessi temi e mi ha trasmesso questa passione. Si consideri che era nato a Tunisi da genitori siciliani, mentre mia madre, belga, era nata in quello che al tempo era il Congo Belga. Io sono nata e cresciuta a Roma e dentro di me convive un mix di culture che parte dall’Africa, passa dall’Italia per approdare nell’Europa del nord. Appartengo a tutte queste realtà e tutti questi posti per me sono da considerare come casa.»
È diventata popolare vincendo X-Factor nel 2010 con una sua canzone inedita; lei è stata la prima a riuscirci. Subito dopo e arrivato Sanremo, poi il primo disco e due anni per la realizzazione del secondo. Successivamente i tempi per le produzioni si sono dilatati…
«Questo progetto nasce nel 2019 ma il mondo si è messo di mezzo in modi impensabili. Quindi ho proseguito il viaggio coinvolgendo i miei fan attraverso un crowdfunding che ha avuto successo e mi ha permesso di portarlo a termine.
Ho registrato molte parti da sola, altre volte ho avuto dei compagni di viaggio che mi raggiungevano dove mi posizionavo col camper, oppure li raggiungevo io.
Con questa modalità di lavoro ho potuto anche fare molta ricerca e studio sui suoni e sui metodi di produzione. Ne è venuto fuori un disco pionieristico, realizzato interamente nel camper allestito come uno studio di registrazione mobile. È stato un percorso senza compromessi.»
Ascoltando la sua produzione musicale ci viene da collocare i dischi precedenti come più intimi, mentre questo è decisamente di ampio respiro. Sembra quasi descrivere una sorta di liberazione…
«Tra il secondo ed il terzo disco c’è stato un salto forte da un punto di vista musicale, in termini proprio di scrittura. Con Freemotion le risorse in termini di disponibilità di corrente elettrica e di spazio erano inferiori rispetto a quelle di una produzione classica e questo riverbera anche nella composizione. È molto organico, ci sono meno editing e più strumenti elettronici. Questo ha portato ad un diverso approccio nelle parti di ritmica.»
Come ha vissuto nel suo vagabondare? Lo considera un periodo o pensa che la strada la chiamerà ancora?
«Ho viaggiato ad intermittenza, rimanevo fuori per periodi che andavano da una a tre settimane, a seconda degli impegni e del clima; per poter registrare avevo bisogno che il Sole alimentasse i pannelli. A volte attorno a me non c’era nessuno mentre registravo, in altre occasioni ho avuto insolite compagnie.
Mi è capitato di incontrate animali selvatici nelle sessioni all’aperto, nel bosco, oppure escursionisti che mi prendevano per una ricercatrice naturalistica. Ma ho anche dovuto aspettare i tempi della natura quando si è avvicinato un gregge di pecore e non potevo registrare a causa dei belati che entravano nel microfono. È stato molto divertente. Qualche volta, con le batterie di accumulo dell’energia, ho potuto registrare anche di notte ed è stato molto suggestivo e di ispirazione.
Desidero riprendere questa esperienza in futuro, migliorandola nella tecnica e facendo tesoro di quanto fatto finora. Mi piacerebbe anche espanderne le possibilità realizzando dei concerti ecosostenibili attingendo dall’energia solare, dall’eolica e da altre tecniche musicali come ad esempio le amplificazioni acustiche.»
Com’è il rapporto con i suoi colleghi e i compagni d’avventura? E con l’industria discografica?
«Per le sessioni di registrazione con i colleghi dipende dalle situazioni. Spesso mi raggiungevano dove stavo, ma a volte cercavo di render loro le cose più semplici possibili e andavo a trovarli io direttamente col camper. Sono amici anche al di fuori dell’ambito strettamente musicale, quindi è stato un piacere condividere questi momenti. La parola d’ordine era “c’è il sole!” e si partiva. Per questo progetto non è coinvolta alcuna etichetta discografica, ho fatto tutto da sola con il crowdfunding. È una modalità diversa che responsabilizza molto.»
Se dovesse indicarne uno solo, che messaggio vorrebbe trasmettere con questo lavoro?
«Il messaggio è “si può fare!” Si può fare qualcosa di sostenibile anche in questo settore. È un primo passo per suggerire un cambiamento nel nostro modo di vivere. Un possibile spiraglio su un futuro diverso.»
Come le è venuta l’idea?
«La passione per l’utilizzo dell’energia solare mi accompagna fin da quando ero piccola, così come il desiderio di possedere un camper. Per me poter viaggiare e registrare contemporaneamente è l’essenza della libertà.
Poi se dovessi indicare un momento in cui ho capito che era effettivamente realizzabile indicherei un concerto nel 2019. Mi è capitato di suonare in un camper e lì è scattata la molla.»
Com’è cambiata la sua vita dopo X-Factor?
«X-Factor e Sanremo mi hanno catapultata in un turbine di eventi vorticoso, è stato un lampo molto intenso. Non è stato facile mantenere purezza artistica e stabilità. Ero sempre ad eventi ma a me piace anche la solitudine. Ho elaborato e trovato un mio equilibrio, una realtà che mi permettesse di sostenere il mio progetto artistico mantenendolo limpido. Poi c’è stato bisogno di tempo per continuare a raccontare il mio mondo interiore.
Ho viaggiato molto dopo il secondo disco. Ho anche insegnato e svolto altre attività. Questo mi ha allontanato dalla televisione. Per alcuni dovresti essere sempre lì in trasmissione, ma non mi interessa starci ad ogni costo; ho mantenuto la mia centratura e questo mi ha permesso di avere ancora molto da esprimere.»
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