In un recente editoriale sul The Times of Israel, Avigdor Liebermann sostiene che “non ci sono innocenti a Gaza”, che chi ancora lo pensa sarebbe “un credulone”. Il leader del partito nazionalista Yisrael Beytenu, ministro praticamente in ogni dicastero nei vari governi Netanyahu e Olmert, esprime una sorta di pietismo e condiscendenza per quei “benintenzionati che per anni hanno creduto e promosso la pace, lottato per una soluzione a due Stati, convinti che ci fossero a Gaza persone con lo stesso sogno”.

Se Liebermann non riesce a vedere innocenti nella Striscia, noi portiamo l’assurdo un gradino più su: non ci sono innocenti da nessuna parte. A Gaza, in Israele, nel Medio Oriente. Nemmeno in quell’Occidente tremebondo che non sa decidere da che parte stare, non sa trovare il modo per far valere quelle stesse regole di cui si è dotato dopo la Guerra proprio per evitare nuovi genocidi. Per proteggere le vittime senza colpa di ogni guerra: anziani, donne e bambini.

Le donne

Sui quotidiani israeliani sono sempre più frequenti le notizie di abusi, maltrattamenti, violenza sessuale sulle donne nei kibbutzim attaccati il 7 ottobre. Ne raccontano le poche sopravvissute, i medici accorsi sul posto, i coroner che hanno esaminato i cadaveri. Si parla di corpi martoriati, con segni evidenti e inequivocabili. La mente non può non tornare alla Bosnia di trent’anni fa, al Rwanda o al Sudan; a quel fenomeno animalesco che qualcuno definì con la locuzione agghiacciante di stupro etnico.

Un’aberrazione intollerabile che per qualche motivo non trova grande spazio sui giornali nella nostra tranquilla parte di mondo. Si potrebbe pensare che una notizia del genere passi in sordina perché considerata un effetto collaterale tipico di una situazione di guerra atipica. I più cinici avranno pensato che è “normale”, che avviene dai primordi del mondo. Insomma, uno sviluppo legittimamente prevedibile.

Tutto vero, lo facevano gli antichi, lo fecero i nazisti, l’hanno fatto i russi in Ucraina. Lo fanno anche i leoni quando prendono il potere sul branco, arrivando perfino a uccidere i cuccioli del maschio sconfitto. Ma quelli hanno almeno l’attenuante di essere animali. L’uomo invece non ne ha. Nessuna.

I bambini

Le stime di Save the Children e dell’Euro-Med Human Rights Monitor sono paralizzanti. Da quando sono iniziati i bombardamenti a tappeto, a Gaza muore un bambino ogni 15 minuti. Circa il 40% dei palestinesi uccisi sono minori. Si parla di 6000 bimbi morti ma ce ne sono altre migliaia con bruciature, lacerazioni da shrapnel o mutilati. E non possono ricevere cure adeguate visto che gli ospedali sono allo stremo.

Non va trascurato nemmeno l’impatto psicologico, che è devastante e dura da molti anni, conseguenza naturale di una totale mancanza di libertà e di prospettive per il futuro. Nel 2019 Euro-Med condusse una ricerca sui giovani abitanti della Striscia, che sono quasi la metà in una popolazione che non invecchia mai. Circa l’80% degli intervistati dichiarò di soffrire di depressione o fobie, metà di aver contemplato il suicidio (molti ci sono anche riusciti) e tre ragazzi su cinque ammisero pratiche di autolesionismo.

Nessun futuro

Bambini chiusi in una gabbia, circondati da altissimi muri. Immaginano un mondo che non possono vedere, che probabilmente non vedranno mai. Sono preda facile per l’ideologia, per la radicalizzazione, in un corto circuito che chi quel muro ha costruito non aveva forse previsto. Se a un bambino togli la possibilità di vedere la realtà, se è costretto a giocare in mezzo alle macerie, si rifugia nella fantasia. Sogna di evadere, di essere libero.

Foto da Pexels di Mohammed Abubakr

È perfino troppo facile convincere quel bambino che oltre il muro vivono mostri da odiare, specie se quel mostro ha già fagocitato un fratello, uno zio, un padre. Tutti nella Striscia hanno già perso qualcuno in modo violento, tutti hanno un parente o un amico da vendicare. E i bambini non fanno eccezione. Chiunque si salvasse da questa guerra immonda, crescerà alimentato da terrore, rabbia, impotenza. E avrebbe un unico pensiero.

L’esercito di Israele sembra esserne perfettamente conscio e fa davvero poco per nasconderlo. In fondo, stiamo parlando dell’unica democrazia al mondo dove i minori possono essere detenuti in strutture militari, senza contatti con avvocati o famigliari. Stupisce solo fino a un certo punto che l’avanzata di terra e i bombardamenti colpiscano i civili in modo tanto indiscriminato. Senza alcuna pietà.

La comunità internazionale

Chi pare invece ignaro nella sua bolla dorata è il cosiddetto Occidente evoluto e progressista, che prima o dopo dovrà rendere conto della sua ignavia. E non si tratta di complottismo o paranoie anti-sioniste o chiamatele come vi pare. Nella Striscia di Gaza stanno avvenendo palesi violazioni della Convenzione di Ginevra, ratificata da Israele nel 1951.

L’esercito israeliano dichiara con orgoglio ai media che “ci sono state due vittime civili per ogni esponente di Hamas ucciso”. Ovviamente ogni calcolo è approssimato e perfettibile, specie se si capisse con quale criterio siano riconoscibili i terroristi dai civili in un mucchio di cadaveri sotto le macerie. Resta il fatto che anche un rapporto di 2:1 è un disastro umanitario.

Abbiamo un posto privilegiato, noi; guardiamo la guerra passare su uno schermo, i numeri che continuano a crescere non ci toccano quasi più. Ma ci sono immagini che restano fissate nella memoria, foto che scavano un buco nero nel petto. L’avete visto quel papà che trasporta il figlio in due sacchetti di plastica? Due, non uno. Avete visto lo sguardo svuotato, incapace anche solo di rabbia o disperazione? O quella bimba che offre il suo pollice a un neonato, in mancanza di altro da succhiare?. Non li avete visti, vero? A noi basta spegnere la televisione per convincerci che va tutto bene.

Il fallimento del diritto

Smettiamo di guardare perché ci siamo arresi, non c’è nulla che possiamo fare. Proteste, qualche marcia per la pace, invocare il diritto umanitario. Ma tanto i bombardamenti non si fermano, al massimo ci sono volantini che avvertono di evacuare le aree degli attacchi. Come se poi i palestinesi avessero un altro posto dove andare, un luogo che si possa definire sicuro.

Per la prima volta le potenze cosiddette evolute non sembrano in grado di fingere in modo convincente che “ogni possibile precauzione” venga presa dall’esercito israeliano per “proteggere la vita dei civili”, come previsto dalla Convenzione di Ginevra. Che chiederebbe anche una particolare attenzione verso i minori, che vanno “protetti e trattati umanamente”. Non si vede umanità tra le bombe e le sparatorie, nella distruzione degli ospedali o nel lasciare i civili senza aiuti, senza cibo né acqua.

Foto da Pexels di Mohammed Abubakr

In una situazione del genere le istituzioni internazionali sono impotenti e il diritto umanitario così come quello internazionale mostrano l’oscenità del loro limite. A differenza di altri casi, gli eventi si sono succeduti con una tale velocità che non c’è stato neanche il tempo di preparare una giustificazione che avesse una speranza di credibilità. In un luogo così densamente popolato, anche la “scusa” di smantellare Hamas pare fragile, supportata da prove troppo inconsistenti. Sono invece sotto gli occhi di chi vuol guardare le decine di migliaia di sfollati, l’esodo interminabile delle famiglie. E bambini che tengono per mano altri bambini, in assenza di adulti che si occupino di loro.

Le istituzioni internazionali si rivelano incapaci di convincere Israele che un orrore come la strage di innocenti del 7 ottobre non si può cancellare con un orrore più grande, a danno di altri innocenti. La dura lezione è che i diritti umani non sono universali come scritto sulla carta, che il diritto internazionale non viene applicato allo stesso modo per tutti. Non ci sono innocenti, in questa storia; qualcuno anche meno degli altri.

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