Un premio che abbraccia un percorso e una visione di quale sia la strada oggi da percorrere per fare esposizioni di qualità, capaci anche di attrarre e di restituire esperienza al pubblico. L’undicesima edizione de “L’arte di mostrare l’arte”, istituito dalla famiglia Mastella Allegrini è infatti andata martedì 28 novembre a ben tre istituzioni – Fondazione Palazzo Te, Galleria Borghese e Palazzo Ducale di Mantova – per altrettante mostre che descrivono da diversi punti di vista la figura di Pieter Paul Rubens.

Chiare le motivazioni del Premio Villa della Torre: “Per aver coralmente ideato e realizzato la mostra “Rubens! La nascita di una pittura europea” dando vita ad un’importante operazione culturale dedicata ai rapporti tra l’arte italiana e quella europea, in onore del poliedrico pittore di origini fiamminghe”.

Tre tappe per scoprire Rubens

Il lavoro delle tre istituzioni ha infatti permesso di approfondire la forza di un pittore connotato dalla maestosità dei corpi e per una apparente frivolezza delle forme femminili.

E invece c’è molto da rivelare al pubblico di oggi, a partire anche dalla figura di mediatore diplomatico rivestita con abilità, all’interno di capace di un’epoca di grandi conflitti politici e religiosi.

Per conoscerlo dal 7 ottobre sono aperte a Mantova “Rubens a Palazzo Te. Pittura, trasformazione e libertà” e La Pala della Santissima Trinità”, a Palazzo Ducale. A Roma, dal 14 novembre a alla Galleria Borghese, “Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura” mette a fuoco il dialogo con la classicità e l’incontro con la statuaria. Da quella stagione nascono molti disegni che si spingono verso una elaborazione del tratto più vibrante rispetto alla tradizione cinquecentesca, poi ravvisabili nella sua tecnica pittorica dinamica ed equilibrata.

Il Rubens italiano

Mantova e Roma, due le città che segnano la vita del pittore fiammingo: di famiglia calvinista rifugiatasi in Germania, arriva in Italia inizialmente a Venezia, per diventare poi pittore di corte su invito di Vincenzo I Gonzaga, presso il quale resta otto anni e dove può accedere alla collezione privata di arte italiana del Duca di Mantova.

A Roma nel 1601 incontra da vicino le opere di Michelangelo, Raffaello e l’arte antica, vi esegue alcuni lavori (in Santa Croce di Gerusalemme, in Santa Maria in Vallicella, insieme ad alcuni dipinti), viaggia quindi anche a Genova e in Spagna, per poi tornare stabilmente ad Anversa nel 1609.

La nascita della pittura europea moderna

Le esposizioni premiate raccordano quindi uno sguardo più ampio sulla ricchezza del percorso umano e artistico di Rubens, ma anche valorizzano il ruolo di grande influenza che l’Italia ha esercitato nella formazione di nuove visioni e di quella che potremmo definire pittura europea moderna, in cui il nostro Paese non gioca solo il ruolo di maestro, ma anche di incubatore di rivisitazioni e di nuovi linguaggi che permeano le corti del continente.

Il legame con Giulio Romano, cui è attribuita la progettazione di Villa della Torre a Fumane, è al centro della mostra a Palazzo Te, in cui lo stile monumentale del più celebre allievo di Raffaello rivela a Rubens l’abilità soverchiante di un immaginario ben radicato nell’antico. Le citazioni che poi il fiammingo ne trarrà sono ricorrenti, e non solo per i soggetti bensì anche nella lettura visiva dell’ambiente naturale e della prospettiva. Di Romano Rubens acquista dei disegni e li rimaneggia per studiarli con interventi sui volumi. Sotto le sue mani, il manierismo dell’allievo di Raffaello si muta in prodromo del barocco – ora ci scandalizzeremmo, ma la pratica di intervenire sulle opere altrui era al tempo in uso -.

Baia Curioni: «Le mostre escano dalla logica dell’intrattenimento»

«Queste mostre aiutano a vedere un patrimonio che può essere d’ispirazione per il futuro. È arte che non c’era e che è frutto di una qualità immaginifica, quella di Romano e di Rubens. Esporla oggi è ispirazione concreta per chi fa impresa, per chi si occupa di Terzo settore, per la società di oggi, per farci guadagnare in umanità» ha dichiarato alla consegna del riconoscimento Stefano Baia Curioni, direttore della Fondazione Palazzo Te.

«Abbiamo la consapevolezza che queste mostre vanno fatte per necessità, perché c’è bisogno di sviluppare pensieri da portare poi nel contemporaneo. E nel futuro avranno ancora più importanza, sempre che si esca dalla logica dell’entertainment. Dobbiamo invece portare l’arte al livello dei processi creativi contemporanei. Il farsi sociale dell’arte è un compito anche politico».

Da sinistra, Caterina Mastella Allegrini, Francesca Cappelletti, Stefano L’Occaso, Stefano Baia Curioni, Raffaella Morselli e Marilisa Allegrini.

Il tempo della bellezza

A ricevere il premio per Palazzo Te sono stati anche la curatrice della mostra, Raffaella Morselli, quindi Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese, oltre che curatrice dell’esposizione insieme a Lucia Simonato; infine per il Palazzo Ducale di Mantova ha ricevuto il riconoscimento il direttore, Stefano L’Occaso.                                 

«Questa villa era il mio sogno di bambina ed ora è connessa alle nostre attività di ospitalità – ha sottolineato la padrona di casa, Marilisa Allegrini -. Con l’andare del tempo la chiave artistica della villa ha preso il sopravvento: le prospettive, il tempietto, il peristilio, i grandi camini mascheroni, la peschiera, gli archi, le volte, le pietre. Il Premio L’Arte di mostrare è la rappresentazione, la cifra autentica di valori antichi e sorprendentemente moderni, la dimostrazione che il tempo della bellezza non ha mai fine».

La storia del premio

Il riconoscimento è assegnato annualmente a curatori e personalità dell’arte e della cultura che realizzano percorsi espositivi originali e coinvolgenti.

Lungo il cammino sono stati premiati i curatori Davide Gasparotto, Adolfo Tura e Guido Beltramini per la mostra “Pietro Bembo e l’invenzione del Rinascimento”; Paola Marini e Bernard Aikema per l’esposizione “Paolo Veronese: l’illusione della realtà”; Salvatore Settis, Rem Koolhaas e Fondazione Prada per la mostra “Serial/Portable Classic“; Luca Massimo Barbero, curatore della mostra di Palazzo Strozzi a Firenze “Da Kandinsky a Pollock. La grande arte dei Guggenheim”; Maria Luisa Pacelli, direttrice del Palazzo dei Diamanti di Ferrara; Xavier Salomon, curatore della Frick Collection di New York; Arte Sella, spazio espositivo all’aria aperta di Borgo Valsugana; Marzia Faietti e Matteo Lafranconi, curatori della mostra “Raffaello 1520 – 1483”, che si è tenuta alle Scuderie del Quirinale; David Landau per “Le Stanze del Vetro”; Michele Coppola per Gallerie d’Italia.

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