Dopo Viaggiatori&Migranti a marzo e AfricaShorts a giugno, Il Festival del Cinema Africano e Oltre prosegue con la terza parte del suo percorso: Cinelà Educational, cinque giornate dedicate all’abbattimento dei confini socio-culturali tramite la visione di film sul grande schermo dedicate ai giovani e con l’intervento puntuale di critici ed esperti della cinematografia africana.

Al Cinema e teatro Stimate, gremito di studenti di varie scuole veronesi, sono in corso ogni mattina le proiezioni – dal 6 al 10 novembre – delle opere scelte per questa sezione, tra cui spicca Houria di Mounia Meddour Gens.

Houria significa libertà

Siamo in Algeria e Houria è una promettente ballerina che per mantenersi fa le pulizie in un albergo. La sera, per racimolare due soldi in modo da comprare un’auto alla madre, scommette sui combattimenti clandestini tra arieti. La sua vita è contornata solo da presenze femminili, dato che la figura dell’uomo è collegata al trauma della guerra civile. Un’aggressione improvvisa però le fa perdere la possibilità di esercitarsi come prima, privandola anche dell’uso della parola.

Il trailer del film

La parola però nel film diretto da Mounia Meddour Gens acquista un senso nuovo quando si interfaccia con un altro linguaggio, quello del corpo. La danza per la protagonista passa da scappatoia verso un altro mondo – lei insieme all’amica sogna di andare ad Alicante – a veicolo di aggregazione, una possibilità di rifondazione del proprio io. Il trauma subito da Houria diventa presto la metafora di un intero Paese che ha costretto le donne al mutismo, pena la violenza. Il senso comunitario alla base del film – che trovava già spazio in Non conosci Papicha, precedente lavoro di Mounia Meddour Gens – viene trasposto mediante le coreografie del balletto che Houria insegna ad altre donne vittime di aggressione, le quali non possono fare altro che danzare sulle note dell’indifferenza del proprio Paese.

Dibattito con gli studenti a fine proiezione di Houria a cura della giornalista Jessica Cugini
e il team di Progettomondo. Foto di Emanuele Antolini

Il corpo come linguaggio

Houria infatti è un film che possiede il movimento di una piroetta, che inizia e finisce nello stesso modo ma con una differenza sostanziale: se nella scena iniziale a danzare era solo la protagonista, nel finale è la pluralità dei corpi in movimento a fare da padrone. La terrazza che si affaccia sul Meditteraneo dove avvengono queste due scene è il teatro di uno scenario che ha come spettatori diversi Paesi del mondo, spesso ciechi rispetto al richiamo di libertà che la danza comunica.

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