Venticinque anni fa si spegneva a Milano Bruno Munari, una delle menti più brillanti e creative del Novecento italiano. In occasione di questa ricorrenza, Fondazione Eataly Art House dedica un’antologica all’artista milanese, che viene raccontato da più di cento delle sue opere più celebri, negli spazi E.ART.H. al primo piano della Stazione frigorifera di Verona.

La versatilità della mente di Munari ha interessato, colpito, stupito non solo il pubblico, ma anche gli artisti a lui contemporanei: Pablo Picasso lo definì un artista dall’impronta leonardesca, in virtù della sua multiforme creatività e dell’interesse a tutto tondo per il mondo che lo circondava e che lo contraddistingueva.

Una ricerca di semplicità radicale

Semplificare – nella sua accezione più positiva – è la parola che meglio rappresenta la poetica inusuale dell’artista, frutto di una conoscenza profonda della realtà e delle sue sfaccettature e di una curiosità sempre sfolgorante, scaturita dall’impiego ingegnoso dei cinque sensi e dalla riflessione sulle esperienze percettive che essi veicolano.

La prima sala della mostra Bruno Munari, la leggerezza dell’arte all’Eataly Art House, foto di Giulia Adami.

Il contatto diretto con la natura e l’interesse verso i suoi elementi visibili e tangibili, in continuo mutamento, hanno permesso a Bruno Munari di affrontare in maniera interdisciplinare le tematiche più disparate: il movimento, la luce, le ombre, la natura, i materiali. Questi elementi sono parte integrate del mondo munariano e si manifestano nella sua ricerca, ancora oggi attuale e stimolante, nonché alla base dello sviluppo delle forme del design nella seconda metà del secolo scorso.

Movimento, luce, ombra

Le Macchine inutili (fig.2) di Munari, piccole forme fluttuanti nell’aria, colorate e leggere, sono l’esito della sperimentazione dell’artista sul movimento, sulla luce e sulle ombre e sono figlie di un’intensa riflessione sui principi promossi dal Futurismo. Le ombre in movimento proiettate sul muro dagli elementi geometrici di cui sono composte creano un piccolo film infinito e inaspettato, governato dalla regola e allo stesso tempo dal caso, che rapisce lo sguardo e la mente.

Un’esperienza immersiva nell’ambiente è rappresentata in mostra anche da Concavo-convesso del 1947, una nuvola di rete metallica che proietta la sua immagine in movimento, come una forma naturale plasmata dagli agenti esterni.

Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare.

Bruno Munari

Il libro come forma

Negli anni Cinquanta l’artista realizzò i Libri illeggibili, opere non più costituite da catene di parole, ma da fogli e carte bianche, piegate, strappate e sfrangiate, che portano lo spettatore non più a percepire il libro come un custode di racconti e storie, ma come un oggetto estetico e tattile.

Le stesse pieghe sono protagoniste, dagli anni Cinquanta, delle Sculture da viaggio e delle Sculture pieghevoli, oggetti estetici realizzati in cartoncino, metallo o legno che potevano essere portati in viaggio, ripiegati in valigia, o esposti come vere e proprie sculture.

L’avvento della fotocopiatrice

Il movimento come fonte di intreccio dei colori, pieni e brillanti, unisce inesorabilmente la produzione degli anni Quaranta con le opere che oltrepassano la metà del secolo; tra queste, La Ruota, una stupefacente fontana simile a un mulino che, mossa dall’acqua piovana fuoriuscita dalle grondaie dello studio dell’architetto e designer Ico Parisi a Milano, creava infinite variazioni di colore grazie alla sovrapposizione di piccoli dischi variopinti.

Fu tuttavia la comparsa sul mercato delle prime fotocopiatrici a scatenare una nuova ricerca sperimentale nella mente di Munari: creare innumerevoli performance istantanee, le cosiddette Xerografie originali. Piccoli movimenti compiuti durante il processo di fotocopiatura sul modello, che producono immagini frammentate dal caso, originali e uniche.

Una di queste, realizzata su una fotografia del volto dell’artista, apre la mostra veronese, come monito per il visitatore che, entrando nelle sale, sceglie di abbandonare i propri preconcetti per aprirsi ai mutamenti, naturali o artificiali, della realtà.

Gli Oggetti a funzione estetica

I cosiddetti Oggetti a funzione estetica, realizzati dagli anni Settanta, da appendere o appoggiare a un piano, travalicarono il sottile confine esistente tra arte e design.

Bruno Munari, Superflexy, 1997. Foto di Giulia Adami.

Una testimonianza di questa riflessione sulle forme modellabili chiude l’esposizione di Verona: Superflexy del 1997, una forma geometrica molle e estendibile, mostra la propria versatilità grazie al materiale malleabile di costruzione e all’idea non predefinita di una forma in potenziale e continuo cambiamento. Un “filo rosso” che si scorge alzando la testa dal piano terra verso la cupola, come invito ai visitatori a scoprire l’articolato mondo munariano.

Le opere di Munari nascono dalla necessità dell’artista di riflettere sulla percezione dell’opera d’arte da parte dei pubblici più diversi, siano essi composti da adulti o bambini. Certo una propensione per l’elaborazione di libri e giochi per ragazzi mette in luce la predilezione dell’artista per la scoperta delle dinamiche della mente incontaminata dei più piccoli, priva dei pregiudizi e delle idee precostituite di cui gli adulti sono inevitabilmente preda. Questa ricerca portò Munari, a partire dal 1977, a dedicarsi ai laboratori didattici, momenti di intensa sperimentazione dialettica e tattile, di sfogo della propria libertà creativa.

A novembre in programma i laboratori didattici

Non a caso, accanto all’offerta di eventi e visite guidate in mostra, la Fondazione E.ART.H. propone un ampio ventaglio di laboratori per famiglie, scuole e adulti, esperienze ideate da Silvana Sperati, presidente dell’Associazione Bruno Munari e collaboratrice diretta dell’artista. Parole d’ordine di questo originale approccio didattico: sperimentazione, libertà, creatività e curiosità.

La mostra Bruno Munari. La Leggerezza dell’arte, curata da Luca Zaffarano e Alberto Salvadori, in collaborazione con Repetto Gallery di Lugano, apre oggi le porte al pubblico venerdì 13 ottobre e sarà visitabile gratuitamente fino al 31 marzo 2024 negli spazi di Eataly Art House.

I laboratori saranno inaugurati sabato 4 novembre alle ore 16 con l’esperienza Il laboratorio dell’albero per bambini dai 4 ai 6 anni e sono pensati come momenti di condivisione in cui genitori e figli possono sperimentare insieme.

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