Castelnuovo nel turbine della storia. L’episodio della famiglia Guido Montini: “Eravamo pronti a marciare contro il Duce”, scrive nelle memorie Nico Furlotti.

Di queste ricostruzioni esistono solo poche tracce. Vicende di violenza che stanno scendendo nell’oblio del tempo. Tutto ebbe inizio il 25 luglio 1943, con la riunione del Gran Consiglio del Fascismo, composto da ventotto fedelissimi gerarchi, che al Duce dovevano tutto.  E poi con il Processo di Verona, dal 10 al 14 gennaio 1944 con la decisione di uccidere Galeazzo Ciano, il genero, del Duce, che inasprì le spaccature all’interno del PNF tra l’area violenta e quella più incline alla diplomazia.

Nel 1963 Gian Franco Venè pubblicò sul settimanale ABC il memoriale di Nicola Nino Furlotti da Verona, fascista puro e duro, Comandante della Polizia Federale di Verona e della famigerata Disperata, da lui fondata, che volle dire in presa diretta la sua vicenda, dopo il clamore suscitato dal film di Lizzani del 1962 (grazie alla Fondazione Banco di Napoli che ha reso disponibile il dossier).

Nelle caotiche giornate della seconda metà del settembre 1943, Furlotti fu nominato Comandante da Pavolini. Alla fine della guerra fu condannato a morte nel 1945 dal Tribunale del Popolo. Si rifugiò a Catania dove visse sotto altro nome, Narciso Fabbri, sino al 1959, quando venne definitivamente amnistiato.  A questo incarico Furlotti era stato chiamato da un altro dei fascisti riemersi in quei giorni, il Neo – Capo della Provincia (Prefetto) Pietro Cosmin.

Erano giorni in cui lo squadrismo, compresso nel Ventennio, legalizzato e militarizzato nella Milizia, rialzava la testa, approfittando dell’assenza di autorità, che consentiva le più svariate iniziative autonome. Una storia che si collega direttamente con Castelnuovo del Garda, allora Castelnuovo veronese, dove vivevano Guido Montini e Adalgisa Vassanelli in Montini, entrambi provenienti da storiche, ricchissime e fascistissime famiglie, ma diseredati a causa dell’antifascismo e socialismo di Guido.

Il logo della Disperata

Unico socialista di Castelnuovo fino agli anni trenta, Guido era stato direttore di filanda, albergatore, commerciante di cavalli e vino e proprietario di un’osteria. Aveva fatto tutta la Grande Guerra nelle Voloire, l’artiglieria a cavallo. Si sposò con la bellissima Adalgisa Vassanelli, classe 1896, nel 1920 a Castelnuovo, anch’essa famiglia di condizioni economiche ricchissime di Bussolengo.

Quando i fascisti venivano a Castelnuovo, l’ordine di Furlotti era sempre quello di andare a catturare il Montini. Fu così che una notte freddissima d’inverno la casa venne circondata dalle brigate nere dalla famigerata Disperata. Guido si salvò perché si rifugiò in casa dell’amico Angelini, capo del partito fascista a Castelnuovo. La moglie Adalgisa gli diede tempo di scappare e riuscì a saltare da un muro di tre metri e pieno di cocci di vetro, scappando nella campagna sino a Sandrà, dove era originario e molto amato.

Nel frattempo Adalgisa passò in mezzo ai fascisti che avevano circondato la casa, buttarono due bombe nel giardino e sfondarono la porta, in una fredda notte invernale di  neve. Aveva stretto a sé il primo figlioletto, Edo, nato nel 1922 e morto nel 1923 in seguito alla polmonite e alla paura contratta in quella terribile sera.  Guido, classe 1886, morirà nel Natale del ‘43 a seguito delle conseguenze date dalle gasature cui erano sottoposti i giovani soldati italiani sul fronte dell’Isonzo. I suoi figli, Edo, Dino, Clara e la piccola Adriana, che racconta questi fatti nel suo toccante libro autobiografico Uno Spicchio di Cielo, ebbero incontri ravvicinati con la grande storia. Edo, nato nel 1923, partigiano, diventò commissario politico del PCI dal quale venne espulso perché si dichiarò pubblicamente contrario all’invasione sovietica dell’Ungheria nel ’56. Dino , nato nel 1925, renitente alla leva nella Repubblica di Salò venne catturato dai carabinieri di Castelnuovo in occasione del funerale del padre Guido. Mandato sul fronte in prima linea, riuscì a scappare dalla prima linea a  Monte Cassino e ritornò per fare la lotta partigiana nelle Brigate Avesani a Peschiera.

La moglie di Guido, la “siora Gina”, sfollati prima alla Scarpina a Peschiera e poi al Campanello in quello che diventerà negli anni cinquanta il Fiore di Raffaello Speri, amici di famiglia, fondò il CLN a Peschiera . Dino qui si occupava di organizzare scioperi contro la famigerata Tod e partecipò alla battaglia del Monte Casale che a Goito sancì la fine della Seconda Guerra Mondiale in Italia. Dopo la guerra si distinse per essere l’unico sindaco comunista di Peschiera.

Furlotti, uomo grigio, entrò nella Storia per caso, perché il processo si tenne a Verona e fu lui a dover assicurare il servizio d’ordine e poi a comandare il plotone di esecuzione che uccise Ciano e gli altri al poligono. Ben tre furono i colpi di grazia che diede al Conte Ciano che non ne voleva sapere di morire. Furlotti aveva in Mussolini il suo idolo, ma al tempo stesso deprecava il fatto che il Duce era troppo tenero di cuore. Per Furlotti, come per molti altri, era necessario dare “un esempio”, agire con “intransigente fermezza”, colpire senza pietà “i traditori”. 

https://archivio.quirinale.it/aspr/gianni-bisiach/AV-002-000228/11-gennaio-1944-fucilazione-galeazzo-ciano

Emerge dal memoriale che, laddove i giudici – ipotesi peraltro remota – erano stati troppo indulgenti, i militi della Polizia Federale erano decisi a “far giustizia”. È assente dalle memorie dell’ex fucilatore ogni accenno alla situazione militare Disperata e alla evanescenza della Repubblica Sociale come soggetto politico.

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