Che cosa hanno in comune Verona, Odessa e Lviv? Tutte e tre sono città turistiche ricche di cultura, con grandi teatri, musei importanti e parchi accoglienti. Tutte e tre sono nella lista del patrimonio dell’Umanità, stilata dall’Unesco. Poi cominciano le differenze. Perché Verona la sua stagione di bombardamenti e distruzioni l’ha conclusa nel 1945. Le due città ucraine la stanno vivendo ora.

Protetti da Unesco, colpiti dalla Russia

Lo status di “patrimonio Unesco dovrebbe rendere intoccabili questi siti per chiunque abbia rispetto delle leggi. Ma di sicuro non è il caso della federazione russa, nonostante aderisca all’Unesco dal 1991, in quanto erede dell’Urss. L’agenzia delle Nazioni Unite ha voluto avvertire la controparte, e aveva fornito loro la lista completa delle coordinate di tutti i siti ucraini protetti. Avete letto bene: secondo l’Unesco forse bastava inviare tale elenco per fermare i russi. A quanto pare, è servito solo da incitamento. Dal 24 febbraio 2022 al 20 luglio 2023 l’Unesco ha accertato in Ucraina il danneggiamento di 270 siti, di cui 116 siti religiosi, 27 musei, 95 edifici di interesse storico-artistico, 19 monumenti, 12 biblioteche, e un archivio. Fra questi, il primo sito ad essere colpito è il centro storico di Lviv.

“Città tranquilla”, città ferita

«Lviv è una città tranquilla» mi diceva un anziano mentre aspettavamo insieme l’imbarco al “binario ucraino” della stazione di Przemyśl a metà giugno. Pensavo che avesse ragione, uscendo sul piazzale della stazione di Lviv, brulicante di viaggiatori, tassisti rapaci, le linee del tram intrecciate. “È davvero tranquilla,” mi convincevo, passeggiando fra le librerie e i caffè, le villette e i giardini traboccanti di rose e ciliegie. Sembrava la stessa città di sempre: la marmellata di pigne nel negozio di souvenir, la minestra di pesce in omaggio al ristorante odessita, il casco da minatore per non sbattere la testa sugli stipiti bassi nel caffè sotterraneo.

La mattina del 19 giugno abbiamo scoperto che, mentre dormivamo, sono arrivati tre droni iraniani: il buco alto due piani nel fianco del palazzo in centro era stato causato da quello che non hanno potuto abbattere. Così sotto i miei occhi la Lviv “sicura” è diventata “leggermente attaccata”. Sembrava già grave con quegli Shahed che hanno tolto il sonno agli abitanti del centro. Non si immaginavano che presto sarebbe arrivato il 6 luglio che ha spazzato via con ben tre missili i piani alti di un palazzo storico.

Motivo dell’attacco? I russi vivono nella frenetica ricerca di “centri decisionali” da distruggere perché credono che la resistenza sia dovuta solo ai vertici, e non alla volontà del popolo. Nei dintorni c’è l’Accademia militare delle forze terrestri, o forse puntavano una caserma, chissà non fosse lì il centro di resistenza ucraina?

Odessa, da favorita a bersaglio

La stessa sorte fluttuante ha subito anche Odessa, la gloriosa città portuale, già martoriata nella Seconda guerra mondiale. La settimana scorsa le turiste odessite mi dicevano «anche noi abbiamo tanti bei monumenti, venga a trovarci, faremo un bel giro». Quando partirono per venire a Verona, i bombardamenti erano sporadici. Nell’ultima settimana invece la furia dei nemici si è concentrata su Odessa. Giorno dopo giorno, sono stati colpiti i depositi di grano, di olio, di tabacco e di fuochi d’artificio. Non sono obiettivi legittimi, ma almeno vagamente si può intuire la logica di chi punisce per disobbedienza: far annegare le navi cargo sarebbe un atto troppo eclatante, allora facciamo che non ci sia nulla da esportare.

Una ripresa dei droni sui magazzini vicini al porto di Odessa, colpiti gli scorsi giorni dall’esercito russo.

Ma insieme al porto, hanno colpito anche i siti culturali.

Se fosse stato solo uno, si potrebbe ancora pensare alla tragica fatalità. Ma quando si mettono in fila i luoghi colpiti, si evince una chiara strategia: Museo archeologico, Museo marittimo, Museo della letteratura (dedicato soprattutto agli scrittori russi), che vanno ad aggiungersi al Museo delle Belle arti, rimasto senza le finestre esattamente un anno fa, il 23 luglio 2022. Ieri notte alla lista di istituzioni colpite si è aggiunto il Palazzo degli Scienziati, dimora nobiliare costruita negli anni Trenta dell’Ottocento da un architetto italiano. Gli interni raffinati di questo palazzo sono stati gravemente danneggiati.

A questa lista nera si aggiungono scuole, asili, palazzi antichi e residenziali, per non parlare di numerose macchine bruciate e alberi sradicati. In un giorno, oltre alle due vite umane e i 22 feriti, Odessa ha perso un pezzo del proprio patrimonio storico.

La cattedrale ricostruita e distrutta

Ma il colpo più eclatante, doloroso e assurdo è quello al cuore della Cattedrale della Trasfigurazione del Salvatore. Il missile l’ha attraversato colpendo con precisione l’altare. La cattedrale era gestita dalla chiesa ortodossa del patriarcato di Mosca. Il paradosso beffardo di questo attacco è che la cattedrale, la più grande della città, era una ricostruzione dell’edificio del 1808, distrutto dai sovietici nel 1936.

La ricostruzione, iniziata nel 2000, sanciva il legame con la chiesa ortodossa di Mosca. A consacrarla nel 2010 è stato proprio il patriarca Kirill, lo stesso che ora benedice i missili mortali che condannano al calvario le strutture religiose e civili. Un cortocircuito di cultura russa che prima si propaga, diventando parte del paesaggio, e poi si annichilisce con violenza, insieme alla cultura ucraina.

Il prima e il dopo della chiesa della Trasfigurazione del Salvatore di Odessa, oggetto di attacchi missilistici da parte della Federazione russa. Fonte Ukraine.ua.

Cercando una spiegazione razionale, non troviamo nulla oltre alla logica del risentimento: “Se non sei mia, non sarai di nessuno”. I russi erano convinti che Odessa fosse una città amica, visto che molti odessiti parlano russo. All’inizio ai loro occhi aveva uno status speciale: serviva per viverci, a differenza della vicina Mykolaiv, bombardata senza pietà, dove di recente hanno distrutto un centro culturale dell’arte popolare e dell’educazione artistica. Quando i russi si sono resi conto di aver sbagliato le previsioni, hanno deciso di demolirla, colpendo nei punti vitali. E ne vanno fieri, come affermava nel talk-show l’altra sera Olga Skabeeva: «non siamo certamente degli aggressori, ma osserviamo con piacere i “colpi di vendetta” delle ultime tre notti».

Il genius loci di fronte ai missili russi

Gli eventi della guerra russo-ucraina ci insegnano la transitorietà dell’esistenza e ci abituano a vivere nel “modo fluttuante”, dove l’impossibile diventa inevitabile e nulla è sacro o sicuro. Né la bellezza né l’importanza strategica globale di un luogo può fermare la furia omicida dei russi. Sembra non esserci fondo per la malvagità di chi ordina coscientemente e lucidamente di distruggere il luogo sacro per eccellenza, trasformando i luoghi di fede e di cultura in bersagli preferiti. Numerosi siti danneggiati non potranno risorgere, così come gli uomini e le donne uccise non potranno risuscitare. E l’Unesco? Non gli resta altro che aggiornare la pagina con l’elenco delle distruzioni.

©RIPRODUZIONE RISERVATA