Venerdì 16 giugno 2023 è andata in scena la prima/prima della centesima edizione del Festival lirico che ha sede a Verona, nell’anfiteatro romano. Ripresa dalla RAI per una futura trasmissione in mondovisione (che di per sé è un messaggio che induce in errore perché non era in diretta mondiale ma sarà “…un evento che, grazie al doppio patrocinio che è stato dato dal Ministero della Cultura, potrà essere proposto a tutto il mondo e a tutte le televisioni come fatto culturale, e quindi in forma totalmente gratuita…”, Gianmarco Mazzi 1° aprile 2023) ha attirato ai teleschermi poco più di 1,7 milioni di spettatori, senza riuscire a superare l’Isola dei Famosi che ha raggiunto nella stessa serata quasi due milioni di spettatori per uno share del 16,5%.

Sorvoliamo sul risultato culturale, sulla polemica che è nata in città e tra i recensori sulla capacità innovativa dell’attuale Sovrintendente/responsabile-marketing/responsabile-sicurezza/presidente-del-cda-di-Arena-srl e del regista/sceneggiatore/costumista/coreografo/addetto-luci Stefano Poda, che ha scelto per l’Aida 2023 un allestimento instagrammabile ben oltre gli usuali costumi veronesi; e sorvoliamo ancora se sia piaciuta o meno agli spettatori (quando per quelli televisivi è risultata incomprensibile) e se sia stata un buon viatico per promuovere il teatro e la produzione del festival lirico.

Un volantino un po’… “fantozziano”

Concentriamoci, invece, sul volantino consegnato a chi entrava in Arena a qualunque titolo (foto qui sotto a destra) e che ha derubricato a comparsa televisiva anche chi ha pagato lautamente un biglietto per assistere alla prima della prima; anche se i destinatari sono gli invitati (quindi solo quelli che non hanno pagato? Ma erano tanti?)

Per cominciare dalla firma: ma “Noi della Fondazione Arena di Verona”, per chiarezza, a chi si riferisce? L’indirizzo in calce è quello della Fondazione in Via Roma, allora perché questa dicitura comunitaria? Noi del Consiglio di Indirizzo (dove l’armonia è una chimera)? Noi dipendenti? Noi della grande famiglia della lirica veronese? Boh.

E poi il titolo a caratteri cubitali: “AMARE L’ARENA”. Con un’enfasi falsamente ecumenica, che bolla invece come ostili e nemici chi non ha un comportamento conforme alle direttive.

Quindi le istruzioni per l’uso, con tanto di orario e attività corrispondente, del bravo-veronese-che-sostiene-la-lirica-e-la-sua-città-e-vuole-farla-apprezzare, per cui bisogna evitare che le sedute in metallo delle poltroncine sbattano, ci si deve alzare quando entra nella cavea Sofia Loren e rimanere in piedi quando l’orchestra avrà intonato l’Inno di Mameli, che dovrà essere cantato (e guai a stonare!).

Non sia mai che si applauda a sproposito! Perché “…è importante sostenere lo spettacolo, con applausi nei momenti appropriati, fino alla fine e anche un po’ oltre…”

E se anche non vi va, “Verona e la mondovisione hanno bisogno… delle vostre standing ovation da  mostrare al pubblico internazionale.” Cioè: avete pagato (passi per chi è lì per gradita concessione)? Dovete comunque mostrarvi felici ed entusiasti….

E ricordatevi, non fate come vi pare: “l’anfiteatro non va abbandonato prima del termine dello spettacolo… in quel momento sarà fondamentale esserci e applaudire (applaudire!) perché le riprese indugeranno per diversi minuti sulla reazione del pubblico…” e “insieme, dobbiamo dare il massimo con convinzione”.

Un’evidente ansia da prestazione

Risultato? Ognuno ha fatto come gli pareva e chi sentiva l’esigenza di guadagnare il foyer precipitosamente, lo ha fatto in barba alle prescrizioni militaresche.

Lo ripetiamo: forse per gli invitati avrebbe anche potuto essere giustificato (anche se non lo vediamo il ministro, il sottosegretario, l’assessore o le rispettive accompagnatrici o accompagnatori leggerlo e usarlo come scaletta da seguire) ma per gli spettatori paganti poteva solo provocare una “…pessima sensazione, quasi di delusione: come fossimo bambini da educare…” con scarsa o punta efficacia. È possibile trarre una morale da questo episodio?

Foto di Osvaldo Arpaia

Che da qualche parte, forse in Fondazione se venisse confermato che il volantino proviene da quelle parti, c’era una forte ansia da prestazione e una scarsa considerazione, e rispetto, per i veri destinatari dell’opera: gli spettatori, che pagano il biglietto, e solo se apprezzano la performance diventano veri ambasciatori del Festival e i migliori recensori presso amici e parenti. A meno che non si tratti di un abilissimo “fake” per screditare la stessa Fondazione.

Ad ogni modo la “mondovisione” sarà stata indubbiamente un’ottima occasione di promozione; ma il teatro si riempie, durante la stagione e in quelle a venire, se le produzioni sono accattivanti, la musica ben suonata e i cantanti all’altezza dei ruoli e della difficoltà ambientale.

Non ci sono scorciatoie.

© RIPRODUZIONE RISERVATA