Una malattia non è sempre solo una malattia. Ci sono malattie che portano con sé uno stigma e una macchia socio-morale che spesso sopravvive al progresso etico e umano dei tempi che cambiano. Vincenzo Aliotta nel 2013 ha fondato il Centro San Nicola, un centro dedicato alla cura delle dipendenze, immerso nel silenzio e nel verde delle colline marchigiane, a Piticchio.

Dall’esperienza personale e professionale del fondatore della struttura e, in occasione del decennale di vita del centro, nasce il libro “Un passo alla volta. La vita oltre le dipendenze” edito da Giunti.

Le dipendenze in un libro

Il libro, scritto da Vincenzo Aliotta e curato dalla giornalista Barbara Bonomi Romagnoli, agile e divulgativo, prende per mano il lettore e lo introduce alla comprensione sociale e umana di una realtà e problematica spesso incompresa e – per questo – giudicata. «Da giornalista ho pensato che la storia di Vincenzo fosse una storia da raccontare perché riguarda molte più di quelle che pensiamo, anche gli “insospettabili”. Le dipendenze sono qualcosa di trasversale, che riguardano persone di ogni estrazione sociale. Sul piano editoriale c’è una vasta letteratura riguardo alle dipendenze, a me però interessava fare un testo di racconto che contiene le evidenze scientifiche ma che possa arrivare ad un pubblico più ampio», spiega Barbara Bonomi Romagnoli.

Vincenzo Aliotta, racconta il libro, negli anni Cinquanta si interfaccia con la realtà della dipendenza da alcol attraverso i problemi della famiglia della sua fidanzata, sua futura moglie. Da osservatore ravvicinato delle manifestazioni della patologia nasce la volontà di comprenderne le cause e la fenomenologia con l’intenzione di individuare un modo d’aiutare le persone a lui care e vicine. Con il sostegno e l’interesse del padre Nicola Aliotta, psichiatra, la conoscenza e la cura della malattia da dipendenza si fa obiettivo e ricerca di vita.

Negli anni Sessanta lo stigma sulle dipendenze e sul disagio psichico aveva gettato profonde radici nella società italiana. La cura di tali patologie era affidata e relegata ai manicomi: «i manicomi erano le carceri di adesso. Un giorno, era il ’78 o il ’79 dissi a mio padre: “l’alcol è una dipendenza che riguarda il sistema nervoso (neurologia) ma anche l’equilibro psichico (psichiatra), occupiamoci di questo fuori da ogni idea di manicomio”», spiega Vincenzo Aliotta nel libro.  

Villa Silvia a Senigallia

Già prima della riforma Basaglia sui manicomi, gli Aliotta acquisiscono un riformatorio in disuso a Senigallia e vi fondano Villa Silvia, una clinica psichiatrica privata su accesso libero e nessuna forma di contenzione, che getta i principi dell’odierno Centro San Nicola. «Alla fine degli anni Settanta, quando noi abbiamo preso di petto il problema della dipendenza nella nostra struttura, la dipendenza in Italia era vissuta con un approccio moralistico, quindi, colui che abusava di alcol era un poco di buono. Strada facendo, queste tematiche e tipologie d’intervento sulla persona si sono modificate perché la società – anche da un punto di vista scientifico – è cambiata e il discorso della dipendenza ha assunto la definizione che dovrebbe avere, cioè di una problematica psico-patologica.»

Vincenzo Aliotta

“Un passo alla volta” espone la filosofia e la prospettiva sulle dipendenze di Vincenzo Aliotta e del suo centro. La metodologia del centro si ispira ai cosiddetti “12 passi” di fondazione degli Alcolisti Anonimi (AA), gruppo di autoaiuto nato in Ohio nel 1935, durante il proibizionismo americano. Il primo gruppo di AA arriva in Italia nel 1974 e Aliotta si ispira a tali realtà di autoaiuto per concentrarsi non solo sulla cura del paziente, ma altrettanto sul percorso post-cura, momento chiave della cura dalle dipendenze. In questo senso, Aliotta propone un modello basato sulla brevità del percorso clinico, al contrario dei lunghi tempi di degenza di altre strutture. L’intensità e la brevità del percorso in struttura trova il suo scopo nel favorire la re-immissione del paziente nel proprio contesto sociale e familiare per ridurre il più possibile il disagio e le difficoltà di chi, dopo un percorso impegnativo, deve poi affrontare anche il riadattatamento alla propria “realtà”.

La funzionalità della brevità del percorso è resa possibile dal lavoro che viene fatto durante e dopo la degenza in clinica: «la vittoria sulla malattia è sempre relativa – argomenta Aliotta – perché la persona che esce dal nostro è consapevole di dover continuare a camminare su un filo. Quando il nostro paziente esce, prima che si trovi nella sua situazione socio-familiare, l’abbiamo già indirizzato a un gruppo di autoaiuto, durante il trattamento abbiamo mantenuto il rapporto con i servizi sanitari territoriali e poi, infine, come terza maglia della rete di protezione, c’è il nostro follow up mensile per i successivi dieci mesi ai tre mesi di residenzialità.»

«Questo è quello che ci consente di dire che statisticamente su 100 pazienti ne salviamo più o meno la metà. Può sembrare un numero ridicolo, ma di fatto sono numeri molto alti e importanti, considerando l’insidiosità della patologia. Il nostro paziente, una volta uscito, è un atleta che cammina sul filo e che ha sotto di sé una rete di salvataggio pronta a raccoglierlo se dovesse cadere.»

L’approccio rispettoso alla malattia

In “Un passo alla volta” emerge chiaramente la dimensione spirituale che la cura e la guarigione hanno nell’approccio alla malattia del Centro San Nicola. Una spiritualità laica, scevra da ogni riferimento religioso, che ha come obiettivo quello di stimolare l’accettazione, la consapevolezza e «l’essere ogni giorno alla ricerca dell’esprimere la propria capacità intima di vedere la vita in un’altra maniera».

Al percorso di cura contribuisce silenziosamente ma radicalmente il paesaggio che circonda il centro, che Aliotta definisce «l’operatore magico di sottofondo». Non è difficile immaginare come il Centro sia quasi più conosciuto all’estero che in Italia e come – in particolare – gli ospiti stranieri riconoscano il valore e l’unicità del luogo. La natura e la struttura in cui si trova il centro restituisce dignità e rispetto ad una malattia, nel pensiero comune, macchiata da colpa.

Allo stesso modo, “Un passo alla volta” contribuisce a creare cultura e a calare quel velo stereotipico e stereotipante che veste la percezione comune della dipendenza patologica. L’esperienza di Vincenzo Aliotta e la lettura che ne fa, diventa occasione condivisa di comprensione sociale e umana dell’altro, del sé e di dinamiche insospettabilmente diffuse e caratterizzanti della società moderna.

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