Si è svolto venerdì 17 marzo l’incontro “Endometriosi, sai cos’è? Diagnosi, terapie, sostegno”, organizzato da Associazione Progetto Endometriosi, e inserito nel cartellone di eventi dedicato all’8 marzo del Comune di Verona. Presenti all’incontro il dottor Stefano Scarperi, ginecologo all’ambulatorio Endometriosi dell’Azione ospedaliera universitaria di Verona, Paola Ferrari, psicologa clinica e psicoterapeuta, Cecilia Santoro, referente scaligera di Ape Odv, che ha moderato l’incontro, con i saluti istituzionali di Elisa Dalle Pezze, presidente della seconda circoscrizione del Comune di Verona, nei cui spazi si è tenuto l’evento.

Un incontro finalizzato alla sensibilizzazione su quella che è considerata ancora oggi una delle malattie meno conosciute, a cui si fatica molto a dare importanza all’insorgenza dei sintomi.

Una malattia da riconoscere

«Secondo il New England Journal of Medicine, è una delle malattie dimenticate su cui c’è ancora poca attività di ricerca – ha dichiarato il dottor Scarperi -. La gestione clinica e terapeutica è complessa e ancora non è chiara e completa la patogenesi, ovvero perché ad alcune donne si sviluppi e ad altre no. Attualmente però la ricerca è giunta alla fase di sperimentazione umana di due farmaci potenzialmente più efficaci».

Stefano Scarperi, ginecologo all’ambulatorio Endometriosi dell’AOUI di Verona.

Il termine endometriosi origina dall’endometrio, la parete interna dell’utero. La malattia si verifica quando tale tessuto si estende là dove non è naturale trovarlo. Può svilupparsi «in diverse zone della pelvi, può intaccare l’anatomia delle tube, può crescere anche in altre zone, l’intestino in particolare, con noduli che possono infiltrare la parete rettale e sulla vescica – ha proseguito il ginecologo -. Il corpo quindi genera una risposta infiammatoria come per qualsiasi altra forma di crescita di tessuti al di fuori della loro sede naturale. Ci sono delle aderenze, che sono parte molto stretta dell’endometriosi, che si sviluppano perché il corpo dove trova una situazione infiammatoria cerca di isolare l’elemento infiammatorio. Ciò produce nella donna principalmente due problematiche: il dolore, che più o meno tutte hanno, e l’infertilità».

Capire i sintomi

È possibile riscontrare maggiormente questa malattia nei paesi economicamente più sviluppati: «Ciò dipende dallo stato socio-economico elevato e dall’età precoce del menarca» ha proseguito Scarperi. «Il caso dell’Italia è interessante: l’incidenza è indicativamente intorno ai 31-35 anni. Questa è una curva basata su diagnosi su tessuto, principalmente chirurgica. Noi abbiamo un picco di incidenza di malattia in Italia che corrisponde all’età media in cui si ricerca una gravidanza. In genere è in quell’occasione che si scopre la malattia, di per sé già presente da alcuni anni».

Per quanto riguarda la sintomatologia, le pazienti hanno come tratto comune il dolore, localizzato in aree diverse. Quattro sono i sintomi importanti, non necessariamente presenti in contemporanea: dismenorrea, cioè dolore mestruale, disuria, cioè il dolore durante la minzione, ma c’è anche dolore defecatorio, con un dolore rettale forte. Infine, la dispareunia, cioè il dolore profondo nei rapporti sessuali.

Al presentarsi di questi sintomi, «se iniziano prima dei 19 anni registriamo in media un ritardo diagnostico di 12 anni. Circa il 5% delle adolescenti ha endometriosi sintomatiche» ha evidenziato Scarperi. «Si è giunti al 2015 con l’aggiornamento dei Lea, i livelli essenziali di assistenza, che hanno incluso l’endometriosi. E poi c’è la giornata mondiale dedicata all’endometriosi il 28 marzo, utile a sensibilizzare e a supportare le pazienti».

Non è solo un mal di pancia

Se considerevole è l’impatto della malattia dal punto di vista medico, non può essere trascurato l’aspetto psicologico, a partire dalla comunicazione medico-paziente, che può portare a uno stato di rassegnazione al presentarsi della diagnosi.

«Ho raccolto alcune delle frasi riportate dalle pazienti prima della diagnosi. E sono generalmente queste: “Quante storie per un mal di pancia”, “Hai una bassa soglia del dolore”, “Esagerata, nessuno è mai morta per i dolori del ciclo”, “Faccia un figlio e guarirà” – ha sottolineato Paola Ferrari, psicologa clinica e psicoterapeuta, attiva all’interno dell’Associazione Progetto Endometriosi -. In realtà non è affatto normale soffrire così».

Paola Ferrari, psicologa clinica e psicoterapeuta,

Al dolore fisico si aggiunge anche il non sentirsi credute e capite: «L’ansia da ciclo crea un dolore mentale che impatta anche poi a livello fisico. Ci si sente delle finte malate, si pensa di essere esagerate. A scuola i professori a volte minimizzano. Bisognerebbe invece cercare di capire cosa porta la ragazza a provare così tanto dolore e combattere la normalizzazione del dolore femminile».

Portare l’endometriosi nel nostro parlato, aumentare la divulgazione, diffondere le informazioni, sensibilizzare quindi la società all’argomento aiuta anche ad avere un riconoscimento della malattia più tempestivo.

Il lavoro dello psicologo dunque può essere un grandissimo aiuto nell’affrontare la malattia: «Considerando che l’endometriosi irrompe prepotentemente, dobbiamo imparare ad ascoltare le risposte del nostro corpo – ha concluso Ferrari -. Occorre dare dignità alle emozioni, riconoscerne il loro senso, restituire il loro valore per la salute, creare un nuovo equilibrio bio-psichico e ridare nuova vita alla femminilità, aiutando la ragazza a riscoprire cosa le fa stare bene, oltre la malattia».

© RIPRODUZIONE RISERVATA