Un percorso lungo più di ottocento anni all’interno della storia dell’arte, che comprende il periodo bizantino del dipinto Madonna con bambino (1290-1295) fino ad arrivare al collage fotografico di Silvia Giambrone Il pizzo (2012). L’obiettivo della selezione di opere di Al Femminilemostra curata da Fondazione Cariverona in collaborazione con Urbs Picta – è stato quello di porre la rappresentazione artistica delle donne al centro del dibattito culturale, osservando il cambiamento della sua iconografia con il procedere della storia. Un viaggio anche fortemente legato al nostro territorio, in quanto all’interno dell’allestimento erano presenti quadri di artisti veronesi come il Ritratto di giovane donna di Angelo dall’Oca Bianca.

Il dietro le quinte della guerra

L’esposizione perciò non poteva non partire con il dipinto di Domenico Scattola Giulietta nel prendere il sonnifero (1846), raffigurante l’amante di Romeo nel tragico atto prima del suicidio. L’immagine femminile in questo caso assume un duplice ruolo, come spiegato dalla guida Alessia Rodighiero: se da un lato infatti Giulietta è simbolo dell’amore drammatico e perduto, dall’altro la sua rappresentazione giovanile e fanciullesca coincide con lo storicismo dell’epoca, caratterizzato dai moti rivoluzionari che avrebbero travolto il popolo italiano a breve.

La guida Alessia Rodeghiero di Urbs Picta durante la visita guidata, davanti al quadro di Domenico Scattola Giulietta nel prendere il sonnifero (1846). Foto di Emanuele Antolini.

Un fil rouge di Al femminile è sembrato proprio quello di voler mettere in risalto il ruolo della donna nei periodi di profondo cambiamento per l’Italia, relegato il più delle volte a figura di contorno. Uno dei quadri più emblematici e struggenti da questo punto di vista è stato L’uliveto di Ettore Beraldini, che pone al centro del dipinto una donna intenta a sfilarsi la fede nuziale: un gesto rappresentativo del 18 dicembre 1935, giorno in cui gli italiani furono costretti a cedere i loro anelli per il bene della patria.

Donne e sacrificio

Sempre di Beraldini, La canzone del Piave invece entra nell’intimità della mura di una casa popolare mostrando il canto da parte di tre figure femminili diverse: una bambina simbolo dell’innocenza, una donna matura e una anziana ormai rassegnate al loro destino, un’allegoria della perdita sofferta dello spazio domestico.

Donne perciò votate al sacrificio, destinate al dolore della scomparsa dei propri cari, figure che si estendono nell’iconografia cristiana dei quadri presenti nella mostra, quali Madonna con bambino di un artista anonimo di ambito fiorentino (1290-1295) e Maddalena penitente (1697) di Giovan Gioseffo Dal Sole, tela quest’ultima che si discosta dalla classicità della rappresentazione della Maddalena per far spazio a una femminilità prosperosa.

Il presente e il futuro come lotta per i propri diritti

Alcune partecipanti alla due giorni di approfondimento dedicata alla rappresentazione della donna nell’arte all’interno della collezione di Fondazione Cariverona, foto Urbs Picta.

Il percorso nelle due sale Basaldella e Polifunzionale si è concluso con Il pizzo di Silvia Giambrone, unica opera di tutta la mostra realizzata da una donna. È interessante notare come Il pizzo non sia un dipinto, ma un collage fotografico fortemente allegorico. La protagonista è la madre di Silvia Giambrone nel servizio del suo matrimonio a cui sono state ritagliate sopra il viso dei pezzi di pizzo blu.

Un simbolo, spiega Rodighiero, che ha un triplice significato: «Il pizzo rappresenta la sensualità femminile, una tecnica di lavorazione che veniva ricercata nella donna, ma il pizzo qui è inteso anche come pagamento», significato che Giambrone avvicina al matrimonio inteso come estorsione, condizione obbligata affinché la donna possa assumere un ruolo sociale. Una scelta che racchiude il senso contemporaneo della fotografia, un’istantanea raffigurante un’epoca – quella del matrimonio come costrizione sociale – ormai passata, suggerendo una progressiva regressione post-ideologica della mascolinità.

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