Se la violenza di genere si fa “smart”
Il progetto europeo DeStalk avvia una campagna di sensibilizzazione su stalkerware e cyberviolenza contro le donne, per combattere il fenomeno e formare consapevolezza comune a tutela di chi subisce violenza.
Il progetto europeo DeStalk avvia una campagna di sensibilizzazione su stalkerware e cyberviolenza contro le donne, per combattere il fenomeno e formare consapevolezza comune a tutela di chi subisce violenza.
In un periodo storico in cui più o meno tutti ci muoviamo come pedine virtuali in quel regno del possibile chiamato Internet, ciò che accade online non rimane (solo) online. L’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere segnala che in Europa una donna su dieci ha già subito violenza informatica all’età di 15 anni, sette donne su dieci sono state controllate e attaccate attraverso cyberstalking. Reati che, a dispetto di ciò che alcuni potrebbero credere, hanno forti conseguenze sulla vita personale e non-virtuale delle vittime.
I reati informatici di violenza di genere sono una problematica socioculturale emersa già da un paio di anni, le cui declinazioni – molestie sessuali, bullismo di genere, cyberstalking, utilizzo non consensuale di immagini intime, stalkerware (app di controllo installate di nascosto nei telefoni) – sono in rapida diffusione.
Il progetto europeo DeStalk nasce a contrasto della cyberviolenza e della sua espansione, proponendo un capillare programma volto alla sensibilizzazione e alla consapevolezza comune riguardo ai meccanismi del fenomeno e alla formazione delle professioniste e dei professionisti dei Centri antiviolenza e Centri per il trattamento di uomini autori di violenza e di Enti e Istituzioni locali.
DeStalk riunisce cinque partner europei – WWP European Network, Fundación Blanquerna, Kaspersky, Una Casa per l’Uomo di Treviso e la Regione Veneto – in collaborazione con la Coalition Against Stalkerware, coinvolgendo la rete dei centri antiviolenza D.i.Re. e la rete dei centri per uomini autori di violenza di genere Relive.
«Centri e istituzioni stanno adeguando la loro risposta a una violenza che si fa sempre più “smart”», afferma Dimitra Mintsidis, Financial e Project Manager della WWP European Network, segnalando che i dispositivi e gli strumenti informatici danno la possibilità agli autori di violenza di arrivare ad agire in ambiti prima inaccessibili o inesistenti, potenziando di fatto gli abusi e le violenze.
Se è vero che l’uso delle tecnologie e delle loro risorse è cosa ormai perfettamente integrata nelle vite quotidiane di tutti, è altrettanto vero che i rischi e la violenza di determinate azioni informatiche sono fenomeni ancora opachi e scivolosi agli occhi di ampia parte della popolazione italiana, e non solo.
A sostegno del proprio obiettivo, il progetto DeStalk è sviluppato in tre tappe cardine. Già a ottobre 2021 si è aperto online un corso rivolto a chi ogni giorno lavora nei servizi antiviolenza: oltre 300 professioniste e professionisti dei Centri antiviolenza, dei Centri per uomini autori di violenza e delle pubbliche amministrazioni hanno ampliato e approfondito la conoscenza del fenomeno, acquisendo ulteriori competenze nel riconoscere e fermare l’uso della cyberviolenza e dello stalkerware. A settembre 2021 è stata ulteriormente potenziata la formazione con l’organizzazione di 6 workshop dedicati a operatrici e operatori di settore, oltre a forze dell’ordine e altre istituzioni interessate al tema. La terza parte è, invece, orientata ad aumentare la consapevolezza di chi subisce cyberviolenza, di chi la esercita e di chi sta loro attorno, attraverso una campagna online di sensibilizzazione sul fenomeno.
A seguito del primo evento della campagna di sensibilizzazione del 22 ottobre scorso su «La violenza online: come riconoscerla e come difendersi», il 16 dicembre dalle 9.30 alle 12.30 si terrà in diretta streaming l’evento europeo «Affrontare la dimensione digitale della violenza sulle donne» sugli strumenti, le sfide, i passi in avanti per creare una conoscenza comune sulla violenza di genere online. Ci sarà, inoltre, un dibattito circa la soluzione complessa che un fenomeno così complesso richiede, oltre alla presentazione delle linee guida del Consiglio d’Europa alla lotta contro la violenza di genere online.
L’inizio della pandemia e le sue implicazioni hanno segnato un momento cruciale nella diffusione della variante digitale della violenza di genere. La crescita esponenziale e l’implementazione dell’uso di risorse informatiche e, quindi, della vita virtuale, ha portato a convertire le azioni quotidiane della vita “reale” in azioni prevalentemente informatiche, compreso l’agire di controllo e violenza sulle donne. La scoperta di soluzioni informatiche e la capacità di usarle a scopi abusanti permane, però, anche in un periodo più o meno post-pandemico come quello attuale.
«Il 2021 è stato il primo anno in cui è stata inserita la cyberviolenza tra le forme di violenza che vengono rilevate a livello statistico dalla Regione del Veneto, mentre a livello nazionale i dati sulle forme di violenza digitali non sono scorporabili da quelli sulle forme di violenza “offline”», segnala Elena Gajotto della cooperativa sociale partner del progetto Una Casa per l’Uomo. Tuttavia, aggiunge Gajotto, «la rilevazione del fenomeno è ancora un problema, per questo anche noi abbiamo pochi dati statistici pubblici sui quali lavorare. Questo è dovuto al fatto che si tratta di un fenomeno il cui corretto riconoscimento e classificazione possono essere difficoltosi, ma ciò non vuol dire che il fenomeno non esista.»
Il report “Lo stato dello stalkerware 2021” di Kaspersky, azienda specializzata nella produzione di software per la sicurezza informatica e partner del progetto, segnala che nel 2021 611 utenti italiane dei sistemi di sicurezza dell’azienda sono state spiate o controllate senza il loro consenso, ma membri della Coalition Against Stalkerware stimano che la cifra possa essere almeno 30 volte più alta.
Non solo a livello statistico la rilevazione del problema è complessa, anche – e soprattutto – per chi è vittima di cyberviolenza prendere coscienza di esserlo è un processo complicato e delicato. “Nel caso di stalkerware, capire di avere un’app spiainstallata a propria insaputa nel telefono non è facile, come non lo è essere in grado di tutelarsi da intrusioni online. Per questo la rete dei Centri e la Polizia Postale possono essere di grande aiuto a tutela delle donne. Al contempo, è importante far capire che ciò che avviene virtualmente è di fatto un’azione concreta con effetti reali, sia in termini di impatto sulla sfera della persona che subisce l’abuso, che di implicazioni legali per chi lo agisce”, spiega Dimitra Mintsidis. «Dare il giusto nome alle cose è un passo importante nella creazione di cultura e nella costruzione di una risposta coordinata», aggiunge Mintsidis.
Chiamare questi fenomeni con il proprio nome fonda la lucidità mentale e culturale per identificarli e riconoscerli correttamente, quindi tutelarsene e combatterli. La stessa la terminologia usata dalla società per riferirsi a questi fenomeni ne rispecchia la comprensione offuscata: Elena Gajotto pone l’accento sul comunemente usato termine “revenge porn”, spiegando come il termine sia una distorsione della realtà poiché sottintende che la donna vittima abbia fatto qualcosa di sbagliato all’autore, da cui la “vendetta”, e che l’oggetto fosse pornografia, mentre erano momenti di intimità.
Generando capacità di distinzione tra comuni elementi informatici e violenze informatiche o tra relazioni affettive e relazioni di controllo, DeStalk si realizza fornendo strumenti di conoscenza e corretta interpretazione per contribuire a una consapevolezza comune che destrutturi la logica socioculturale della violenza di genere.
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