Presentata in diverse città d’Italia, la 32esima edizione del dossier immigrazione – realizzata dal Centro Studi e Ricerche IDOS in collaborazione con il Centro Studi Confronti e l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V” – analizza il quadro dell’immigrazione in Italia alla fine del 2021.

A Verona se n’è parlato in Sala Africa dei comboniani giovedì 28 ottobre. Un focus regionale e locale ha permesso di inquadrare il fenomeno migratorio da diversi punti di vista, grazie anche all’analisi della sociologa Gloria Albertini che ha curato, insieme agli altri cento autori, l’edizione veneta del report.

«Un dossier di cui si ha grande bisogno – ha esordito Jessica Cugini, parte della Rete! promossa da Damiano Tommasi ed esperta di temi di immigrazione -, in tempi in cui c’è la necessità estrema di leggere la realtà sempre più complessa che ci circonda. Con 79mila arrivi solo da inizio anno. Temi come sicurezza e ordine saranno associati sempre più a livello di politica nazionale ai temi migratori».

L’isola Europa che sempre più necessita di immigrazione

Se si pensa ai 17 muri che circondano l’Europa, quella del nostro Continente è “la più grande comunità recintata del pianeta”, protetta da una fitta schiera di barriere terrestri, sbarramenti marittimi e muri artificiali, eretti a protezione dei quasi 1,4 miliardi di persone che lì vivono, il 17,3% della popolazione planetaria.

Eppure in Italia gli stranieri incidono più tra i lavoratori (10,0%: 2.257.000 occupati su un totale nazionale di oltre 22,5 milioni nel 2021) che tra la popolazione nel suo complesso (8,8%: 5.194.000 residenti su una popolazione totale di 59 milioni) e, rispetto al 2020, tra gli occupati sono cresciuti del 2,4%.

Inoltre, sebbene siano impiegati per un numero di ore più basso rispetto a quelle che sarebbero disponibili a lavorare (il 19,6% degli occupati stranieri lavora in part time involontario – il 30,6% tra le sole donne – contro 10,4% degli italiani) e in lavori demansionati rispetto al livello di formazione acquisito (ben il 63,8% svolge professioni non qualificate o operaie e la quota di sovraistruiti è del 32,8% – 42,5% tra le sole donne – contro il 25,0% degli italiani), continuano a sostenere in misura rilevante l’economia nazionale.

Segregazione occupazionale

Persone che non sono nate nel posto dove si trovano sono una presenza necessaria nonostante la precarietà. Gli immigrati svolgono un’ampia gamma di lavori imprescindibili: sono il 15,3% degli occupati nel settore degli alberghi/ristoranti, il 15,5% nelle costruzioni, il 18,0% in agricoltura e ben il 64,2% nei servizi alle famiglie, dove quasi i due terzi degli addetti sono stranieri. Tutti settori che, in assenza di manodopera straniera, entrerebbero in profonda crisi.

Nel caso dell’assistenza alle persone, la gran parte delle famiglie italiane con anziani, minori o disabili sarebbero più sole e prive di aiuto.

Contribuiscono in maniera irrinunciabile al benessere collettivo ma ne restano sempre più esclusi. Nel 2021 gli stranieri in condizione di povertà assoluta sono saliti, in Italia, a oltre 1 milione e 600mila (+100.000 rispetto al 2020), il 32,4% di tutti quelli residenti in Italia, una quota oltre 4 volte superiore a quella degli italiani (7,2%).

Immigrazione in Veneto e a Verona nel 2021 per Idos a cura del Cestim Verona

3C: conflitti, clima e Covid

I fattori chiave per comprendere le migrazioni contemporanee sono abbastanza ovvi ma non scontati. Dei 32 conflitti nel mondo, dei quali 17 ad alta intensità, si è aggiunta a fine febbraio 2022 la guerra tra Russia e Ucraina, che a fine settembre 2022 aveva già spinto 7,4 milioni di profughi ucraini nei Paesi Ue.

Le crisi ambientali, provocate in gran parte dal cambiamento climatico, nel solo 2021 hanno generato 24 milioni di sfollati interni. Secondo la Banca mondiale, entro il 2050 i migranti ambientali, in fuga dai disastri ambientali causati dal cambiamento climatico, potrebbero arrivare a 220 milioni di persone.

Accoglienza all’Ucraina, luci e ombre

Tre settimane dopo la decisione dell’Ue di attivare per la prima volta la Direttiva n. 55 del 2001 sulla “concessione della protezione temporanea” per i profughi ucraini in fuga dalla guerra, l’Italia con il Dpcm del 28 marzo 2022 ha introdotto rilevanti innovazioni nell’accesso degli ucraini alla protezione e all’accoglienza.

Le grandi novità sperimentate per la prima volta dal nostro Paese sono state diverse. In primo luogo, sono caduti i vincoli relativi all’integrazione sociale.

Ai profughi dall’Ucraina è stato riconosciuto fin da subito il diritto di scegliere la città (o il Paese europeo) in cui fermarsi, cercare un lavoro, affittare un alloggio, iscrivere i figli a scuola, accedere al Sistema sanitario nazionale e ricevere cure e vaccinazioni: un passo avanti di grande rilievo nell’accesso ai diritti sociali e che andrebbe esteso a tutti i profughi e richiedenti asilo, nell’interesse non solo loro ma di tutta la società.

Secondo i dati della Protezione civile a Verona sono stati accolti 2.152 persone che hanno ricevuto la protezione temporanea (su 161.684) e 1.691 hanno ottenuto un contributo di sostentamento (1,4%). Al fianco di Gloria Albertini sono intervenuti a Verona Francesca Cucchi e Andrea Trevisan per raccontare l’esperienza dello Sportello integrazione (Cir) scaligero e il cosiddetto “modello ucraino” che può essere un buon esempio da seguire dato che non è successo nulla di simile almeno negli ultimi 20 anni in Italia.

In Italia le oltre 150mila persone in fuga dalla guerra hanno goduto di una normativa finora mai attuata per i rifugiati in Italia, ma sono state accolte soprattutto dai connazionali residenti nel Paese, mentre dopo 6 mesi meno di 14mila hanno un posto nel Sistema di accoglienza e integrazione (Sai).

Delude l’ospitalità “diffusa” nelle famiglie: 287 contro quasi 6mila posti disponibili. La causa? Un’impostazione burocratica ed emergenziale che ha vanificato le buone intenzioni. E che va superata, per tutti i profughi.

Gli immigrati residenti nella provincia di Verona

Si tratta di una componente stabile della popolazione: il 12,5%, che sale al 15,4% se ci si riferisce al solo Comune di Verona. Le percentuali, elaborate dal Cestim (Centro studi immigrazione) su dati Istat, si riferiscono all’inizio del 2022. I numeri confermano anche un secondo aspetto: la popolazione immigrata è strutturalmente più giovane rispetto alla popolazione di cittadinanza italiana. L’80% degli stranieri ha meno di 50 anni, percentuale
che per gli italiani arriva al 51%.

A inizio 2022 gli immigrati residenti nei 98 comuni della provincia di Verona risultano essere 115.708 su 927.108 residenti complessivi, il 12,5%. Gli immigrati residenti sono aumentati di 374 persone rispetto a inizio 2021 (+0,3%). Le femmine sono 57.798 (49,9%) mentre i maschi sono 57.910. Nel comune di Verona risiedono 39.644 immigrati (15,4% pop.), con un aumento di 178 persone rispetto a inizio anno (+9,2%)1. Solo a San Bonifacio sono 4mila gli stranieri residenti.

A inizio 2021 nell’ordine le prime nazionalità sono: Romania (33.566), Marocco (13.670), Sri Lanka (10.167), Moldova (6.599), Albania (6.412), India (5.828), Cina (4.728), Nigeria (4.046), Ghana (2.335) e Brasile (2.088).

Un breve video riassume la 32esima edizione del dossier statistico immigrazione 2022:

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