Chi nella propria vita ha avuto modo di rivolgersi a un nutrizionista, un dietista o comunque un professionista della nutrizione per un miglioramento della propria alimentazione si è spesso confrontato con uno strumento conosciuto come diario alimentare.

Il diario alimentare, nelle sue varie forme e sfaccettature, è volto principalmente al monitoraggio e al controllo dell’alimentazione. Possiamo immaginarlo come un vero e proprio diario o come uno schema suddiviso in righe e colonne in cui si prende nota di tutti gli alimenti e le bevande assunti nell’arco della settimana. Attraverso la descrizione dei cibi consumati durante e fuori dai pasti, il numero e l’ora dei pasti giornalieri, lo specialista è in grado di studiare il piano più adatto per la persona, tenendo conto delle proprie abitudini.

Questo è uno strumento che però può essere utilizzato anche nella psicologia dell’alimentazione, con alcune opportune modifiche. In un percorso terapeutico infatti le nozioni puramente quantitative o caloriche sul cibo contano poco, essendo queste di diretto interesse di nutrizionisti e dietisti. La parte rilevante infatti in un percorso psicologico è quella emozionale.

Nel lavoro con lo psicologo potrebbe essere chiesto  di riportare le emozioni provate prima, durate e dopo il pasto, il contesto in cui viene consumato, lo stato d’animo che ne consegue. Ciò si rivela molto utile per comprendere il rapporto che il soggetto instaura con il cibo e per comprenderne al meglio i sentimenti. Il diario alimentare, inoltre, rappresenta un punto di riferimento che aiuta ad individuare gli schemi del comportamento alimentare che si ripetono e che possono rappresentare un problema.

Questo strumento può rivelarsi molto utile, ad esempio, nei casi di DCA, in cui, attraverso l’automonitoraggio, il soggetto si renderà consapevole delle situazioni e dei comportamenti a rischio.

Molti terapeuti, infatti, decidono di mettere in atto programmi terapeutici che prevedono l’utilizzo di un diario alimentare creato sulla soggettività dell’individuo. Durante il percorso, il terapeuta, aiuterà la persona a trovare delle possibili alternative legate a schemi disfunzionali riguardanti l’alimentazione, dopodiché il soggetto potrà cominciare ad annotare sul proprio diario alimentare tutte le circostanze in cui è riuscito a controllare o diminuire la presenza di schemi sbagliati o quante volte quest’ultimi si sono manifestati durante la settimana.

Come detto la parte emozionale di questo strumento è fondamentale. Le emozioni del soggetto legate alle abitudini alimentari e all’utilizzo di un diario alimentare rappresentano il pilastro da cui partire per modificarne gli schemi disfunzionali e condurlo verso una consapevolezza interiore riguardante l’importanza dei meccanismi di pensiero ed emotivi alla base del comportamento alimentare.

Affinché questo tipo di programma terapeutico sia efficace, è necessario accompagnare il soggetto lungo un percorso improntato sulla visione di sé, su come funzionano quei comportamenti e quelle abitudini che sfociano poi in disturbi del comportamento alimentare. I sentimenti, il vissuto, le reazioni che precedono o susseguono uno schema che va ad intaccare la quotidianità della persona, rappresentano fattori fondamentali per la riuscita del percorso intrapreso.

Un diario alimentare così strutturato, accompagnato da un percorso terapeutico personalizzato, può aiutare a modificare il proprio atteggiamento nei confronti del cibo, mettendo in atto atteggiamenti e comportamenti che possono perdurare nel tempo e sostenuti da una più solida percezione di sé.

© RIPRODUZIONE RISERVATA