Quando l’immagine (corporea) va in vacanza
La stagione estiva può rappresentare un periodo di enorme disagio per chi soffre di disturbo del comportamento alimentare. Cosa fare allora?
La stagione estiva può rappresentare un periodo di enorme disagio per chi soffre di disturbo del comportamento alimentare. Cosa fare allora?
Con il periodo estivo, per molte persone si avvicina il momento di andare in vacanza, fare gite, escursioni, giornate al mare, al lago oppure in montagna. È il periodo in cui, soprattutto per i più giovani, si scoprono posti nuovi, si fanno nuove amicizie, si sta svegli fino all’alba e si fanno esperienze indimenticabili. Questo tipo di esperienze però potrebbero non essere vissute con spensieratezza da tutti.
Per chi soffre di un disturbo del comportamento alimentare infatti passare un periodo, più breve o più lungo, fuori dalle mura domestiche, può risultare veramente difficoltoso, se non impossibile.
Il controllo è spesso una variabile di primaria importanza per chi ha un rapporto difficile con il cibo, sia che si tratti di controllo del peso, delle calorie assunte, della qualità del cibo ingerito oppure delle ore passate a svolgere i più diversi tipi di attività fisica.
La possibilità di controllare gli aspetti elencati viene meno, o diventa particolarmente complesso nel momento in cui non ci si trova nella propria casa, che il più delle volte viene vissuta come una “zona di comfort”, dato che mette a disposizione tutti gli strumenti necessari per reiterare i comportamenti alimentari disfunzionali.
In una situazione di questo tipo è facile pensare che possano insorgere pensieri ricorrenti legati all’alimentazione e alla sensazione di impotenza provata in contesti sociali, come quello appunto delle vacanze estive.
Andare in vacanza può essere un’esperienza negativa, per chi ha un disturbo del comportamento alimentare, anche per altre motivazioni, che si discostano dal fattore “controllo”: trattandosi infatti di un disagio che oltre al rapporto con il cibo influenza negativamente anche l’esperienza con il proprio corpo, è facile immaginare che il tempo passato, ad esempio, in spiaggia, potrebbe rappresentare per la persona un momento di forte sconforto e disagio.
Agli occhi del senso comune può essere difficile comprendere come una ricorrenza, che per la maggior parte delle persone è splendida, possa diventare per alcuni perfino buia e traumatica.
È molto difficile per una persona che soffre di DCA non avere più pensieri o comportamenti disfunzionali; è un cambiamento che richiede sforzo e spesso l’aiuto di figure professionali.
È possibile, però, tentare di comprendere, ascoltare, non criticare e lasciare che una persona faccia il proprio percorso, portandola a sentirsi accolta e non giudicata.
È proprio il “non giudizio” la chiave di lettura che può permettere di rendere piacevole anche un’esperienza difficile come le vacanze: questo può agevolare moltissimo un percorso di cambiamento, in quanto un periodo vissuto fuori casa, con nuovi stimoli, aiuta a distaccarsi da alcune azioni negative messe in atto in maniera schematica e controllata.
Allontanarsi da un ambiente in cui sono sorte delle problematiche è un fattore che aiuta a prendere le distanze dalle problematiche stesse.
Vivere, dal punto di vista emozionale, in modo positivo un’esperienza simile favorisce l’interiorizzazione dell’idea che provare nuove attività è possibile, come è possibile distaccarsi, anche se per poco, da un sé controllato e rigido.
Tutto ciò potrebbe, quindi, rappresentare un passo, piccolo ma fondamentale, verso nuove visioni e consapevolezze.
© RIPRODUZIONE RISERVATA