Cinque mesi di guerra
Sono passati più di cinque mesi da quel 24 febbraio, giorno in cui la Russia di Putin ha attaccato l'Ucraina con la sua "operazione speciale". Come si è evoluta la guerra da allora ad oggi?
Sono passati più di cinque mesi da quel 24 febbraio, giorno in cui la Russia di Putin ha attaccato l'Ucraina con la sua "operazione speciale". Come si è evoluta la guerra da allora ad oggi?
Sono passati i primi cinque mesi di guerra in Ucraina. Sono più di 150 giorni, e ogni giorno porta le nuove vittime. Dall’inizio dell’invasione russa, secondo il Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, in Ucraina sono già morti 5.237 civili, di cui 307 bambini.
Le perdite tra i militari sono difficili da valutare, anche perché la parte russa le nasconde severamente. Evita di nominare il numero esatto di militari caduti anche Volodymyr Zelensky, che al contrario conosce bene la situazione al fronte. Recentemente ha indicato in una delle sue ultime interviste “circa 30 militari al giorno”.
Il silenzio del Ministero della Difesa russo ha spinto i giornalisti della BBC e un giornale indipendente, “Mediazona”, ad avviare un progetto per contare le vittime accertate tra i militari russi: c’è una lista con sepolture e nomi, e conta già circa 5mila militari. Naturalmente, il numero delle vittime reale sarà molto più grande.
Il capo della CIA (Central Intelligence Agency, USA) parla di 15.000 militari russi ma secondo gli esperti il numero di perdite è ben più alto. La parte ucraina parla di 39.000 morti “occupanti russi”. Per rendere più comprensibili queste cifre basti pensare che durante i dieci anni di guerra in Afghanistan, secondo i dati ufficiali, l’esercito sovietico perse 14.000 persone.
La Russia, che ha ancora la superiorità nell’artiglieria, colpisce ogni giorno le città dell’Ucraina, civili e bambini vengono uccisi. Le foto di bambini uccisi restano nella memoria e portano dolore. Sembra che la Russia non abbia nemmeno intenzione di combattere secondo il diritto bellico: i missili colpiscono edifici residenziali e centri commerciali.
L’Occidente continua il suo sostegno solidale all’Ucraina. La fornitura di armi proveniente dagli Stati Uniti – Gran Bretagna ha un ruolo particolarmente importante. L’arrivo in Ucraina dei primi HIMARS, i lanciarazzi multipli mobili forniti dagli americani, ha cambiato la situazione al fronte. Certamente la Russia non ritirerà le truppe, ma gli esperti dicono che i battaglioni russi abbiano frenato la loro avanzata e che le armi degli USA abbiano causato a Mosca perdite di arsenale e truppe.
Per adesso sono stati forniti dodici HIMARS e altri quattro dovrebbero arrivare nell’immediato futuro. Kiev, però, ne vorrebbe ottenere almeno 60. In ogni caso militari ucraini parlano di una significativa riduzione delle perdite grazie alle nuove armi provenienti dall’Occidente. Per questo l’esercito di Kiev sta tentando di contrattaccare e ora, secondo alcuni rapporti, vuole riprendersi Kherson occupata dai russi. Fonti ucraine parlano peraltro già della liberazione di alcuni villaggi nella stessa regione di Kherson e che l’esercito ucraino è riuscito a “circondare” i gruppi di militari russi della zona.
La Russia, invece, vuole consolidare al più presto i suoi “risultati”: si tratta della vera e propria annessione dei territori occupati e già l’11 settembre è in programma un referendum per unire questi territori alla Russia (il che rappresenta una violazione di tutte le norme e regole: la gran parte della popolazione non è presente sul territorio, visto che molti sono stati costretti a lasciare le loro case e fuggire in Europa). Per la preparazione dei referendum e il controllo dei territori occupati, i funzionari del Cremlino, guidati dal vicedirettore presidenziale Sergei Kirienko, stanno frequentando da tempo la parte Orientale dell’Ucraina.
Gli obiettivi finali della Russia in questa guerra non sono ancora chiari anche dopo cinque mesi. Il presidente russo e i membri del governo commentano la situazione, cercando di impressionare la comunità internazionale.
“In Ucraina non abbiamo ancora iniziato seriamente”, ha chiarito Vladimir Putin, aggiungendo che è deciso ad andare fino in fondo in Ucraina. Il presidente russo ha detto questa frase parlando davanti ai deputati russi, ma è chiaro che la minaccia è indirizzata all’Occidente.
La settimana scorsa, il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, in un’intervista ad un canale propagandista “Russia Today” ha dichiarato: «Ora la geografia è diversa. È ben lungi dal trattarsi solo della DPR e della LPR (le repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, ndr), si tratta anche della regione di Kherson, la regione di Zaporiggia e una serie di altri territori, e questo processo continua e continua in modo coerente e persistente.»
Inoltre, continua Lavrov, qualora l’Occidente consegnasse razzi a lungo raggio, che hanno una portata fino a 300 km, «gli obiettivi geografici dell’operazione speciale in Ucraina si sposteranno ulteriormente.» Eppure, nonostante le minacce, le autorità russe stanno attraversando evidenti difficoltà.
Sulla televisione di Stato stanno mostrando in questi giorni una pubblicità per il servizio a contratto nell’esercito. Inoltre i carcerati sono stati “invitati” a combattere in Ucraina. Olga Romanova, la direttrice di una ONG che si occupa della tutela di diritti dei carcerati, ha raccontato che “alcuni ospiti importanti” hanno visitato le colonie carcerarie in varie regioni della Russia per offrire ai carcerati di andare a combattere in Ucraina. La preferenza è stata data a coloro che avevano già esperienza militare e alle persone condannate per omicidio. “L’affare” prevede una paga che va da 3.500 a 5.000 euro al mese, nonché la “purificazione” della fedina penale. I candidati sono stati avvertiti che il rischio di morire sarà alto. Come raccontano i carcerati che hanno accettato, i volontari vengono addestrati per solo due settimane dopodiché vengono inviati in Ucraina a sminare i territori o partecipare ai gruppi di assalto.
Putin ha finora evitato la mobilitazione di massa per un motivo semplice: ha paura di perdere il sostegno pubblico della sua “operazione speciale”. Ultimamente secondo i sondaggi chiusi, c’è una chiara tendenza alla diminuzione del sostegno della guerra. Con il tempo cresce la parte della società russa che comincia a perdere la pazienza.
Martedì 26 luglio un gruppo di 106 famiglie russe si è rivolto all’amministrazione presidenziale con una lettera aperta. Sono i parenti dei militari provenienti da varie regioni della Russia, considerati “scomparsi”. “Chiediamo di trovare i nostri figli, mariti e fratelli”: questo è il primo appello di questo genere dall’inizio della guerra.
Ci sono, infine, informazioni sulle gravi difficoltà in termini di armamenti: Putin avrebbe concordato la fornitura di droni dall’Iran, ma le parti hanno smentito questa informazione.
Avendo cessato decisamente le relazioni con “i paesi ostili” ovvero l’Occidente, la Russia è alla ricerca di “amicizie” nell’Est.
Il 20 luglio Putin ha fatto il suo secondo viaggio all’estero dall’inizio della guerra, in Iran. Ciò ha dato l’origine alle osservazioni ironiche dei giornalisti “È andato a studiare l’esperienza di sopravvivenza sotto le sanzioni e isolamento, sarà molto utile”. A Teheran, Putin ha tenuto i colloqui bilaterali con il presidente iraniano Ibrahim Raisi e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
Per la quinta volta Putin ha incontrato l’Ayatollah Khamenei. E proprio il leader spirituale iraniano ha pronunciato parole di sostegno all’invasione russa dell’Ucraina. Il capo religioso ha accusato l’Occidente: “Se Putin non avesse preso l’iniziativa, l’altra parte avrebbe cominciato la guerra di propria iniziativa”.
Durante la visita di Putin a Teheran, la russa Gazprom e la” National Iranian Oil Company” NIOC hanno firmato un memorandum d’intesa e concluso un accordo da 40 miliardi di dollari, che include lo sviluppo di due giacimenti di gas e sei di petrolio.
Le visite del presidente russo all’estero dallo scoppio della guerra in poi – avvenuta in Tagikistan, Turkmenistan e Iran – mostrano al mondo e anche internamente qual è il “nuovo ambiente” del colosso asiatico e del suo massimo rappresentante, ben diverso da quello a cui era abituato nei 21 anni del suo “regno”.
Il “partner strategico” per eccellenza della Russia – ovvero la Cina – non ha l’intenzione di sostenere apertamente la sua aggressione o di aiutarla con le armi. Anzi, la Cina sta cercando di ottenere tutti i possibili benefici dall’attuale conflitto tra la Russia e L’Occidente e mantiene l’evidente neutralità nei confronti della campagna militare russa.
Intanto, le truppe russe continuano a colpire obiettivi non solo militari ma anche civili. Così, dopo Vinnitsa, dove è morta la piccola Liza la cui storia è conosciuta in tutto il mondo, gli attacchi missilistici hanno colpito nuovamente Kharkiv, dove sono stati uccisi e feriti numerosi civili, compresi bambini. Molti hanno visto una foto scattata a Kharkiv, dove il padre tiene la mano del figlio morto a 13 anni alla fermata di un autobus. Conosciamo anche la storia di quest’uomo che non ha lasciato il ragazzo per oltre due ore, tenendolo per mano e pregando.
Non c’è da stupirsi ora che a Kharkiv, la seconda città più grande dell’Ucraina a soli 40 km dal confine russo e dove la popolazione parla principalmente la lingua di Mosca, non ci sia altro che rabbia e odio contro i nemici russi. Questa città fu attaccata nei primi giorni di guerra e i bombardamenti sono continuati per tre mesi di fila, distruggendo buona parte della città, i cui abitanti sono stati costretti a nascondersi nelle cantine o a fuggire negli altri paesi d’Europa.
Chi scrive ha avuto anche la possibilità di conoscere e parlare con i profughi provenienti da Kharkiv, rimanendo molto impressionata dalle loro storie. A marzo si trovavano in Polonia, nelle stazioni ferroviarie e in un centro di accoglienza organizzato dal governo di Varsavia.
Nei loro racconti, oltre la paura dei carri armati vicino le loro case, c’era lo stupore infinito per il fatto stesso di aver subito un attacco dalla Russia, da parte di militari che parlano la loro stessa lingua. In Polonia abbiamo incontrato anche una donna anziana, in camicetta e berretto, con gli occhi pieni di dolore e lacrime. ”Perché ci stanno uccidendo?” disse. “Siamo stati insieme per tutta la vita, siamo stati amici da una vita, abbiamo il passato in comune”.
Ora, dopo qualche giorno di tregua, gli attacchi su Kharkiv sono ricominciati e la popolazione è di nuovo terrorizzata. Gli esperti ritengono che questa sia una tattica deliberata della Russia per costringere i cittadini a fare pressione sulle autorità, in modo che accettino le pretese territoriali del nemico e facciano concessioni al solo scopo di fermare le ostilità, che causano gravi sofferenze alla popolazione.
Sabato sono stati bombardati obiettivi nel porto di Odessa e questo episodio ha attirato particolare attenzione dei media e nella comunità internazionale. Solo dodici ore prima del bombardamento erano stati firmati in Turchia i tanto attesi “accordi sul grano”. La parte russa, rappresentata dallo stesso ministro della Difesa Sergej Shoigu si è impegnata a non attaccare l’infrastruttura portuale, utilizzata per esportare il grano da Odessa e dagli altri due porti ucraini sul Mar Nero. L’esercito russo ha lanciato quattro missili, due dei quali hanno colpito bersagli nel porto. I giornalisti ed esperti stanno cercando di trovare una spiegazione logica del comportamento della Russia, per adesso senza tanto successo.
Il raggiungimento di un accordo tra le parti sull’esportazione di grano ucraino dai porti del Mar Nero è stato raggiunto attraverso la mediazione internazionale, dove la Turchia ha svolto un ruolo determinante. Questo è il primo risultato positivo nell’interazione tra la Russia e l’Ucraina per tutti i cinque mesi di guerra.
Le parte hanno firmato due accordi: uno, con la partecipazione di Ucraina, Turchia e ONU, riguarda la possibilità di esportare circa 20 milioni di tonnellate di grano ucraino, mentre il secondo, firmato da Russia, Turchia e ONU, prevede la possibilità di fornitura del grano russo e fertilizzanti russi ai mercati mondiali. L’Onu e la Turchia hanno agito come garanti.
Putin, che, oltre al ricatto del gas, ha anche avviato un vero e proprio “ricatto alimentare” minacciando la sicurezza dei paesi più poveri e privando l’Ucraina di un reddito significativo dalla vendita del grano, all’improvviso ha deciso di accettare questi accordi. Mosca si è infatti resa conto che provocando una crisi alimentare si sarebbe inimicata non solo l’Occidente, ma anche l’Oriente. I partner con cui Putin è stato in contatto ultimamente, infatti – Iran, Turchia, Arabia Saudita – hanno chiarito che la crisi alimentare provocherebbe anche una grave crisi politica e causerebbe destabilizzazione nella periferia meridionale della Russia.
Dopo l’invasione dell’Ucraina Putin ha perso tutti i suoi partner più ricchi e importanti dell’Occidente e adesso è fondamentale mantenere i regimi amichevoli ad Est, e gli conviene aprire i canali per l’esportazione del grano ucraino. Alla firma è stata notata la presenza dell’oligarca Roman Abramovich, il che ha portato molti a pensare che si trattasse di qualcosa di più degli accordi sul grano (all’inizio della guerra, Abramovich ha cercato di stabilire un dialogo su un cessate il fuoco, anche se senza successo).
Tuttavia, fonti ucraine negano ogni possibilità di negoziati con la Russia. La Russia, infatti, non ispira fiducia: il bombardamento del porto di Odessa dopo la firma degli accordi sembra una violazione dello spirito stesso di questi documenti. Però gli esperti militari ritengono che la grande attenzione dell’esercito russo su Odessa non sia casuale: uno degli obiettivi della Russia è quello di chiudere l’accesso al Mar Nero dell’Ucraina.
È molto difficile prevedere l’ulteriore sviluppo della situazione al fronte nelle condizioni della propaganda russa e della guerra dell’informazione. Molti esperti internazionali affermano che la guerra continuerà anche nel 2023. In effetti, al momento non ci sono ancora i prerequisiti per la cessazione del fuoco.
Secondo alcune fonti per la Russia sono possibili due diverse strategie. O trattare con toni da ultimatum l’annessione di territori significativi, che la parte ucraina ovviamente non accetterà o proseguire con una guerra prolungata, che dovrebbe causare “stanchezza” alla popolazione ucraina e alla popolazione europea, che alla lunga vorrà occuparsi dei problemi economici interni, come inflazione e caro energia. La conseguente distruzione della economia dell’Ucraina è benefica per la Russia: tutto il potenziale industriale e agricolo dell’Ucraina è concentrato nell’est e nel centro del paese, cioè nelle zone coinvolte dalle azioni militari.
Per quanto riguarda le attività della Ucraina, molto dipenderà dalla qualità e quantità di armamenti che riceveranno dall’Occidente.
Dopo cinque mesi di guerra restano le domande senza risposte: quando e come finirà la guerra? A quali condizioni si può fermare la guerra o almeno tornare al dialogo? Ci sono possibilità per Russia e Ucraina di scendere al compromesso? E Putin, a che condizioni è pronto a fermare le ostilità?
Tutti i paesi occidentali sostengono l’Ucraina, ma l’approccio di ogni paese ha le sue “sfumature”. Mentre la Polonia e i paesi baltici si dimostrano intransigenti e il Regno Unito è sempre bellicoso e fornisce armi importanti all’Ucraina, altri paesi come la Francia sanno che un giorno e in qualche modo dovranno riprendere a dialogare con Putin e dimostrano di avere un atteggiamento più prudente. Anche per questa ragione è necessaria una chiara posizione politica da parte dell’Unione Europea.
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