Alle elezioni comunali del 12 giugno 2022, in appoggio alla Lista Tosi, si presenta Daniela Drudi per Forza Italia. Un lungo colloquio, per conoscere quale sia la sua visione in merito alla cultura a Verona, in vista di un cambio di rotta a Palazzo Barbieri.

Il suo è un percorso politicamente accidentato: da Verona Domani a Fratelli d’Italia, poi da Verona Domani fino alla Lista Tosi. Il tutto per un posto come assessore alla cultura, come stigmatizza anche un articolo del giornale L’Adige…

«In realtà è tutto molto semplice: sono di cultura democristiana, mi riconosco nei valori del Ppe e ho militato a lungo in Forza Italia, con cui mi ripresento ora, per i suoi valori liberali e garantisti. Mi sono iscritta a Verona Domani nel 2014, fondata peraltro da politici provenienti da Forza Italia. La breve parentesi con FdI è legata a dinamiche politiche ed equilibri consiliari che ho subìto e non gestito. Poiché nei dieci anni in cui sono stata in Iª Circoscrizione ho collaborato con Flavio Tosi con ottimi risultati, ora mi ripresento nella sua squadra per convinzione, mettendo a disposizione le mie competenze e conoscenze in campo culturale.»

Daniela Drudi

Però nel 2012 Tosi non aveva neppure nominato un assessore alla cultura…

«Credo che Flavio abbia molto meditato durante questa “traversata nel deserto”. Ha maturato una visione più organica e chiara, tanto che ha formato una squadra che si occupa dei vari temi divenuti parte del suo programma, tra cui la cultura.»

Maturando quali impressioni?

«A Verona il sistema cultura è immobile. Emblematico è il caso della casa di Giulietta, che dopo cinque anni non ha ancora visto risolto il problema degli assembramenti. Poi, tolto qualche congresso, le grandi mostre sono scomparse dalla Gran Guardia. Il Teatro Romano, sotto l’attuale direzione artistica, ha perso la rassegna del teatro shakespeariano, che ci dava lustro in termini di risonanza e partecipazione, per una programmazione poco attrattiva e poco caratterizzata.

Così è per l’Arena: da teatro della lirica in competizione con realtà come Salisburgo è diventato contenitore di eventi pop, che attirano un pubblico che non restituisce economicamente granché alla città, mentre prima i melomani teutonici arrivavano a comprare casa sul lago per godersi gli eventi areniani. Bisogna quindi che la città recuperi la sua identità, attraverso magari l’esempio di Salisburgo, che al cartellone classico degli eventi contestualmente coniuga concerti per la città dei solisti coinvolti. E bisogna tornare a fare musica e arte in modo diffuso, oltre i soliti due contenitori. Riprendere il progetto dell’Arsenale, molto contrastato all’epoca.»

Nell’era Tosi i centri commerciali nascevano come funghi e si temeva che l’Arsenale potesse fare la stessa fine…

«All’epoca lo pensavo anch’io, ma credo sia stato essenzialmente un problema di comunicazione alla città: l’idea presentata per punti dall’architetto Arnaldo Caleffi – all’epoca assessore all’urbanistica nella giunta Tosi – che si fonda su un project financing, ora credo sia la più fattibile e sostenibile anche per le casse del Comune. Sempre meglio di quanto stia facendo l’attuale giunta che, in mancanza di idee sul contenuto, si sta limitando a ripararne i tetti. In più c’è la questione Camploy…»

Ovvero? 

«La proposta sul tavolo è di privatizzarlo, per superare un conflitto tra compagnie amatoriali e professioniste, che si contendono le serate migliori. Invece, anche qui, ci vuole una direzione artistica del teatro e non la sua semplice concessione a richiesta. Una direzione artistica che tenga conto delle esigenze di tutti, non dimenticando che ci sono compagnie amatoriali di qualità che rivendicano di aver gestito il teatro in quasi solitudine durante la pandemia.

Flavio Tosi e Daniela Drudi

Lo stesso vale per il teatro nei cortili: bisogna rivedere i regolamenti nell’ottica dell’equilibrio delle parti coinvolte. Gli spazi ci sono, ma serve progettualità. Abbiamo visto come un evento spot, il maldestro tentativo di portare Celentano al Camploy, sia stato un mezzo disastro, col risultato poi di dirottare molte compagnie per quasi una stagione nei teatri di quartiere, che hanno meno visibilità.»

Poi c’è anche Biblioteca civica: finita quasi la bonifica, adesso si sta sistemando gli impianti antincendio, di areazione, illuminazione ed elettrici…

«Un altro punto è la situazione delle biblioteche: lasciamo da parte gli attuali lavori alla Civica, che la rendono poco utilizzabile. Di fatto però abbiamo un tessuto di biblioteche pubbliche di quartiere e private spesso poco conosciute e valorizzate, tanto che anche il sistema di ricerca web dei volumi non comunica a livello nazionale ma solo locale. Bisogna mettere in comunicazione e in risalto questo mondo fatto di grandi e piccoli tesori, passando dalla nota Capitolare alla piccola Biblioteca Leopoldina Naudet, per dirne un paio. Magari con eventi legati al libro sul modello del Festivaletteratura di Mantova, con un taglio che dia risalto all’editoria veronese.» 

Oltre a Castel San Pietro, sono diversi gli spazio del patrimonio cittadino cui manca una destinazione. Che ne pensa?

«Credo che il patrimonio veronese vada valorizzato e non mi riferisco solo ai contenitori, ma pure agli artisti che, sconosciuti a Verona, sono invece celebrati altrove, come successo a Renato Birolli a San Marino. Al momento stiamo ragionando su due ipotesi: un museo civico unico, oppure un museo “diffuso” che veda la storia Romana a Castel San Pietro, il periodo medioevale ai Palazzi scaligeri, e all’Arsernale il periodo asburgico, che ha lasciato una traccia indelebile e di qualità sulla città. Nei Palazzi scaligeri, oltre al periodo medioevale, si potrebbe inserire anche lo sfondo shakespeariano di Giulietta e Romeo: Shakespeare ambienta la sua tragedia proprio in quest’epoca, durante la signoria scaligera».

Uno scorcio di Castel San Pietro a Verona. Foto: Chiara Cappellina

«Tutto questo però ha senso solo se facciamo un passo ulteriore: riportare a Verona il turismo straniero attraverso una comunicazione web professionale, che proponga al turista europeo e mondiale più percorsi e possibilità tagliati sulle sue esigenze. Turisti mordi e fuggi, da notte in b&b, magari per l’evento singolo in Arena: questo tipo di turismo non valorizza la città né è soddisfacente dal punto di vista economico per la sostenibilità di una proposta culturale ampia e di qualità.»

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