Nella settimana precedente a Verona-Milan se ne sono dette di tutti i colori. Dalle preghiere sui profili social dei giocatori del Verona provenienti dalla Milano nerazzurra allo spauracchio eterno della Fatal Verona (che certo non si cancella con una partita), passando per le preoccupazioni per l’ordine pubblico dentro e fuori dal Bentegodi, espresse persino dal sindaco Sboarina. 

Tra speculazioni sul palazzo, numeri a capocchia e paralleli improbabili qualcosa di sensato è però stato detto: il Verona avrebbe giocato senza pressione, concentrato sulla partita e con in mente solo l’opportunità di essere protagonisti, ancora una volta, della storia.

Non è andata bene – peccato – ma è quasi superfluo dire che a questi ragazzi non si può muovere alcuna critica sul piano dell’impegno e della professionalità. A prescindere dal risultato hanno posto le condizioni per un’altra serata magica al Bentegodi. Se il Verona oggi è considerato una forza con cui fare i conti e riesce a togliere il sonno alle corazzate, il merito è soprattutto loro.

Il calcio, a volte, regala dei miracoli che lasciano il segno per generazioni. Sono momenti impossibili in cui le regole della logica saltano, i rapporti di forza sono sospesi e le differenze di fatturato non contano più. Sono i crocevia che determinano la fede di un tifoso, non passano spesso e quando finalmente ne arriva uno bisogna saperlo vivere a pieno.

Il Bentegodi contro il Milan era pronto. Pronto per vivere un altro di questi momenti che hanno la stoffa per diventare leggenda. Non è accaduto, pazienza. Il Milan questa volta non è stato solo troppo forte, ma anche troppo determinato, troppo concentrato, troppo affamato per mollare un centimetro.

Lo spettacolo della Curva Sud nella sfida contro il Milan. Foto di Ernesto Kieffer

Se il Verona sbaglia, il Milan vede rosso

Il Verona, per dirla tutta, non ha centrato la miglior prestazione del campionato. Certamente il valore degli avversari ha inciso moltissimo, ma questo campionato ha mostrato che giocatori cardine come Ilic, Barak e Ceccherini hanno nelle corde prestazioni molto migliori di quella di domenica sera.

Tudor ha preparato una gara di attesa nel primo tempo, cercando di non dare profondità al Milan e di ripartire. Una scelta sensata ma insidiosa: una distrazione o un calo di intensità sono sufficienti per farsi sorprendere, e la gara di attesa può diventare facilmente un assedio.

Dopo il primo spavento, salvato dal fuorigioco di Tonali, il Verona ha stretto i ranghi. Ha fatto la partita che voleva il mister e ha trovato il vantaggio in contropiede con una combinazione classica, tra i due esterni. Poi è salito in cattedra Leao.

Un errore di Caprari sotto pressione, una gestione leggera su calcio d’angolo. Al Milan basta un nulla per sentire l’odore del sangue. Basta mettere Leao in condizione di puntare l’uomo e il gioco è fatto. Casale non ha avuto scampo sul primo gol, Barak – sul secondo – andava a metà della velocità del portoghese, con la differenza che quest’ultimo aveva la palla al piede. Un confronto impietoso.

La differenza è (anche) in panchina

L’ultimo tassello della vittoria milanista è venuto dalle panchine. Ancora una volta i cambi del Verona non hanno saputo mantenere il livello delle prime linee. Non è certo una novità, e nel calcio dei cinque cambi questo aspetto è un regalo alle grandi.

De Paoli, entrato al posto di Faraoni, non ha sfigurato, mentre Hongla ha perso ancora una volta la chance di mettersi in mostra, anche se il suo ingresso ha permesso all’inesauribile Tameze di imbrigliare finalmente Leao.

Lasagna ha cercato di rendersi pericoloso con la sua velocità, ma non è riuscito a impensierire i pretoriani rossoneri, impattando senza effetti contro Tomori, mentre Sutalo, appena entrato, si è fatto infilare secco da Florenzi sul gol del definitivo tre a uno.

La sconfitta del Verona dice che le grandi sono lontane, che i miracoli sono tali perché non accadono quasi mai, e che in questo campionato era impossibile chiedere di più ai gialloblù. 

Eppure Verona Milan non è stata solo una ciliegina mancata su una torta eccellente, è stata l’ennesima prova di come la posizione di classifica del Verona non sia affatto un caso, ma il frutto meritato di pianificazione, talento e lavoro. 

La terza salvezza di seguito è stata la più bella di tutte. Ora ci sono due partite per celebrarla fino in fondo, prima di cominciare a parlare di futuro. Prima di ricominciare tutto da capo.

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