Italia, fine campionato. All’Unipol Domus di Cagliari scendono in campo Cagliari e Verona: due squadre che, pur avendo lo stesso obiettivo all’inizio della stagione, si trovano in posizioni molto diverse. Una è al nono posto, salva da settimane e difficilmente può sognare orizzonti europei. L’altra galleggia – o forse annaspa – a poche lunghezze dalla zona retrocessione e ha un bisogno disperato di fare punti in casa. 

Tra queste due formazioni, una sola affronta la partita con la bava alla bocca, mordendo le caviglie degli avversari e rifiutando di mollare anche solo un centimetro, l’altra è molle, distratta, sfilacciata. Abituati come siamo alla retorica delle “motivazioni”, se non avessimo visto la partita sarebbe ovvio pensare che fossero i padroni di casa a dare il tutto per tutto di fronte al sold out dell’impalcatura rossoblu. 

E invece no. Il Verona che non ha più niente da chiedere al campionato entra e spinge come una squadra vera, anzi, come una squadra seria. 

Alla voce “serietà”

L’aggettivo “serio”, ormai l’abbiamo imparato, è un “tudorismo”. Significa forte, intenso, determinato, concentrato. Può applicarsi a un giocatore, a una partita, a una squadra, a un allenatore. Se il Verona è serio, lo si deve in larga parte allo spirito del mister oltre che all’eccellente lavoro svolto dalla società.

A Cagliari l’Hellas schiera alcune seconde linee, rinunciando a una colonna come Lazovic, sostituito da De Paoli, e abbassando il Victorinox Tameze a terzo difensivo per lasciare il posto a centrocampo a Martin Hongla, uno dei pochi giocatori non completamente sbocciati in questo campionato di “cura Tudor”.

Davanti i tre tenori sono al gran completo: Simeone ha voglia di rivalsa e vuole dimostrare il suo valore di fronte al pubblico di Cagliari che lo becca per tutta la partita, Barak vuole ritrovare la condizione migliore dopo la prestazione bigia contro la Samp, Caprari scalpita per aggiungere altri onori alla sua stagione da incorniciare.

Gli ingredienti sono quelli giusti: il Verona gestisce la trasferta di Cagliari con l’autorità e la forza di una squadra che non ha bisogno di motivazioni esterne per dare l’assalto all’ex Sardegna Arena. Il record di 54 punti, i miraggi europei, la gioia da regalare ai 270 tifosi gialloblù presenti. Ai ragazzi di Tudor, guidati da Bocchetti nell’occasione, basta avere un pallone tra i piedi per sentire il desiderio bruciante di vittoria. Sono ragazzi seri.

Il Cagliari si scioglie al sole

Di fronte all’intensità dell’Hellas il Cagliari non ha nessuna chance. Gli esterni difensivi non possono arginare le discese dei gialloblù, il centrocampo raramente conquista le seconde palle e le retrovie, guidate da un deludente Lovato, non trovano compattezza. I sardi si affidano esclusivamente alle fiammate dei singoli, ed è così che trovano il gol, ma non riescono a spaventare i gialloblù, più squadra dall’inizio alla fine. 

Il copione, sul campo, è sempre lo stesso. Intensità in mezzo, spinta sulle fasce, sacrificio a tutto campo per gli attaccanti. Simeone è uomo assist, Ilic inventa, Barak e Caprari timbrano ancora. 

Mentalità vincente e “mentalità Mazzarri”

A fine partita Mazzarri, nel concedere all’Hellas il merito della vittoria, si dimostra sorpreso. “Sembrava che il Verona giocasse la finale di Champions League”, dichiara l’allenatore toscano, dimostrando di non aver compreso nulla dei suoi avversari e allo stesso tempo di aver pienamente interiorizzato quella mediocre cultura sportiva italiana fatta punti regalati a destra e a manca una volta raggiunta la salvezza. 

Nella sorpresa di Mazzarri sta tutto il successo del Verona in questa stagione. È la mentalità vincente, a prescindere dagli obiettivi, che ha permesso al Verona di raccogliere 52 punti, che ha reso i gialloblù la rivelazione del campionato, che rende i tifosi orgogliosi di seguire una squadra che lotta contro tutti alla stessa maniera, che si debba rubare punti vitali al Cagliari o rovinare la festa scudetto al Milan.

Una mentalità vincente che è di per sé un successo sportivo. Una mentalità che Mazzarri, evidentemente, non ha. 

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