Habemus il quarto candidato. Sboarina, Tosi, Tommasi e…l’astensionismo. Già perché la scelta del Governo di votare il 12 giugno, con ballottaggio il 26, non è un grande assist all’affluenza. Cinque anni fa si votò nello stesso periodo (11 e 25 giugno): al primo turno i votanti furono il 58,81% degli aventi diritto, al ballottaggio appena il 42,39%.

Numeri che potrebbero ripetersi, anche se rispetto ad allora competono due candidati di peso che nel 2017 non c’erano: Tosi, che non poteva ricandidarsi dopo due mandati, e la novità assoluta Tommasi.  Questo potrebbe favorire qualche punto percentuale in più di affluenza, specie al primo turno, ma la sensazione nella migliore delle ipotesi è che il 12 giugno non si andrà molto oltre il 60%. Ancora più fosche le previsioni del ballottaggio: il 26 giugno è una data impietosa, è piena estate, la prima davvero libera dopo due anni di Covid, facile pensare che molti saranno in spiaggia.  

Evidentemente una bassa affluenza non favorisce soprattutto Tommasi, che non a caso fin dall’inizio della sua avventura ha fatto continui e insistenti appelli al voto. L’ex calciatore sa che i “voti nuovi” andrebbero soprattutto a lui volto nuovo, mentre Tosi e Sboarina contano a prescindere su uno zoccolo duro motivato.

L’ossessione di Tommasi e dei suoi in questi due mesi e mezzo sarà dunque soprattutto attrarre i potenziali astensionisti. Ma come? Ci permettiamo un suggerimento: il basso profilo tenuto sinora dall’ex calciatore non aiuta. Ha funzionato per un po’, il tempo di consumare l’effetto sorpresa, ma ora serve scaldare i cuori. Quindi alzare i toni, radicalizzare e polarizzare la contesa, creare una suggestione e indicare un “nemico”. Il fighettismo liberal, da Veltroni (che nel 2008 nemmeno menzionava Berlusconi) in poi, non ha mai fatto breccia nel popolo del centrosinistra e nell’elettorato in generale. Non pretendiamo che Tommasi prenda alla lettera la massima dell’ex ministro socialista Formica sulla “politica che è sangue e merda”, basterebbe piuttosto rileggere Mao Tse Tung: “La politica non è un pranzo di gala”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA