Una poltrona per tre
A Verona ognuno dei tre schieramenti che sostengono i candidati sindaci alle prossime elezioni amministrative è alle prese con più di qualche grana interna. Vediamo quali.
A Verona ognuno dei tre schieramenti che sostengono i candidati sindaci alle prossime elezioni amministrative è alle prese con più di qualche grana interna. Vediamo quali.
Corsa a tre, il quadro è ormai delineato. Tre schieramenti, uno a destra con Fratelli d’Italia, Lega e Verona Domani che tirano la volata per la conferma a sindaco di Federico Sboarina, uno di centrodestra con Flavio Tosi che ha riunito i vecchi amici e Forza Italia del delfino Alberto Bozza (se avrà il via libera dalla centrale romana), e uno di centrosinistra che fa «Rete» attorno a Damiano Tommasi. Poi, i soliti spezzatini. A poco più di due mesi dalle elezioni amministrative, sappiamo che saranno questi tre raggruppamenti a giocarsi la partita di Palazzo Barbieri. Ma nel dettaglio, come stanno questi tre schieramenti al via della corsa che li porterà alle urne a giugno? Bene, ma non benissimo. Perché ognuno le sue belle grane le ha.
Partiamo dalla squadra dell’attuale sindaco: che la Lega Sboarina lo sostenga col mal di pancia, lo sanno anche gli archi dell’Arena. Cinque anni fa il candidato in pectore del centrodestra per Verona era il senatore leghista Paolo Tosato, salvo dover poi fare un passo indietro quando dall’alto fu deciso di convergere su Federico Sboarina. Cinque anni dopo i leghisti pensavano sarebbe toccato a loro; e invece no, perché nel frattempo Salvini ne ha combinate così tante da vedersi erodere consenso da Giorgia Meloni e doversi quindi piegare e sottostarne al diktat «a Verona si va con Sboarina. Punto». Tanto che la Meloni ci ha messo pure la faccia sui cartelloni elettorali con buona pace della Lega che la faccenda la sta metabolizzando in silenzio col Maalox.
Spostandoci verso il centro, ma non troppo, Flavio Tosi oltre ad aver raccolto attorno a sé i suoi fedelissimi e poter contare, almeno per ora, sull’appoggio di Forza Italia e Italia viva, ha una priorità che nutre e coltiva da cinque anni, una sete che sa di vendetta: far cadere Sboarina, il suo nemico giurato. È una specie di ossessione che si traduce in un bombardamento (oddio che brutta parola in tempi come questi) quotidiano a suon di comunicati dai toni forti; non passa infatti giorno senza che gli si scagli contro attaccandolo su ogni fronte e con ogni pretesto (anche i gnocchi al Carnevale, sì avete capito bene).
Evidente che, oltre a essere politica, qui la questione è personale. Pagherà alla conta dei voti? Lo vedremo, ma quel che è certo è che Tosi è disposto a tutto pur di vedere Sboarina fare gli scatoloni e sloggiare dal Palazzo, e dovesse rimanere fuori dal ballottaggio questo suo obiettivo non esiterebbe a tradurlo in esplicite indicazioni di voto contro l’attuale sindaco. La cosa non sembra preoccupare l’onorevole Ciro Maschio di Fratelli d’Italia che ha affermato che «Tosi è fuori dalla partita»; non ne saremmo così sicuri, perché Tosi la sua partita potrebbe vincerla proprio fuori dal campo e in questo caso a Sboarina non direbbe affatto bene.
Tra i due litiganti chi spera di ritagliarsi la parte del terzo a godere è infatti Damiano Tommasi, la vera novità di questa tornata elettorale, l’uomo «civico» grazie al quale il centrosinistra ha scongiurato il karma della balcanizzazione e sul quale si è compattato dando vita, per dirla con parole di Enrico Letta, a quel «campo largo» progressista e riformista che dal centro va a sinistra. Il miracolo, perché di quello si trattava, di riuscire a mettere nella stessa squadra Azione e i Cinque Stelle (si amano più o meno quanto Roma e Lazio), è durato però un batter di ciglio: «Non se ne parla» ha tuonato Carlo Calenda nel suo secco editto romano. Ed essendo i due movimenti federati, insieme a lui si sfila anche +Europa: se andranno a bussare alla porta di Tosi, che nella sua casa già ha accolto Italia viva di Matteo Renzi, o correranno da soli lo sapremo presto.
Politicamente parlando, con la perdita dei due appezzamenti di centro, il «campo largo» si stringe inevitabilmente a sinistra. Tommasi ha tuttavia buone chance; a favorirlo potrebbero essere tre fattori; primo, la sua storia personale unita a un’immagine centrista e moderata che in una città come Verona non è certo un dettaglio da poco; secondo, lo scontro rusticano in atto tra Sboarina e Tosi che pescando nello stesso bacino elettorale rischiano di cannibalizzarsi i voti; terzo, infine, un’alta affluenza alle urne sulla quale non a caso Tommasi spinge molto. Pur essendo solo alle prime battute, e con alcune dinamiche tuttora in divenire, a Verona la partita è apertissima; anzi, diciamo pure che così aperta non è mai stata. E questa, da qualsiasi prospettiva la si voglia inquadrare, è una buona notizia per la città.
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