«Ci sono persone che hanno bisogno di agire e altre che hanno bisogno di riflettere. La forza non è solo nell’azione, qualcuno non sembra forte, ma lo è».

Lo afferma Jana Karšaiová, autrice del romanzo Divorzio di velluto, edito da Feltrinelli, appena pubblicato lo scorso 12 febbraio e già presentato, da Gad Lerner, al Premio Strega.

La separazione come tema e scenario

La copertina del romanzo Divorzio di velluto di Jana Karšaiová, edito da Feltrinelli, 2022.

“Divorzio di velluto” è anche l’espressione con cui i cechi hanno chiamato la separazione dalla Slovacchia. Scritto prevalentemente di notte, durante il lockdown, nel romanzo si narra una storia di separazioni e strappi alludendo alla «macro-dimensione del problema, la frattura nel Paese, che ha generato tutte le altre lacerazioni dei personaggi – ha affermato l’autrice, a margine della presentazione veronese alla Feltrinelli, lo scorso 8 marzo -. La divisione è stata arbitraria, una decisione politica che il popolo non ha saputo contrastare».


In una lingua essenziale, eppure calata nei dettagli di situazioni ed emozioni, Karšaiová ha cesellato il carattere della protagonista, Katarìna, nel momento della sua vita in cui torna in famiglia, per le festività natalizie, senza il marito da cui si sta separando.
Ma altre separazioni l’hanno segnata, quella dalla sorella, una ferita ancora aperta, come anche l’anaffettività della madre, i silenzi del padre, la distanza dalle amiche che hanno compiuto scelte diverse.

L’autrice ha mostrato di affrontare questo periodo di improvvisa notorietà con calma e naturalezza. «Sto vivendo come ho scritto: imparo a gestire i momenti, cerco di cogliere cosa fare meglio per il libro e per la storia che, se ha dignità, deve parlare alle persone. È difficile, mi rendo conto di fare esperienza».

La lingua e l’identità

Scrivere in italiano è stato un lavoro arduo perché «la sintassi non è flessibile come quella slovacca. Ho dovuto imparare a costruire le frasi, renderle chiare e comprensibili, ma è stata una sfida che mi è piaciuta, molto motivante.

Inoltre ho usato l’italiano perché mi permette una distanza dal testo che la mia lingua madre, più viscerale, non mi consentirebbe.

Invece sentivo di non dover interferire con i personaggi per lasciar fluire le loro vicende».

Da sinistra, l’autrice Jana Karšaiová, insieme a Susanna Bissoli e Ivano Porpora, che hanno accompagnato la presentazione del romanzo Divorzio di velluto, negli spazi della libreria Feltrinelli di Verona.


Il problema della lingua, intimamente connesso alla costruzione dell’identità, è uno dei temi del romanzo, in particolare per l’amica di Katarìna, Viera che, parole di Karšaiová, «porta in sé un’identità fluida, proprio a partire dalla lingua», alla quale l’autrice ha dato voce per esprimere anche le sue personali difficoltà di adattamento nell’apprendere e usare l’italiano.

Una biografia tra Est e Ovest

Karšaiová, nata a Bratislava e vissuta anche a Praga, si trova in Italia dal 2002, riconosce che la cultura italiana le ha dato tanto, legge gli autori contemporanei e segue molto la scrittura delle donne, tra cui Dacia Maraini, Donatella Di Pietrantonio ed Ester Armanino.

Tuttavia su di sé rintraccia ancora i segni della transizione culturale che ha vissuto da adolescente, passando dall’influenza sovietica a quella più occidentale, perché «il regime fa crescere diversamente, è una “differenza” che resta anche da adulti». In Italia ha lavorato per molti anni come attrice e continua a operare in laboratori.

«Anche la scrittura è un palco»

La scrittrice Jana Karšaiová con il suo romanzo d’esordio, Divorzio di velluto.

«Ci sono molte somiglianze tra i due ambiti, anche la scrittura è un palco, si racconta un contenuto, un messaggio. Teatro e scrittura lavorano entrambi con la parola, il ritmo, la storia – ha sottolineato a margine dell’incontro -. Quello che mi ha dato il teatro lo trasferisco nella scrittura, continuo a lavorare nel e con il teatro, nella convinzione di offrire un servizio alle persone.
E vorrei ancora scrivere. Non mi interessa l’etichetta di scrittrice straniera o meno, mi interessa essere letta e che ai lettori arrivi qualcosa».

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