Dirigente di banca e responsabile politico per Verona del movimento Azione capitanato a livello nazionale da Carlo Calenda, Marco Wallner ha vissuto per lavoro diversi anni sia a Mosca sia a Kiev. E quindi nelle capitali dei due Paesi oggi in conflitto. Proprio per la sua profonda conoscenza della società, dell’economia e della politica di quelle nazioni lo abbiamo interpellato sulle principali questioni che riguardano la guerra lanciata da Putin contro il “nemico” Zelenski.

Wallner, qual è secondo lei il vero obiettivo di Putin?

«Io credo che gli obiettivi di Putin si stiano progressivamente modificando in base a quello che succede sul campo. L’obiettivo originario probabilmente era quello di un colpo di stato che portasse in Ucraina un governo filo-russo e creare così uno scenario simile a quello che si ha Bielorussia e in Kazakistan. Questo scenario non si è realizzato, perché l’invasione sta andando a rilento per due motivi: da una parte per la reazione dell’esercito ucraino, che sta rispondendo molto di più e molto meglio rispetto alle aspettative e per le contemporanee difficoltà dell’esercito russo, e dall’altra perché non c’è stata quella sollevazione popolare ucraina che Putin si aspettava. Ora probabilmente il Presidente russo non mira più a mandar via Zelenski, ma mira a ottenere quantomeno un governo neutrale a Kiev, con la garanzia che l’Ucraina non entrerà mai nella NATO. Inoltre credo che la Russia voglia un riconoscimento ufficiale sulla Crimea. Sulle due repubbliche separatiste del Donbass, invece, credo che si potrebbe anche accontentare di qualcosa di meno rispetto a una vera indipendenza, puntando a una larga eteronomia. Sotto la pressione delle sanzioni internazionali e di una campagna militare che non va come si aspettava, penso insomma che Putin si possa anche adattare a un compromesso.»

Cosa ha fatto alzare la tensione fino a questo punto?

Viktor Janukovyč - Wikipedia
Viktor Janukovyč

«Questa invasione è il culmine di un’escalation che nasce nel 2014, quando il presidente democraticamente eletto Janukovich, filorusso, fu mandato via in seguito a una sommossa popolare i cui contorni sono ancora molto oscuri. Non si è mai capito che tipo di influenza ebbero sulla vicenda i Servizi Segreti stranieri. Fu sostituito da Poroshenko, filo-occidentale, anche lui democraticamente eletto, ma questi avvenimenti spinsero la Russia a intervenire militarmente con l’annessione della Crimea e il supporto all’intervento delle truppe filo-russe nel Donbass. Da lì in poi è stata un’escalation continua di provocazioni di cui sarebbe onesto dire nessuna delle due parti fu esente da colpe. Gli accordi di Minsk sono stati disattesi dalle due parti ed entrambe hanno continuato a provocare in questi anni. La Russia, per esempio, ha costruito un ponte sullo stretto di Kerch per collegare la Crimea alla terraferma russa bloccando di fatto l’accesso delle navi ucraine al Mare di Azov, strangolando in questo modo il porto di Mariupol, il secondo più importante dell’Ucraina. Dall’altra parte lo stesso Poroshenko nel 2019, già sconfitto alle elezioni e nel periodo di passaggio di consegne, ha firmato una legge che eliminava i diritti linguistici della minoranza russa, diritti che erano protetti nelle zone a maggioranza russa con norme simili a quelle del nostro Alto Adige. Secondo un censimento del 2004 il 46% della popolazione ucraina dichiarava di avere nel russo la lingua madre. Non parliamo dunque di una vera minoranza, ma di quasi metà del Paese.»

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Marco Wallner

«Credo ci sia un po’ di eccesso di entusiasmo su come percepiamo quelle proteste. La Russia ha 150 milioni di abitanti, è il Paese più grande al mondo, contiene al suo interno addirittura undici fusi orari. È molto difficile trarre delle conclusioni da manifestazioni che avvengono nelle grandi città, in particolare a Mosca e San Pietroburgo, che sono sì la vetrina e il cuore economico-finanziario oltre che politico della Russia, ma non rappresentano tutta la Russia. Negli ultimi anni Putin ha perso consenso perché l’economia non cresce come dovrebbe e perché dopo più di vent’anni di dominio sicuramente anche i russi cominciano a essere un po’ stanchi di lui. Da qui a dire, però, che per Putin il consenso si sia effettivamente eroso ce ne manca. È chiaro che nell’élite, cioè nella fascia benestante della società con i figli che viaggiano, sono informati e hanno accesso ai media internazionali, le sanzioni per la guerra pesano molto. Ma gran parte degli abitanti del Paese vive nella Russia profonda, in cui la propaganda di Putin è molto pervasiva, perché queste persone hanno accesso solo ai media di Stato allineati alla linea del Presidente. Inoltre sono abituati alle privazioni, perché hanno da sempre uno stile di vita molto basso e su di loro le sanzioni economico avranno poco effetto. Questa parte di Russia ancora lo sostiene, anche perché, soprattutto fra chi ha più di 50 anni, c’è ancora chi ricorda i tempi dell’Unione Sovietica, un ricordo che scatena un orgoglio che in questo momento appare prioritario rispetto alle difficoltà economiche che devono ancora palesarsi in toto.»

L’establishment russo è compatto con Putin?

«Sicuramente cominciano a sentirsi degli scricchiolii, ma prima che possano diventare qualcosa di serio passerà ancora del tempo. Putin ha costruito un sistema di potere, la famosa “verticale”, che è imperniato su di lui e che a lui deve tutto. È difficile intravedere oggi qualcuno che possa fargli veramente da contraltare o che ne abbia il coraggio, anche perché il presidente russo ha già dimostrato di non avere nessuna pietà per quelli che lui considera dei traditori. Ai quali non basta fuggire, perché lui va a prenderli dappertutto. Vedasi gli attacchi con il polonio in Inghilterra degli anni scorsi. In questo momento mi pare molto difficile che questi malumori, che pur si intravedono, nell’élite russa, possano tramutarsi in una fronda concreta contro il leader.»

Cosa rischia la Russia, ora?

«La Russia rischia il tracollo economico. Ci sono società come la banca più importante, Sberbank, o come principale gruppo energetico, Gazprom, che hanno perso il 99% del proprio valore di borsa. Il rublo è crollato e quindi queste società faranno molta fatica a ripagare il proprio debito in valuta straniera. E se non potranno pagare rischieranno di non poter più emettere debito.

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La sede della Gazprom a Mosca

C’è dunque il rischio del default, anche se non immediato perché la Russia ha un debito pubblico molto basso. La percentuale del debito sul PIL è sotto il 20% (l’Italia, per fare un paragone, è quasi al 150%, ndr) e ha ampie riserve monetarie accumulate negli anni con il fondo sovrano, anche se alcune di queste riserve sono state già bloccate all’estero. La Russia ha il supporto finanziario della Cina, che sta comprando le forniture di gas e petrolio russi, ma in fondo anche l’Europa sta comprando ancora il gas di Mosca. È un rischio, quello del default economico, che non possiamo quindi dire immediato, ma di medio termine sì. Quindi Putin non può “scherzare” troppo e deve trovare una soluzione quanto prima. Anche perché se la Cina gli voltasse improvvisamente le spalle la Russia a quel punto sarebbe in grossi guai.»

E l’Europa?

«Ritengo, ma come tutti potrei sbagliarmi, che dal punto di vista militare l’Europa in questo momento non corra alcun pericolo di espansione del conflitto oltre l’Ucraina, a meno che la NATO non decida di intervenire. Credo che non sia questo l’interesse di Putin, che vuole un cuscinetto attorno al proprio territorio. Poi si potrebbe ragionare sui Paesi baltici, ma sarebbe un discorso molto lungo. I rischi sono più che altro di natura finanziaria come la crescita esponenziale del costo del gas e del petrolio, che vanno a impattare sui cittadini, soprattutto quelli meno abbienti. Anche l’Europa rischia di veder rovinata la crescita economica post-pandemia che stava vivendo in questi ultimi mesi.»

Circola notizia che Putin abbia sofferto di una grave malattia alcuni anni fa e che sia affetto dal morbo di Parkinson. A questo si aggiunge l’isolamento dovuto dal Covid-19 negli ultimi anni. È possibile che tutto questo abbia inciso sul suo equilibrio mentale? In ogni caso non era possibile in alcun modo, anche dall’interno, fermare questa carneficina?

«Non sono un medico e non ho idea se tutti questi fattori possano aver avuto un impatto psicologico su di lui. Quello che posso sicuramente dire, però, è che le azioni di Putin sono abbastanza in linea con la sua condotta del passato. Basti pensare a quando intervenne in Georgia in difesa delle repubbliche indipendentiste filo-russe (Sud-Ossezia e Abcasia) o quando nel 2014 intervenne in Crimea e in Donbass. Da questo punto di vista è l’entità della sua azione che rappresenta la vera novità perché fino ad oggi non si era mai spinto in un intervento militare di ampio spettro come fatto in Ucraina nelle ultime settimane. Detto questo, però, il suo comportamento, per quanto grave, rimane coerente con il suo modo di agire e pensare.»

Cosa può e deve fare l’Europa per favorire la pace?

«Shung Tsu nell’arte della guerra diceva: “mentre bastoni il tuo nemico preparagli un ponte d’oro alle spalle per permettergli di fuggire”. Dobbiamo assolutamente evitare di mettere Putin nell’angolo. Manovre come quella della Polonia di fornire Mig all’Ucraina o la no fly zone chiesta da Zelenski sono azioni che vanno assolutamente evitate. Bisogna sfruttare il fatto che Putin stia trovando difficoltà sul terreno e che i piani non stiano andando come voleva lui per offrirgli una via d’uscita onorevole, con il dichiarato obiettivo di risparmiare le vite ai civili e riportare le armate russe all’interno dei propri confini. Se noi invece sosteniamo ancora di più militarmente gli Ucraini rischiamo di porre Putin ancora più nell’angolo e sappiamo che un animale ferito nell’angolo può fare cose fuori da ogni logica. Ricordo che parliamo di una potenza nucleare.

Volodymyr Zelens'kyj - Wikipedia
Il presidente ucraino Zelenski

Bisogna sfruttare la resistenza degli ucraini per spingere Zelenski e Putin – quest’ultimo sotto la pressione delle sanzioni internazionali e magari attraverso la mediazione di Cina, Israele o Turchia – a trovare un compromesso, che potrebbe ad esempio essere quello di ricondurre l’Ucraina su un modello di tipo austriaco, che costituzionalmente prevede la neutralità militare e quindi l’impossibilità di entrare nella NATO. Questo non ha impedito a Vienna di entrare nell’Unione Europa, cosa che potrebbe fare anche l’Ucraina a quel punto.  Poi su Crimea e Donbass bisognerà trovare un ulteriore accordo.»

Nonostante la morte e la distruzione che da due settimane la guerra sta portando nel suo Paese Zelenski sembra, però, non intenzionato a cedere e in effetti qui non si tratta solo di annessione alla NATO (e principio di autoderminazione) o di Donbass, ma anche di non fare la fine della Bielorussia, che ha un dittatore come Lukashenko, fedele alleato di Putin. Quando si fermerà Putin?

«Zelenski credo che abbia il buon senso di capire che non può battere l’Armata russa e che gli europei non interverranno mai militarmente in suo favore, perché sarebbe il passo per scatenare davvero la terza guerra mondiale. Credo che sia necessario intervenire su Zelenski per supportarlo e anche spingerlo a trovare un compromesso con Putin quanto prima per salvaguardare da una parte la libertà dell’Ucraina e dall’altra i suoi cittadini. Spingere ancora avanti la guerra rischia di far perdere ancora tante vite umane e portare addirittura il conflitto verso qualcosa di irreparabile.»

Foto di copertina: il presidente russo Vladimir Putin

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