Esce “Senza Sosta” il documentario che racconta le storie delle donne sanitarie in prima linea durante l’emergenza Covid-19.

Il documentario, girato a Verona e tutto da dispositivo mobile, nasce da un’idea di Sara Avesani ed è stato realizzato in un lavoro di squadra con Giovanna Tondini e Luca Fraizzoli e prodotto dall’Associazione Orizzonti Teatrali – Cantiere delle Arti. Il documentario è inserito tra le iniziative del programma di “Ottomarzo. Femminile, plurale 2022” organizzato dal Comune di Verona.

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La locandina del documentario

Sono passati due anni da quando il Coronavirus è entrato nei nostri ospedali, nelle RSI e conseguentemente nelle nostre case e nelle nostre vite. Ci ha costretti in poco tempo ad abitudini, a distanze e spazi molto lontani da quella che definivamo la nostra normalità “prima”. A volte sembra ieri, altre che siano passati diversi secoli.

È importante però ritornare con lucidità a quei giorni. Il documentario ci catapulta nelle vite di chi quei primissimi giorni ha vissuto l’emergenza in prima linea.

Le storie che si intrecciano nei 17 minuti di film sono quelle delle madri sanitarie: mediche, infermiere, operatrici socio-sanitarie, psicoterapeute. Donne che in un momento di incertezza hanno messo la propria professionalità prima di tutto e al servizio della comunità. 

Se pensiamo alla prima ondata del virus, era all’ordine del giorno paragonare queste donne ad angeli. Ma dopo la santificazione dei primi mesi cosa abbiamo fatto? Inoltre, a livello mediatico la narrazione si è sempre limitata agli ambienti ospedalieri. Ci siamo mai spinti oltre? Ci siamo mai chiesti quale sia stato il peso di chi ha dovuto affrontare in quel particolare momento il carico di un lavoro così difficile e le difficoltà di gestire una famiglia?

Lo fa questo documentario che ci porta in quei primi mesi di pandemia, nelle vite di queste madri. Se nelle le corsie degli ospedali si susseguono fatica, sofferenza, perdite (anche tra colleghi) tra le mura di casa si instaurano distanze e paure. Scopriamo il mondo di queste donne e madri tra le difficoltà del lavoro in quel particolare momento e la dedizione e il grande impegno nel farlo. E poi entriamo, nella sfera privata, quella del rapporto con le proprie famiglie e nella loro gestione, Sia a livello puramente organizzativo e logistico ma anche emotivo. L’attenzione non solo a tenere il virus lontanato dai propri famigliari, ma anche le preoccupazioni, il dolore, l’incertezza che il lavoro comportava durante i mesi più difficili dell’emergenza. Si svela così l’enorme peso che queste donne hanno portato sulle spalle.

Il documentario non è una santificazione del lavoro e del sacrificio delle donne sanitarie durante l’emergenza Covid-19. L’emotività, infatti, lascia spazio ad una riflessione umana ma soprattutto sociale. Si vuole far riflettere, attraverso un tema delicato ma semplice allo stesso tempo, che questa esperienza deve portare ad un’accelerazione nella società e nelle istituzioni dei processi di parità di opportunità e responsabilità – sia nella sfera professionale che privata – tra donne e uomini.

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