Coi quaranta punti in tasca e l’obiettivo stagionale in cassaforte, il Verona ha disputato la prima gara del suo nuovo campionato. È un campionato dal calendario complicatissimo in cui il Verona si troverà ad affrontare molte delle concorrenti dirette a un posto in Europa. Quasi non ci si crede. 

Per regalare un risultato incredibile ai tifosi l’Hellas si dovrà contendere il settimo posto, buono con ogni probabilità per i playoff di Conference League, con squadre del calibro di Atalanta, Roma, Lazio, Fiorentina e Sassuolo. Tutte squadre sulla carta ben più attrezzate del Verona, che però ha dalla sua il vantaggio di affrontare questa volata senza la minima pressione sulle spalle.

Poi c’è il campo, e il campo racconta tutta un’altra storia. Il Sassuolo è stato ben regolato alcune settimane fa, l’impresa contro la Roma è stata solo sfiorata e lo scontro diretto con la Fiorentina ha detto chiaramente che i ragazzi di mister Tudor, in questo trenino di seconda fascia, ci possono stare eccome.

Stress test per la corsa al sogno

Quella contro la Viola è stata l’occasione perfetta per l’Hellas per mettersi alla prova. La prima partita con la testa sgombra dell’obiettivo raggiunto si è giocata nel solito clima di festa che le tifoserie gemellate riescono sempre a creare. Una bella atmosfera, certo, ma anche pericolosa per chi sa giocare a calcio solo col fuoco negli occhi. Guai ad alzare il piede dall’acceleratore, il prezzo del rilassamento è la superficialità, e Tudor lo sa bene. 

Per rendere il test ancora più probante il Verona ha dovuto fare a meno di un titolarissimo come Barak, tornando al tridente di Simeone-Caprari-Lasagna, e ha rinunciato anche all’esperienza del capitano Miguel Veloso, mettendo sulle spalle di Ilic tutta la responsabilità di regia. Perché in dieci partite, giustamente, può succedere di tutto.

Pronti via e subito un mix di fortuna, leggerezza e un portiere coi piedi da regista permettono a Piatek di portare la Fiorentina in vantaggio. Una doccia fredda che ricorda al Verona che per le vacanze c’è ancora da aspettare qualche mese, e che urge ricominciare a martellare come se infuriasse la corsa salvezza. I ragazzi recepiscono al volo: Tameze fa legna, Ilic accompagna bene il pressing, le fasce funzionano a memoria. Bastano dieci minuti per trovare il pareggio e la doppia cifra di un immenso Caprari.

Per il resto del primo tempo il Verona è quello sfavillante di sempre. Anche in casa della notevolissima Fiorentina di Italiano, sopravvissuta decisamente bene alla partenza del celebratissimo Vlahovic, i gialloblù hanno fatto la partita e inanellato occasioni. Per mezz’ora abbondante è il solito Hellas. 

Un Verona che sa anche soffrire

Il secondo tempo è stato meno brillante, non c’è dubbio, ma quando Tudor al termine della gara dice di essere soddisfatto della prova dei suoi si riferisce anche e soprattutto alla ripresa. Di fronte al pressing asfissiante della Fiorentina – molto simile al Verona da questo punto di vista – l’Hellas ha saputo cambiare faccia, abbassarsi e soffrire per difendere un importante punto in trasferta. 

È stato un Verona nuovo quello della ripresa del Franchi: un Verona che non riusciva a conquistare le seconde palle con la solita brillantezza e allora raddoppiava forte sulla sua trequarti, un Verona che non riusciva più a uscire dalla gabbia del centrocampo viola e ha accettato di provare il lancio lungo, senza peraltro troppa fortuna.

In poche parole il Verona ha sofferto una diretta concorrente che stava molto meglio, grazie soprattutto a una panchina ben più attrezzata, e ha tenuto duro fino in fondo portando a casa un punto da un campo complicatissimo. Un punto dal sapore radicalmente diverso da quello racimolato all’Olimpico due settimane fa. Per questo Tudor può sorridere eccome.

La prossima partita sarà tutta un’altra storia. L’avversario forse ancora più difficile, l’atmosfera decisamente meno amichevole, l’obiettivo non avrà nulla a che fare con la classifica. Il Verona a Firenze ha dimostrato di non essere un estraneo nella corsa al settimo posto, ma ora mettiamo da parte i sogni europei: c’è il Napoli da battere

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