Aquila di mare dalla coda bianca (Haliaeetus albicilla)

«Fra poco arriva, vedrai», mi dice Maurizio Bonora, nove volte campione del mondo di fotografia naturalistica, mentre siamo seduti da alcune ore in un capanno posto su una riva del Delta del Po sponda ferrarese in attesa che arrivi il martin pescatore. «È facile da riprendere solo se hai predisposto bene l’appostamento e conosci il suo territorio di pesca», racconta il fotografo.

Martin pescatore (Alcedo atthis)

«Una volta per lo scatto che mi ero prefissato ho lavorato a lungo. Però ne è valsa la pena perché sono riuscito a coglierlo mentre usciva dall’acqua con il pesce nel becco. Un’altra volta ho fotografato, cinque gruccioni su un ramo, da me posizionato, dove ognuno di essi recava nel becco una specie d’insetto diversa. Con quella foto vinsi la medaglia d’oro individuale al mondiale in Norvegia».

Foto vincitrice a Bodoe, in Norvegia nel 2010: “The five hunters”

E pensare che Bonora, 68 anni, ha iniziato a utilizzare la macchina fotografica quasi per caso. «Preso dalla passione di conoscere la natura selvatica dei nostri ambienti», racconta, «la fotografia è stata il mezzo per poterlo fare più in fretta. In questo senso posso affermare di non sentirmi affatto un fotografo, ma un fotografo naturalista e, vi assicuro, che la differenza è tanta».

Una passione che lo ha portato a immortalare prima sulla pellicola e ora in digitale, soprattutto animali, in particolar modo uccelli, anche perché, a detta sua, sono quelli che offrono maggior possibilità di ottenere immagini emozionanti.

Sparviere femmina (Accipiter nisus)

«Abito nel delta del Po e quindi i miei soggetti sono soprattutto pennuti acquatici, ma sono molto affascinato anche dai rapaci», afferma Bonora, «che fortunatamente scorgo ancora in buon numero nelle nostre campagne. Prima della pandemia viaggiavo spesso in Europa, dove trovavo situazioni fotografiche meravigliose come, per esempio, in Polonia per riprendere le aquile di mare o in Grecia per fotografare i pellicani ricci».

In quasi 40 anni di questa passione ha macinato chilometri su e giù tra Italia e Europa e ore e ore di appostamenti in capanni in costante attesa.

«Zitto, zitto eccolo che arriva il martin pescatore proprio dove gli ho costruito un posatoio. Se va bene potrebbe uscirne uno scatto di quelli fantastici», mi dice Bonora parlando sottovoce, «magari da presentare al prossimo campionato del mondo che si terrà probabilmente in Oman con data ancora da destinarsi».

Lui di titoli ne ha già conquistati tanti – nove mondiali per nazioni vinti dal 2003 ad oggi con la selezione italiana della Federazione italiana associazioni fotografiche – eppure l’emozione per uno scatto è sempre grande. Il teleobiettivo 500 mm montato sulla sua reflex è lì pronto a fare il suo dovere. Una raffica di scatti, circa 12 al secondo, sperando che ci sia quello buono.

Cinghiale (Sus scrofa)

«Adoro anche i rapaci, pensa che ogni volta che ne fotografo uno a breve distanza dal mio capanno mi emoziono. Trovarsi a 4-5 metri da una poiana o uno sparviere, animali di solito sospettosissimi, è motivo di grande orgoglio, perché significa avere preparato molto bene l’appostamento», racconta. «Talvolta sono anche un po’ spericolato ma l’eccitazione mi fa dimenticare dove sono, come quella volta in un grande parco della Germania dove mi azzardai a fotografare un grosso cinghiale a distanza ravvicinatissima, confidando sul fatto che gli animali erano abituati alla presenza umana. Praticamente mi inginocchiai davanti a lui puntandogli un obiettivo grandangolare davanti al muso. In quel momento trovandomi a faccia a faccia con l’animale mi sentii piccolo piccolo, come in realtà lo siamo nei confronti del creato», ricorda Bonora.

Airone cenerino (Ardea cinerea)

Il fotografo ferrarese confessa che «è una grande soddisfazione morale contribuire a far conoscere la natura attraverso gli scatti e gli articoli che scrivo su alcuni giornali mettendo sempre in evidenza che la priorità non deve essere la foto, ma il rispetto dell’animale che s’intende immortalare. Ma sono anche preoccupato perché vedo la natura cambiare. Nel Delta del Po, per esempio, è comparso l’ibis sacro, una specie africana che da alcuni anni si è insediata stabilmente in Italia. È giudicato dannoso perché si nutre di uova e nidiacei di altri uccelli, soprattutto aironi. Mentre è quasi scomparso il topolino delle risaie. Un roditore che non crea problemi alle coltivazioni e vive principalmente nei canneti delle zone umide. Per la sua rarefazione non sono state individuate cause specifiche».

Un rammarico? «Quello di non avere fatto di questa passione il mio unico lavoro. D’altra parte in Italia è difficile vivere solo di fotografia naturalistica», conclude Bonora.

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