Daria Martelli vive e scrive a Padova, in passato è stata assistente all’università patavina, ha collaborato con svariate testate giornalistiche e ha firmato programmi culturali per la Rai.

É appena uscito il suo ultimo romanzo Trent’anni dopo (Iacobelli, dicembre 2021), un testo profondo in cui racconta la storia di una coppia a partire dall’epoca pre-digitale, usando un sistema a matrioska, con cui incastra le storie in altre storie, procedimento abituale per questa autrice, già usato in romanzi precedenti e di sicura presa su chi legge.

L’associazione veronese Moica – Donne attive in famiglia e società, nell’ambito delle manifestazioni per la Giornata contro la violenza sulle donne, ha organizzato un evento con letture sceniche di brani tratti dal suo testo teatrale Le Streghe (Piovan editore, 1990). In questa occasione Martelli si è posta in veste di autrice drammatica, ma è conosciuta anche come narratrice e saggista.

L’essenza del teatro tra i generi letterari

«Ogni genere, come ogni forma letteraria, può essere interpretato in modi diversi, secondo la personale creatività delle autrici e degli autori – ha affermato l’autrice durante l’incontro organizzato lo scorso 23 novembre da Moica Verona -. Una certa narrativa e un certo teatro sono contigui, accomunati dalla drammatizzazione, una “teatralità” che è tutt’uno con la visibilità, un valore letterario. In particolare anche nei romanzi uso molto il dialogo, che è l’essenza del teatro».

Parimenti imparentate sono la narrativa e una certa saggistica storica. «Umberto Eco definì il romanzo “il fratello carnale della storia”. Quella che pratico io è una storia sociale in prospettiva antropologica, che nelle fonti storiche primarie cerca il vissuto quotidiano del tempo e tende a “raccontare” un mondo scomparso per coglierne anche i colori e le emozioni – ha approfondito Martelli -. Nel mio romanzo More veneto questo tipo di storia ha offerto spunti alla narrativa: scene del passato, per le suggestioni provocate da una città storica per eccellenza come Venezia, affiorano nel presente di una donna del nostro tempo».  

La copertina di Teatro. In scena per far riflettere di Daria Martelli, ed. Cleup, 2020

Martelli ha pubblicato recentemente il volume Teatro. In scena per far riflettere (ed. Cleup, 2020). Non è abituale per il pubblico italiano leggere testi teatrali, a differenza di quanto avviene in altri Paesi, come la Francia.

«Una simile raccolta in primo luogo ha l’utilità di mettere facilmente a disposizione i testi per la loro rappresentazione. Peraltro un certo teatro conserva il suo interesse anche alla lettura individuale, come, per esempio, quello di Pirandello. In un teatro “per far riflettere”, come vuole essere il mio, già con la lettura si possono cogliere significati che proprio la forma drammatica ha fatto emergere.

Nella prima parte del volume ho elaborato e rifuso in forma organica relazioni, interventi e interviste, recuperando una cultura che viene prodotta nelle varie occasioni della vita culturale, in particolare in quelle provocate dal teatro. Questi “Scritti sul teatro”, in cui ho esposto le riflessioni sulla mia esperienza di autrice drammatica nonché la mia poetica teatrale, possono illuminare un retroterra culturale dei miei testi teatrali, contribuendo alla loro comprensione».

Tra quotidiano e storia

Nei quattordici testi raccolti nel volume e scritti in tempi diversi, le tematiche sono le più disparate. Si va dal senso del vivere agli stereotipi di genere, dai disastri ambientali alla scuola nelle molteplici fasi che ha attraversato, dal «riflusso» dei primi anni Ottanta del Novecento alla persecuzione delle streghe nel Cinquecento.

Ma si trovano anche le vite femminili nei bordelli legali aboliti dalla legge Merlin e il difficile impegno culturale di una donna nel Cinquecento, Moderata Fonte. Altri suoi testi trattano dell’ignorata realtà dei senzatetto e dei diversi modi di vivere il matrimonio nella coppia.

C’è poi un flash sulla vita notturna di una città veneta e infine pone l’accento sull’indifferenza nei rapporti sociali. In alcune opere, come Donne perdute e Le streghe, si coglie una precisa e approfondita ricerca documentaria, mentre altre sembrano ispirate a fatti di costume e a un vissuto colto nella quotidianità.

L’ottica di genere per conoscere la realtà

«Nel mio teatro rivolgo spesso l’attenzione a personaggi femminili del presente o del passato storico e alle tematiche al femminile, ma più che gli argomenti trattati è appunto l’ottica di genere un suo carattere distintivo – ha proseguito Martelli -. Si tratta di un nuovo punto di vista, diverso da quello androcentrico, che è stato l’unico per millenni: un nuovo modo di guardare cambia la percezione stessa della realtà. Può essere utile il paragone con un noto test di psicologia, quello di Rubin: nella medesima figura, secondo il diverso orientamento del pensiero, si possono vedere una coppa bianca oppure due profili neri».

Lo sguardo di Martelli, una volta acquisita una nuova consapevolezza, si rivolge a ogni aspetto della storia, della cultura, della scienza, della società, della politica. Per esempio, all’Università di Padova è stata istituita una cattedra di “medicina di genere”, che appunto offre questo nuovo approccio con risultati sorprendenti. 

«Nel mio teatro l’ottica di genere è evidente, per esempio in Donne perdute, un “teatro-documento”, che fa parlare i documenti, come le Lettere dalle case chiuse, che le prostitute dei bordelli legali scrissero a Lina Merlin, durante la sua campagna per l’abolizione – ha ricordato la scrittrice padovana -. Quella che per il cliente era la “casa di piacere” – “ridente asilo di giovinezza e di gioia”, una delle definizioni d’autore che ho raccolto nell’introduzione al testo teatrale – invece per le prostitute lì rinchiuse si rivela un luogo di violenza, alienazione, dolore, malattia e morte».

L’incontro organizzato da Moica Verona

Le streghe, il successo di un testo vitale

Il dramma Le Streghe è stato riproposto molte volte in vari modi sia nei teatri sia in vari spazi alternativi e nelle scuole. Anche per questo aspetto è opportuna la pubblicazione del testo teatrale, che conserva l’opera nella forma originaria, quale è uscita nelle mani dell’autrice. «Ogni allestimento di un’opera teatrale è diverso e diversa è ogni interpretazione dei singoli personaggi. È un mediazione necessaria, costitutiva del “fatto teatrale”, che si realizza nella rappresentazione e in un certo senso viene a completare il testo scritto – ha chiarito Martelli -. Certo, non sempre condivido i modi della rappresentazione, tuttavia per me sono sempre la conferma della vitalità dell’opera, che continua a parlare a un pubblico e a far riflettere. E intendo la vitalità che ha il dramma Le streghe come un risarcimento postumo per le tragedie di tante donne, un modo per non dimenticare questi orrori della storia».

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