Da ragazzino, nella commemorazione dei defunti il 2 novembre, andavo, come  molti concittadini di Verona, al Cimitero Monumentale della città per celebrare i vari riti dell’evento.

Ebbene facendo una statistica grossolana su 10 commemorazioni ben 6 mi trovavano immerso nel classico nebbione fitto fitto, mentre negli ultimi anni  è accaduto una o due volte. 

Come curioso ricercatore sono andato a vedere (non l’unico) un po’ di statistica e chiedermi il motivo di questo calo.

Dapprima dobbiamo chiederci cos’è la nebbia.

Qui risponde il World Meteorological Organization, custode e propositore della conoscenza meteorologica internazionale che afferma: “La nebbia è una idrometeora costituita da  microscopiche gocce di acqua che si forma in prossimità del suolo e provoca una diminuzione della visibilità a meno di 1 km”.

Per idrometeore si intendono tutti quei fenomeni di condensazione o sublimazione del vapore acqueo atmosferico (nubi, nebbia, foschia, pioggia, neve, rugiada, brina).

Lo svantaggio della geomorfologia padana

La Pianura Padana dal punto di vista geomorfologico è una conca circondata a nord ed ovest dalle Alpi, a sud dall’Appennino settentrionale.

In essa, quando persistono condizioni anticicloniche con stabilità atmosferica e calma dell’aria, si accumulano giorno dopo giorno umidità e inquinanti, tanto da essere chiamata in ambito internazionale “the dirty Po valley”, la sporca Valpadana.

Le condizioni che favoriscono la formazione di nebbia sono quattro: calma di vento, alta umidità, nuclei di condensazione e raffreddamento notturno.

I nuclei di condensazione

Possiamo definirli come degli “aggregatori” nei confronti del vapore acqueo. Ricordiamo che il vapore acqueo è un gas invisibile che passa allo stato liquido proprio in presenza di questi nuclei costituiti da polveri, sali marini, ceneri ecc.

Le molecole di vapore che hanno una dimensione 0,2 nanometri ( un decimilionesimo di millimetro) si depositano su tali embrioni ove inizia a formarsi un film di acqua.

Ecco che nasce la prima gocciolina di nebbia con dimensioni tra un decimo è un centesimo di millimetro, se il processo aggregativo continua arriviamo dapprima alle tipiche gocce della pioggia e poi a quelle più grosse nei rovesci e temporali ove si raggiungono dimensioni fino a 3 millimetri.

Il raffreddamento radiativo

Questo è il processo fisico più importante per le nostre nebbie, questo tipo di nebbia tipico della Pianura Padana è chiamato nebbia da irraggiamento.

Ma di cosa si tratta? Non è altro che la perdita di calore notturna da parte della Terra sotto forma di radiazione infrarossa o onda lunga che determina così un raffreddamento dei primi strati adiacenti ai suolo.

Questo processo fisico fa saturare l‘aria adiacente al suolo fino al punto da creare il fenomeno nebbia e ciò avviene  lungo uno spessore che mediamente si sviluppa dal suolo fino a 200-300 m di altezza.

Forse molti di noi avranno notato che se il cielo di notte è coperto da nubi, le nebbie non si formano oppure sono molto deboli, questo perché le nubi impediscono una dispersione della radiazione infrarossa. Infine ricordiamo che a livello globale l’emissione di radiazione termica, ostacolata dai gas serra in eccesso, sta alla base del riscaldamento planetario.

Trend di diminuzione dei giorni di nebbia

Analizzando i giorni di nebbia presso gli aeroporti di Milano, Linate e di Verona Villafranca, siti rappresentativi del clima Padano di pianura, si è evidenziato un deciso loro decremento passando dai 100-140 giorni degli Anni Settanta fino ai 30/40 degli ultimi anni.

È emerso che le cause principali possono essere ascrivibili al riscaldamento globale e cambiamenti climatici, alla diminuzione dei nuclei di condensazione, alla maggiore dinamicità meteorologica ed infine alla maggiore cementificazione con conseguente riduzione della vegetazione.

La temperatura sia a livello planetario, che nazionale ha subito un costante aumento dal periodo preindustriale ad oggi, ed è in drammatico continuo incremento verso i fatidici +1.5 °C tanto discussi alla recente COP26.

Questo eccessivo “forcing” energetico, oltre ad incrementare gli eventi meteorologici estremi determina, nella stagione fredda, una riduzione dei processi di saturazione e condensazione allontanando così a livello locale una delle condizioni che portano alla formazione di nebbia.

Anche sul territorio veronese, esaminando l’andamento dei giorni con temperature inferiori o uguali a zero ( favorevoli alla formazione di nebbia con calma di vento e alta umidità dell’aria), si è notato che negli Anni Settanta si contavano 60/70 “giorni di gelo” ultimamente siamo scesi a circa 40/50 giorni annui.

Inoltre le condizioni sinottiche nel ventennio 1980-2000 (vedi figura sotto) vedevano valori di pressione superiori al valor medio di 1013.2 hPa, indice di una maggior presenza di sistemi anticiclonici e quindi di minor vento; mentre nel ventennio successivo 2001-2021 si osservano valori barici sotto la media per il prevalere di sistemi depressionari; ciò ha portato ad un certo aumento del vento negli anni che abbiamo visto essere motivo di ostacolo nella formazione della nebbia.

Diminuzione dei nuclei di condensazione

Negli ultimi 20 anni, grazie al monitoraggio dei principali inquinanti effettuato delle varie ARPA, si è osservato un trend in diminuzione specie di PM10, NO2, SO2 che risultano essere i principali precursori degli ioni nitrato, solfato e ammonio, e son questi ioni che fungono da “aggregatori” delle molecole di vapore acqueo formando così le micro goccioline di nebbia.

Un altro contributo notevole che ha permesso la riduzione dei giorni di nebbia è dato dalla cementificazione che, come si evince dalla figura sotto, è passata al nord da un consumo di suolo del 3-5% all’attuale 10% ed oltre, specie in Lombardia  e Veneto; ciò ha prodotto una equivalente sottrazione percentuale del verde con conseguente riduzione della fotosintesi clorofilliana e minore evapotraspirazione, tutto ciò ha  portato ad una riduzione dell’umidità dell’aria.

Si sono analizzati i fattori principali che stanno alla base della notevole riduzione del numero giorni di nebbia in Pianura Padana che ha raggiunto una percentuale del  50-60% rispetto agli ultimi cinquanta anni.

Essi sono in parte positivi in quanto conseguenti ad un calo generalizzato degli inquinanti, ma in parte anche negativi poiché fortemente legati al riscaldamento globale che sembra avere conseguenze anche su un minor raffreddamento notturno invernale.

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