Il delitto di Perugia, del 2007, non smette di fare notizia. È una gran brutta storia, senza colpevoli oltre ogni ragionevole dubbio. Tant’è che scarcerazione anticipata di Rudy Guede, che compie 35 anni il 28 dicembre prossimo, ha riacceso i riflettori sull’omicidio, di Meredith Kercher, allora appena 21enne.

La studentessa britannica è stata assassinata il primo novembre del 2007, a Perugia, in via Della Pergola, nell’appartamento che aveva preso in affitto per studiare. Era in Italia nell’ambito del programma universitario Erasmus. Meredith rappresenta quella mobilità internazionale di studenti e studentesse che caratterizza gli anni di università.

Rudy Guede, che aveva vent’anni al momento dell’omicidio, nel 2008 è stato condannato, per il delitto di Perugia, a 16 anni, con lo sconto di pena. Guede è stato ritenuto responsabile di “concorso in omicidio” e di “violenza sessuale” ai danni di Meredith Kercher.

Il giovane, di origini ivoriane, ha scelto il rito processuale abbreviato. Evitando il processo, con il relativo contraddittorio e l’esame dei testi, Guede è stato condannato con lo sconto di un terzo della pena.

Grazie alla buona condotta, Rudy Guede ha ottenuto ulteriori premi, la riduzione del tempo in carcere; e la liberazione anticipata da inizio gennaio 2022 al 20 novembre 2021.

Rudy Guede, durante la detenzione, ha studiato. Si è laureato in Storia, con una tesi sulle narrazioni e sui media. Ha ottenuto, grazie alla buona condotta, l’affidamento ai servizi sociali già quattro anni fa.

Egli è un buon esempio della funzione di reinserimento sociale che deve avere la pena. Pensa per un attimo cosa sarebbe accaduto se fosse stato condannato all’ergastolo, accusandolo di essere l’assassino di Meredith Kercher.

Qualcuno potrebbe pensare che la famiglia della vittima non ha avuto risarcimento alcuno, con una condanna alla fine a 16 anni carcere e con una dozzina d’anni dietro le sbarre; e il resto del tempo fra servizi sociale e liberazione anticipata.

Il problema, però, non è questo. Con la pandemia abbiamo potuto toccare con mano cosa siano tre mesi di “arresti domiciliari”. Proviamo a pensare cosa significhi passare dodici anni dietro le sbarre e ritenersi innocente. Rudy Guede, infatti, ha continuato a proclamare la propria estraneità all’omicidio di Meredith.

Nel giudizio abbreviato, il giudice formula la sentenza sulla base delle carte del pubblico ministero. Se si viene condannati c’è lo sconto di pena; ma non c’è modo di far valere le proprie ragioni, se si sta sulla sedia bollente dell’imputato.

Rudy Guede, per anni, non si è mai espresso in modo pubblico, sui media, della propria posizione innocentista. Del resto, il giudizio abbreviato è fatto anche per evitare la pubblicità del rito processuale. Il giovane si è poi fatto sentire nel 2015, in un’intervista a Franca Leosini, per il programma Storie Maledette.

In quel programma spiega come, secondo lui, si sono svolti i fatti. E chiama in causa Amanda Knox, lasciando capire in modo esplicito che la studentessa americana è l’assassina di Meredith. In via indiretta, Rudy Guede – che parla di un giovane assieme alla Knox quella sera dell’omicidio in casa di Meredith Kercher – chiama in causa anche il ragazzo di Amanda Knox, ovvero Raffaele Sollecito.

Meredith Kercher e la casa di Perugia dov’è avvenuto l’omicidio nel novembre del 2007

I riflettori su Amanda Knox e Raffaele Sollecito

Rudy Guede è rimasto sempre in un angolo in penombra. La vittima Meredith, da parte sua, è stata la meno presente sui media, come spesso accade, e messa in un angolo. Tant’è che non sappiamo chi siano i suoi assassini, visto che Guede avrebbe “concorso” nell’omicidio; ma non sarebbe l’omicida.

Tutta l’attenzione è stata concentrata su Amanda Knox, studentessa americana a Perugia che ben conosceva Meredith, e sul suo compagno di allora, Raffaele Sollecito.

Amanda Knox e Raffaele Sollecito hanno superato la prova di ben cinque processi. Alla fine sono stati considerati innocenti. Il ragionevole dubbio – previsto e sacrosanto nel dettato costituzionale – ha prevalso sulla caccia alle streghe e ai mostri.

Non solo. I giudici che assolvono Amanda Knox (20 anni al tempo del delitto) e Raffaele Sollecito (23 anni nel 2007) danno anche una strigliata agli inquirenti, sottolineando gli errori, il pressappochismo e le ingenuità commessi nella fase investigativa.

Sappiamo che Amanda Knox è stata al centro dei media. Il suo sguardo tagliente come una falce ha dato la stura a illazioni, ritratti e ipotesi che sono nate e cresciute nella mente dei narratori; e di chi ha letto i giornali e seguito le trasmissioni televisive.

Ad Amanda Knox è stato anche dedicato un docufilm che prende il suo nome. Ha pagato un prezzo altissimo al suo coinvolgimento, svolgendo il ruolo del Perfetto Colpevole – con Raffaele Sollecito poco dietro lei – per finire poi assolta da ogni accusa. Resta comunque su di lei il “sospetto oltre ogni ragionevole dubbio” secondo il processo mediatico e nella mente di molti lettori e spettatori.

Da sinistra, in senso orario, la vittima Meredith Kercher, Rudy Guede, Raffaele Sollecito e Amanda Knox

La vittima Meredith Kercher questa sconosciuta

Il numero di articoli dedicati alla vicenda di Perugia e il peso mediatico di ciascun personaggio coinvolto nel dramma ci danno la misura di quanto la vittima sia spesso trascurata nelle cronache.

L’informazione sulla vicenda perugina, dal giorno del delitto, il primo novembre 2007 ,a sabato 27 novembre, qualche giorno dopo la scarcerazione di Rudy Guede, è significativa.

Se guardiamo i dispacci dell’agenzia Ansa, la più importante agenzia d’informazione in Italia, possiamo registrare 3.440 lanci di agenzia che riportano nel testo il nome di Meredith Kercher; 3.019 quello di Amanda Knox; 2824 quello di Raffaele Sollecito e 1.229 il nome di Rudy Guede.

Se passiamo ai servizi Ansa, articoli quindi completi sul aspetti della vicenda di Perugia, solo 7 hanno Meredith Kercher nel titolo; 32 hanno Amanda Knox; 3 Raffaele Sollecito; 5 Rudy Guede. I dispacci di agenzia, quelli che si riportano mere notizie, ci danno 112 lanci con il nome Meredith Kercher nel titolo, 168 con Amanda Knox, 53 con Raffaele Sollecito e 38 lanci di agenzia con Rudy Guede.

Nel caso di Amanda Knox e Raffaele Sollecito pesa certamente l’attività di informazione dedicata ai loro cinque processi. Sta di fatto che quegli stessi processi riguardavano la ricerca della verità sull’uccisione della vittima, Meredith Kercher.

Non ci si può fermare ai soli numeri, che sono tuttavia indicativi dell’attenzione dei media. E ci indicano quale sia la persona di cui più si è parlato; la persona che ha fatto più notizia e che ha attratto l’attenzione dei media: Amanda Knox. In questo senso, l’agenzia Ansa – che fa dell’oggettività e dell’imparzialità il suo fondamento di esistere – è solo un segnale dell’attenzione mediatica.

Televisioni, talk show, servizi radiofonici e televisivi di approfondimento e dibattito hanno allargato la forbice. Il centro dell’attenzione è sempre stata lei: Amanda Knox. È lei a fare notizia. La vittima, come nel caso di Milena Sutter (Genova, maggio 1971) e del biondino della spider rossa, passa in secondo piano.

Meredith Kercher, 21 anni al momento dell’omicidio, studentessa britannica che studiava a Perugia

Come sottolineo spesso nel blog Il Biondino della Spider Rossa, concentrato sulle analisi critiche e irriverenti del mondo crime (fiction e casi reali), le vittime hanno sempre poca attenzione e poco spazio sui media.

Per quali motivi? Le ragioni sono almeno tre:

  • una sorta di pudore e rispetto verso la vittima di un omicidio, specie se giovane;
  • l’appiattimento dei media sulle narrazioni e le informazioni degli inquirenti;
  • l’impreparazione dei giornalisti nell’analisi vittimologica e criminologica

È molto più semplice raccogliere indiscrezioni, riportare versioni ufficiali, fare del gossip giudiziario che fare inchiesta. La stessa cosa accade in politica: più facile il chiacchiericcio e i comunicati dei leader politici, per fare il “pastone politico”, l’articolo che raccoglie le dichiarazioni, o articoli su singoli personaggi.

Molto più difficile – e con la necessità di avere competenze e conoscenze specifiche – seguire i lavori parlamentari, i passaggi tecnici di un provvedimento di legge e le azioni politiche che si traducono in atti di governo.

In campo giudiziario, non occorre grande specializzazione – ma caso mai capacità di relazione – per portare a casa una notizia. Assai diverso è l’avere competenze di analisi vittimologica, di studio della scena del crimine, di criminal profiling e di psicologia investigativa per capire un certo evento delittuoso.

Ci si lamenta del “circo mediatico”, dell’interesse eccessivo dei media e dei dibattiti in tv sui casi giudiziari. Sarebbe molto meglio chiedere di avere cronisti qualificati e preparati, in grado di incalzare – con analisi e domande – gli inquirenti; così come di leggere in modo critico i processi in aula.

Una democrazia vive anche di un sistema dei media che rappresenti la lotta al crimine sia durante i processi in aula, in cui si forma la prova; sia nella fase investigativa. E la fase investigativa, tesa a trovare il colpevole, non può esimersi dallo studio della vittima.

Questo vale per il delitto di Perugia, del 2007, con l’uccisione di Meredith Kercher. E vale anche per i processi ad Amanda Knox, Raffaele Sollecito e Rudy Guede.

Articoli e video sul caso di Meredith Kercher:

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