Strappare lungo i bordi: Zerocalcare debutta su Netflix senza tradirsi
La serie animata, da lui scritta, diretta e doppiata, ha un solo difetto: è troppo breve.
La serie animata, da lui scritta, diretta e doppiata, ha un solo difetto: è troppo breve.
È stata definita “la migliore serie Netflix italiana”. Non che ci volesse molto, e probabilmente Zerocalcare sarebbe d’accordo.
Sono anni ormai che Netflix mette in cantiere serie e film originali prodotti localmente e disponibili in tutti i territori (quasi cento) in cui è attivo il servizio. Una filosofia glocal che, da un punto di vista puramente strategico, ha perfettamente senso. E che, come si è visto di recente con la serie sudcoreana Squid Game, può anche generare veri fenomeni e scoprire talenti in giro per il mondo.
Anche in Italia sono state prodotte molte serie Netflix – da Suburra a Curon – ma, finora, nessuna aveva mai raggiunto il livello di qualità delle serie italiane realizzate da Sky, per dirne uno.
Strappare lungo i bordi, la serie animata creata, scritta, diretta e interpretata da Zerocalcare, alias Michele Rech, fumettista/fenomeno editoriale che ha venduto una valanga di copie delle sue graphic novel, aveva quindi la strada spianata. E si sarebbe potuta accontentare di fare giusto un po’ meglio delle altre serie Netflix nostrane. E invece.
Torniamo un attimo indietro. Nel 2018 esce La profezia dell’armadillo, tratto dalla prima graphic novel di Zerocalcare. Lui stesso scrive la sceneggiatura insieme a Valerio Mastandrea, ma poi entrambi si allontanano dal film per divergenze creative. Ne esce un prodotto con qualche ottimo spunto, ma che, in definitiva, non rappresenta l’autore e ne annacqua il messaggio.
I corti della serie Rebibbia Quarantine, realizzati durante il lockdown per Propaganda Live, ci avevano già dimostrato come lo sbocco naturale dell’opera di Zerocalcare non fosse tanto il cinema live action, quanto, appunto, l’animazione. Realizzati da Rech stesso, ne portavano avanti la filosofia animando, in sostanza, le sue ben note strisce. Il bello di Strappare lungo i bordi è che la sensazione resta la stessa, pur con un comparto produttivo di livello decisamente superiore e una vera squadra di animatori e artisti alle spalle.
Le nevrosi, le incertezze, il senso di inadeguatezza e di insicurezza che da sempre dominano le storie di Zerocalcare, attraverso le quali l’autore si confessa ai suoi lettori senza mai trovare vera catarsi (come nella vita quotidiana, del resto) sono intatti in Strappare lungo i bordi, che non è altro se non un’estensione di quei fumetti. C’è lo stesso tratto, ci sono gli stessi temi e il linguaggio usato, i riferimenti pop e l’autoironia sono gli stessi. La serie è 100% Zerocalcare, non c’è alcun dubbio su questo.
L’autore si rivela anche un discreto doppiatore e riesce a modulare la propria voce per doppiare tutti i personaggi in scena, come a sottolineare ulteriormente che tutto quanto si svolge tanto all’esterno quanto nella sua testa, che filtra ogni evento e, spesso, ne ingigantisce la portata, alimentando quel senso di inadeguatezza di cui sopra. Sono questioni molto personali e allo stesso tempo universali: Calcare è in grado di parlare a chiunque condivida questi stati d’animo con semplicità e chiarezza rare, da vero narratore. C’è una sola eccezione alla pratica di doppiare tutti i personaggi: Valerio Mastandrea dà voce all’Armadillo, da sempre la coscienza, il super-io, dell’autore. Ok, non è la sola eccezione ma… meglio non dire altro.
Come in La profezia dell’armadillo, in Strappare lungo i bordi Zerocalcare tira in ballo temi piuttosto densi e cupi, alternandoli al suo brevettato umorismo. Si ride moltissimo in diversi punti dei sei, brevi episodi di cui è costituita questa prima (?) stagione. E poi, a un certo punto, arriva la stoccata, il “polpo alla gola”. I lettori conoscono bene questo mix di humour e malinconia e, anche in questo, Rech non si è tradito nel passaggio su Netflix.
Se dobbiamo trovare un difetto alla serie è forse la sua durata troppo breve: sei episodi che raggiungono un massimo di venti minuti di durata, e che si possono vedere in meno di due ore. Una botta e via. Solo che poi si resta appesi, con il bisogno di vederne di più.
Zerocalcare si è confermato, comunque, come un narratore abile, capace di gestire più registri e di tenere uniti fili di trama paralleli per poi farli convergere in un finale potente e commovente. Per ora non gli si può chiedere di più. Sulla lunga distanza, invece, gli si può domandare di non abbandonarci qui e di realizzare altri episodi di Strappare lungo i bordi. E in fretta, anche.