Meno mobilità, più esclusione con una regolarizzazione a lumaca.

Si potrebbe riassumere in questo modo la condizione della popolazione immigrata in Italia secondo il Dossier Statistico Immigrazione, giunto alla 31esima edizione, curato dal Centro Studi e Ricerche Idos, da sette anni in collaborazione con il Centro Studi Confronti.

A sostenere questo progetto sono il Fondo Otto per Mille della Chiesa Valdese – Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi e l’Istituto di Studi Politici “S. PioV”.

L’immigrazione a Verona e provincia

I residenti stranieri in provincia di Verona a inizio 2021 sono l’11,6% della popolazione, ossia 106.932.

Un dato stabile che conferma un calo di ingressi che dura prima del Covid-19 per la mancanza di canali stabili di ingresso per lavoro. E nell’arco di sei anni 22.073 sono state le cittadinanze italiane date, per lo più dei giovani.

Il focus su Verona a cura della sociologa del Cestim, Gloria Albertini, fa il punto anche sulla situazione della scuola.

Gli alunni con cittadinanza non italiana sono stati penalizzati per le lunghe interruzioni della didattica in presenza.

Il massiccio ricorso alla Dad – soprattutto nei gradi di istruzione superiori – ha sprigionato gli effetti escludenti delle disuguaglianze economiche, sociali, linguistiche e culturali delle famiglie di molti alunni stranieri, acuendone le fragilità e difficoltà di permanenza nel circuito scolastico.

L’abbandono scolastico sale al 29% a fine aprile 2021.

Per la pastora valdese di Verona, Laura Testa, il mercato del lavoro italiano e il welfare non sono attraenti: «Viviamo in un paese che non ha saputo leggere negli anni i numeri dei migranti in Italia. I criteri per diventare cittadini sono antichi e chi sostiene i nostri anziani nella cura e nel pagamento delle loro pensioni sono sempre meno.»

L’immigrazione a livello nazionale

Complice la pandemia, nel 2020 l’Italia non solo ha conosciuto, per il secondo anno consecutivo, il numero di nascite in assoluto più basso dall’Unità d’Italia (404mila, ossia meno 16mila rispetto al precedente record negativo del 2019), ma ha registrato anche un numero di decessi paragonabili a quelli dell’immediato dopoguerra (746mila, ossia ben 111.700 in più rispetto al 2019).

Per gli immigrati e in particolare le donne straniere, la strada è ed è ancora in salita. Una persona su quattro disoccupata è immigrata e gli inattivi (ossia che non lavorano e non cercano occupazione) tra le persone di origine straniera sono il 28,2%.

Il tasso di occupazione degli stranieri è diminuito di oltre 6 volte rispetto a quello degli italiani (-3,7% contro -0,6%), scendendo al minimo storico del 57,3% e attestandosi, per la prima volta, a un livello inferiore a quello degli autoctoni (58,2%).

Sempre meno lavoro, soprattutto per le donne

Se tra gli italiani il calo dell’occupazione ha colpito in misura analoga uomini e donne, tanto nel numero assoluto (-1,3% e -1,6% rispettivamente) quanto nel tasso di occupazione (-0,6% per entrambi), tra gli occupati stranieri le donne sono diminuite, nel numero, quasi 3 volte in più rispetto agli uomini (-10,0% contro -3,5%) e oltre 6 volte in più rispetto alle donne italiane.

Nel tasso di occupazione, di oltre il doppio rispetto ai maschi (-4,9%contro -2,2%).

In particolare, le donne sono sovrarappresentate tra gli stranieri che hanno perso il lavoro, raggiungendo addirittura il 62% tra i comunitari.

Per la popolazione femminile i lavori sono poco tutelati e particolarmente esposti alla precarietà e alle restrizioni (oltre che al rischio di contagio).

Più della metà lavora in sole 3 professioni: collaboratrici domestiche, badanti, addette alla pulizia di uffici ed esercizi commerciali (a fronte di 13 professioni per gli uomini stranieri e 20 per le donne italiane) e ben il 39,7% è un’addetta ai servizi domestici o di cura.

Sul calo dell’occupazione femminile straniera, dunque, ha pesato anche la lentezza con cui procede la regolarizzazione dell’estate del 2020, relativa al settore domestico nell’85% dei casi (a fine luglio 2021 solo il 27% delle domande era giunto a definizione con il rilascio di un permesso di soggiorno).

L’immigrazione a livello globale

A metà del 2020 i migranti nel mondo sono 281 milioni (per il 48% donne), un numero pari al 3,6% dell’intera popolazione planetaria (7,8 miliardi di abitanti), cresciuti in un solo anno di ben 9 milioni.

Negli ultimi 20 anni i migranti forzati sono quasi quadruplicati nello stesso periodo: da 22,9 a 82,4 milioni.

Nel 2020 le restrizioni alla mobilità umana sembrano aver penalizzato soprattutto i profughi, da una parte restringendo le loro possibilità di fuga e, dall’altra, impedendo gli interventi e gli approvvigionamenti nei vari campi, spesso sovraffollati, in cui vengono tenuti confinati.

Non a caso, tra i migranti forzati nel mondo, i richiedenti asilo (4,1 milioni) sono ben 1,5 milioni in meno rispetto alle previsioni Onu per il 2020, mentre ben 48 milioni sono sfollati interni (quindi migranti che non sono usciti dal proprio Paese).

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