Lo ha certificato il report sul consumo di suolo 2021 del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA): Verona si conferma protagonista con il suo +166 (ettari) di suolo cementificato nel periodo 2019-2020, in barba alle dichiarazioni del governatore del Veneto Luca Zaia che, a ottobre 2017, affermava orgoglioso: “Noi siamo la prima regione d’Italia ad aver dotato il territorio di una legge sul consumo zero di suolo”. Un anno, il 2017, campione nella categoria “annunci rimasti sulla carta” con il Referendum consultivo per l’Autonomia del Veneto.

A Verona, intanto, cominciano a farsi sentire una sensibilità ambientale e un disagio dal basso sempre più condiviso, come dimostrano le proteste per la vicenda dell’area ex Bam in via Mameli; lo vivono pure molti cittadini di periferie come Sezano, che si oppongono alla cementificazione dell’area nei pressi del monastero o di San Michele, per i terreni coinvolti dal passaggio della TAV e contro il disboscamento dei quali è partita una petizione al sindaco Federico Sboarina, oppure dell’area di Verona est oggetto della Variante 29.

Federico Benini, consigliere comunale

In quest’ultimo caso, è passato già più di un mese da quando l’associazione Montorioveronese.it e il Comitato Fossi Montorio hanno consegnato all’assessora all’urbanistica Ilaria Segala una petizione, sottoscritta da 1200 firme circa, per segnalare le criticità della suddetta Variante, specie nella parte che riguarda l’azienda ex Sapel. La Variante, approvata a fine luglio 2021, ha tenuto conto in modo molto limitato dei suggerimenti della minoranza e dei comitati spontanei dei cittadini sul territorio, confermando così l’impressione di Federico Benini che segnalava in suo post come la “[…] Variante 29 era stata annunciata come la Variante ‘verde’. Poi come quella che avrebbe dovuto sancire la fine del consumo di suolo a Verona. Poi ancora come la Variante dei ‘masterplan’ che avrebbe dovuto mettere i quartieri al riparo dallo sviluppo disordinato degli ultimi 15 anni. Alla fine dei conti, però, Verona dovrà accontentarsi della solita variante urbanistica priva di inventiva e innovazione che continua a consumare suolo, non risolve i problemi dei quartieri e dissemina la città di funzioni e servizi senza criterio alcuno e senza rispetto per lo sviluppo armonico dei quartieri”.

Il Masterplan della Variante 29

Un progetto, quello della Variante 29 nell’area dell’ex Sapel che, secondo i cittadini riuniti nelle associazioni sul territorio, avrebbe un impatto negativo sull’area: cementificazione e consumo di suolo, aumento del traffico a fronte di collegamenti non adeguati ai flussi previsti e, infine, deturpamento naturalistico dell’area. La petizione, di fatto, si opponeva fermamente al progetto che prevedeva 12000m2 di abitazioni, 2000m2 di commerciale e 5.700m2 di uffici (anche l’ufficio è stralciato, pure questo atto dovuto) per un totale di ben 20.000 m2 di cemento.

Vediamo, allora, con Claudio Ferrari, Presidente del Comitato Fossi Montorio, quali sono le criticità e le prospettive per questa zona dell’est veronese e la qualità dei rapporti tra Comune e Comunità locali.

Claudio Ferrari, presidente Comitato Fossi Montorio

Partiamo, per Montorio, dalle motivazioni dell’Amministrazione. Si tratta di riqualificare una zona degradata e abbandonata…

«Il fatto è che c’è un peccato originale di fondo: è stata fatta passare come area in disuso e degradata. L’area, invece, non è in disuso; brutta può darsi, specie per quanto riguarda il capannone, ma degradata no. Quindi il senso di tutta questa urgenza onestamente sfugge… o forse no.»

Ovvero?

«Partiamo da un dato: tutto nasce da un progetto di un privato e non possiamo non considerare l’antefatto storico. Quel capannone è stato costruito sulla base di un accordo (la variante 21 del 1980 ndr) che intendeva tutelare i posti di lavoro dell’ex Sapel. L’area del capannone, che era terreno agricolo, è stata così convertita in area industriale. Quindi, il proprietario (il defunto Franco Rizzi) ha già beneficiato non solo del cambio d’uso dell’area su cui poi ha costruito, ma anche dell’area di lato dove sono stati costruiti ulteriori capannoni a suo tempo venduti. Ovvero: hanno convertito aree, costruito, affittato e venduto, traendone – immagino – un bel guadagno ma sono successivamente venuti meno all’accordo perché l’attività industriale è stata chiusa. Ora, siccome non sanno cosa farsene del capannone, ecco il progetto della Variante 29.»

Il fabbricato incompiuto sul Fontanon, Montorio

In un suo post del 28 maggio, al Circolo Primo Maggio con l’assessora all’urbanistica Ilaria Segala e il prof. Galluzzi sulla Variante 29, sembra abbiate riscontrato una ridotta volontà di confronto del Comune con la cittadinanza di Montorio.

«L’hanno spacciata ancora una volta come un’operazione necessaria e utile per la comunità, per rendere permeabile il terreno, per dare un volto nuovo alla città tanto da chiamarla la “Variante Sboarina”. Non è così e lo dimostra il fatto che hanno portato a termine tutta questa operazione nel periodo estivo così che la gente non potesse accorgersi più di tanto del fatto che si stava portando a compimento un colossale progetto puramente speculativo. La realtà è che l’Amministrazione affida tutta la sua progettualità ancora una volta alle sole proposte dei privati, che fanno giustamente progetti nel loro interesse ma a svantaggio dell’interesse pubblico. Prendiamo la questione del decoro, uno delle motivazioni della Variante 29: nella zona antistante il Fontanon c’è un edificio incompiuto da 13 anni e non c’è stata un’Amministrazione che sia stata in grado di dire: “beh, o lo finisci o lo abbatti”. Questo progetto della Variante non porta alcun sostanziale vantaggio ai cittadini di Montorio e di Verona; anzi, porterà una serie di disagi legati al traffico su cui impatteranno i nuovi 100 appartamenti.»

Parte del capannone ex Sapel protagonista della vicenda

Anche se in fase di approvazione i Vostri emendamenti sono stati respinti, sembra tuttavia che, rispetto all’area commerciale e direzionale, le vostre richieste siano state accolte.

«Sembra, ma non è così. Non è una scelta del Comune: è un semplice atto dovuto fatto passare mediaticamente come accordo. In realtà, le aree per gli uffici e il commerciale sono state stralciate perché è stato raggiunto il limite per la creazione di nuove aree. Non solo: anche la promessa che questo progetto non comporterà consumo di suolo se la dovranno necessariamente rimangiare, perché per sostenere l’aumento del traffico legato ai nuovi flussi residenziali dovranno per forza fare una strada, il che significa tombinare o spostare un corso d’acqua e incidere così in modo significativo su un fragile equilibrio come quello della zona ambientale delle risorgive.»

La vostra proposta?

«Bisogna rimettere al centro l’interesse collettivo e avere il coraggio di fare scelte chiare e nette. La nostra proposta è l’istituzione di un “Parco Naturale delle Sorgive della bassa Val Squaranto” per limitare azioni speculative e impedire che Montorio, che oggi viene spacciato come quartiere di pregio, diventi un quartiere anonimo. A Montorio si è costruito molto, troppo, come dimostra per esempio la trasformazione dell’anno scorso in via della Segheria. In una via molto stretta una palazzina è passata da 2 a 20 appartamenti, col risultato di rovinare il parco dove i pochi alberi risparmiati, nascondono a malapena lo scempio effettuato. La soluzione sarà radicale finché si vuole ma è una sola: il costruito (il capannone oggetto della Variante 29) è stato ottenuto all’interno di un accordo non rispettato dalla Proprietà; pertanto, lo si demolisca e si faccia un bel parco. Il Pubblico deve ritornare a farsi sentire rispetto alla speculazione, anche perché non c’è nessuna urgenza, anzi: mentre si continua a costruire la popolazione di Montorio demograficamente decresce.»

L’assessora Ilaria Segala

C’è qualcosa che vi ha particolarmente colpito della vicenda in modo negativo?

«Il rapporto con l’assessora Ilaria Segala è complicato. Per esempio, non condivide i nostri rilievi in merito alla sua proposta di potenziamento di via Pedrotta; un progetto che sottovaluta l’impatto ambientale e la situazione specifica di una via che nel week-end, di fatto, diventa quasi pedonale. Certo non le fa piacere, ma è la verità quando le diciamo che persino l’ex assessore Vito Giacino e l’Amministrazione Tosi si erano opposti al progetto ex Sapel, perché quando nel 2011 la Proprietà aveva proposto di costruire 130 appartamenti ne aveva ottenuti solo 67, tanto da ritirare la scheda del progetto.»

Però la Circoscrizione, che dovrebbe essere la voce del territorio, ha dato parere (non vincolante) positivo.

«Hanno votato a favore (6 a 5) un po’ perché non hanno capito, un po’ per ordine di partito, un po’ perché sono stati ingenui. Hanno fatto questo ragionamento: votiamo sì ma segnaliamo le criticità nelle osservazioni. A palazzo Barbieri si sono poi accorti che il problema viabilistico c’è, così come evidenziato dalle osservazioni della Circoscrizione quanto dagli emendamenti della minoranza. Non essendo il problema viabilistico risolvibile e avendo compreso che questo avrebbe sicuramente affondato il progetto della Variante 29, la maggioranza ha bocciato osservazioni ed emendamenti e così è rimasto solo il parere positivo. La verità è che tutto è già stato deciso almeno da novembre 2020, quando sono venuti in pompa magna con le telecamere a dire che questo era un luogo da risanare; così importante da smuovere persino il Sindaco, che qui a Montorio non abbiamo altrimenti visto mai. Tutte le osservazioni e i rilievi [da presentare fino al 4 ottobre, N.d.A.] che faremo, sappiamo, purtroppo, che avranno semplicemente un valore di semplice testimonianza.»

Le associazioni sul territorio sembrano fin troppo egoistiche e particolaristiche e spesso falliscono perché non sanno fare sistema. Sta cambiando qualcosa?

«Abbiamo dei contatti con le associazioni di Avesa, Sezano, Chievo e dell’area ex Bam; è un discorso complesso quello di collegare le forze di realtà saldamente radicate nel locale e poco strutturate, con i ridotti mezzi delle energie dei volontari. Ma c’è uno spiraglio, come dimostra l’esperienza di coordinamento con collettivi come Valli Ferite: la salvaguardia e la tutela di ciò che rimane dell’ambiente, anche veronese, è un messaggio che deve essere condiviso e che deve acquistare forza e rilevanza perché i nostri figli abbiano un luogo migliore dove vivere.»

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