Diciamocelo, il passato – politico e non – di Silvio Berlusconi è abbastanza lontano dal profilo di partigiano di un Sandro Pertini, da quello di padre costituente di un Oscar Luigi Scalfaro, o da quello di studioso costituzionalista di Sergio Mattarella e non ci è davvero facile immaginarlo Presidente della Repubblica.

Potremmo però dire che, tutto sommato, come capo delle forze armate potrebbe veder sublimata la sua passione per le barzellette da caserma, per non parlare del ruolo di presidente delle magistratura, nel quale potrebbe profondere una non comune esperienza di procure e di palazzi di giustizia. Senza contare che non rischierebbe nemmeno di ritrovarsi ancora davanti le terga per lui poco invitanti di Angela Merkel: anzi, a quel punto potrebbe farsi vanto di essere politicamente sopravvissuto pure a quelle.

In fondo, non sarebbe che l’ultimo atto della sua storia di rovesciatore seriale di paradigmi politici, di demolitore di equilibri istituzionali, di terrorista dei protocolli.

Son cose che ha fatto per quasi trent’anni, ma che ora, davanti alla prospettiva di vederlo al Quirinale, ci lasciano un poco sconcertati.

Silvio c’è?

Il fatto è che ci eravamo dimenticati di lui. Il green pass, i no-vax, il governo del “dentro tutti fuorché uno”, Giuseppe Conte presidente del M5s… Per non parlare della campagna elettorale per le amministrative, con un candidato per Roma che vuol far tornare la città allo splendore imperiale e uno su Milano che va in ospedale a curare i bambini con la pistola nella cintola.

Ce n’era e ce n’è più che a sufficienza per esserci un po’ scordati di Silvio.

Eppure nel suo caso essere assente è solo un modo di essere diversamente presente. Una volta, nel periodo in cui, dopo i fasti del ’94, tutti credevano che piuttosto di stare all’opposizione Berlusconi avrebbe mollato la politica, un suo stretto collaboratore mi disse: «lui annusa l’aria e sente sempre il profumo della bistecca».

E c’è sempre qualcuno pronto ad apparecchiargli la tavola. Questa volta Matteo Salvini, che tanti difetti avrà, ma di sicuro ha la straordinaria capacità di lanciarsi nei più spericolati salti mortali di comunicazione politica, ci ha detto che la bistecca è sulla griglia e potrebbe essere cotta da qui al febbraio dell’anno prossimo, con l’elezione del nuovo Capo dello Stato.

Tanti nodi da sciogliere prima della scalata

Dietro c’è in realtà un groviglio di situazioni e rapporti complicato, ma per nulla banale: più di qualcuno, da tempo, immagina al Quirinale Mario Draghi che però (lo dice Salvini, ma lo pensano tutti) per ora è meglio che resti a capo del governo più scomodo della storia della Repubblica, che tra l’altro garantisce a tutti di stare nella stanza dei bottoni e – cosa non trascurabile – lontani da un’elezione con posti da parlamentari tagliati e quindi difficile da affrontare.

Per lo stesso leader della Lega, una lisciata di pelo alle ambizioni del Cavaliere ha anche il senso di ritrovare la sua benevolenza, utile nella guerra interna al centrodestra con Fratelli d’Italia.

A prescindere dall’opportunità, poi, lo stesso Draghi potrebbe avere ruolo nella corsa al Quirinale in virtù di un vecchio debito nei confronti proprio di Berlusconi, che a suo tempo lo volle fortissimamente a capo delle BCE, a costo di convincere Lorenzo Bini Smaghi – che proprio non era un signor nessuno – a lasciarne il board nel 2011.

Insomma, quel profumo di bistecca nell’aria non è così difficile da avvertire. È che tra green pass, no-vax e Conte ci si è un poco indebolito l’olfatto. E forse non vogliamo ammetterlo, ma Silvio, in realtà, ci manca.

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