Chievo, il TAR decreta la parola fine
Il giudice del Lazio, in cui si riponevano gran parte delle speranze della squadra gialloblù, ne rigetta il ricorso, con pesantissime ripercussioni su società e non solo.
Il giudice del Lazio, in cui si riponevano gran parte delle speranze della squadra gialloblù, ne rigetta il ricorso, con pesantissime ripercussioni su società e non solo.
Anche se ci sarà ancora qualche ricorso da presentare ed espletare (al Consiglio di Stato subito, poi chissà) sembra essere stata posta la definitiva parola fine alla storia dell’A.C. ChievoVerona, almeno quella nel calcio professionistico. Le speranze di superare con un esito favorevole le forche caudine del TAR, infatti, sono naufragate questa mattina, con la bocciatura del ricorso e della richiesta di sospensiva cautelare, presentate avverso il verdetto negativo del Collegio di Garanzia del Coni, che ne aveva respinto l’ammissione alla prossima Serie B.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, unico giudice deputato a dirimere le questioni legate al mondo del calcio, non ha ritenuto congrue le motivazioni e la documentazione presentate dai legali della società di via Galvani, fra cui anche Bernardo Giorgio Mattarella, figlio del Presidente della Repubblica Sergio. In definitiva non ha accolto le istanze presentate, che dovevano – nella speranza di molti – in qualche modo ribaltare quanto già deciso dalla FIGC e dal CONI nelle settimane precedenti.
Come primo effetto di questa decisione si potrebbe avere l’immediato termine del vincolo dei giocatori (anche se il Chievo ha inviato una diffida alla FIGC proprio per scongiurare questa eventualità, ndr), che potranno ora accasarsi dove vorranno e senza nemmeno la possibilità per il Chievo di monetizzare sulle varie cessioni. Un patrimonio di oltre 16 milioni di euro, che avrebbero peraltro potuto essere molto utili per pagare almeno parte dei debiti accumulati, i quali ora difficilmente troveranno soddisfazione. Come dicevamo già una settimana fa, questa sentenza peserà oltre che sulla vicenda sportiva, anche sulle casse di decine e decine di persone, la maggior parte delle quali assolutamente incolpevoli rispetto alla situazione che si è creata in questi ultimi anni. Un vero peccato soprattutto per loro e per tutti i fornitori ancora in credito con il Chievo, ma la linea dura scelta fin dall’inizio non ha trovato crepe, nei vari gradi di giudizio, almeno fino a questo momento. La speranza è l’ultima a morire, si sa, ma difficilmente i prossimi step potranno invertire questa rotta.
I tifosi stanno manifestando in queste ore tutto il loro smarrimento e la loro frustrazione. Sui social si sono accese feroci discussioni sulle effettive responsabilità e il comportamento della società. Chi inneggia ancora a Sartori (lasciato andar via con troppa leggerezza), chi a Pellissier (identificato come il grillo parlante e quindi isolato perché scomodo). Tutti, comunque, sono contro l’attuale dirigenza (De Giorgis in primis, ma anche Campedelli non viene risparmiato nelle critiche), anche se le magagne, lo sanno tutti, sono nate tempo fa, da prima che arrivasse l’attuale direttore sportivo, che ha tentato – evidentemente invano – di metterci una pezza. Solo nelle stanze dei bottoni di via Galvani, però, sanno effettivamente di chi siano le responsabilità attuali e da fuori, in mancanza di comunicazioni ufficiali, è difficile anche solo provare a dare una valutazione complessiva che possa suonare vagamente corretta.
Certo è che il Chievo fino a qualche anno fa era considerato un vero e proprio gioiello e pur essendosi ormai attestato da tempo nella seconda parte della classifica rimaneva un’anomalia – una splendida anomalia, verrebbe da dire – del calcio nostrano. Tanto da avere più tifosi fuori che dentro le mura di Verona, dove il fenomeno Hellas, tornato ormai stabilmente nel calcio che conta, aveva recuperato le simpatie dell’intera città. Poi qualcosa si è rotto con la vicenda delle plusvalenze e con la immediata scivolata in B, che hanno messo definitivamente in difficoltà le casse societarie.
L’attuale vicenda, che potremmo definire più fiscale che di bilancio, ha portato infine alla cancellazione dai campionati professionistici, cancellazione che appare ingiusta, inesorabile, troppo rapida. Una fine ingloriosa per un sodalizio che avrebbe meritato una sorte ben diversa. Un vero peccato per il Chievo e per il suo settore giovanile, per il Bottagisio e per Veronello, per i tifosi e per la città intera, che perde una delle tre squadre che poteva vantare, unica in Italia, come militanti nei principali campionati di calcio. Il futuro appare a dir poco nebuloso e non si sa bene, al di là dell’inevitabile prosecuzione estiva dei vari ricorsi, quale sarà l’effettivo destino del “Ceo”.
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