La notte di Cape Town si copre di fronte all’inverno australe. Una pioggia battente, e raffiche di vento mutevoli, capricciose, danzano nel buio senza concedersi tregua. Arrivano dall’Oceano Atlantico, il mare grande che ogni cosa inghiotte e, con la forza di una divinità degna di rispetto e riverenza, ogni cosa, lentamente, cancella. Chi vive da queste parti ama il sibilo notturno, un canto di sirena, e ne soffre la mancanza quando il vento tace e smette di strappare le vesti al buio.

Oggi, di fronte alla rabbia e all’assalto che, da decenni, sembravano dimenticati, il Paese è in silenzio. Non è il mutismo di un anno fa. Non ci sono sguardi rassegnati, in attesa di un mutamento planetario. I diritti e i doveri civili, la pace, e le misure necessarie per tutelarne l’inviolabilità, non possono essere scalfiti dalla contingenza, da ciò che sta accadendo. Esiste, a questo proposito, una carta costituzionale, un richiamo istituzionale e simbolico, che qui, oggi più che mai, esige rispetto.

L’esercito e la polizia sudafricana fermano dei rivoltosi. I disordini sono iniziati dopo l’arresto dell’ex presidente Jacob Zuma, condannato dalla Corte costituzionale a 15 mesi di carcere per oltraggio alla corte dopo essersi rifiutato di presentarsi davanti alla commissione di inchiesta, che indaga sulla corruzione durante gli anni della sua presidenza. Iniziata nella provincia d’origine di Zuma, il
KwaZulu-Natal, la protesta è diventata insurrezione popolare, e sarebbe stata sobillata da organizzazioni che mirano a destabilizzare il Paese. Foto Government Communications (ndr).

Il Mandela Day, la celebrazione che cade il 18 luglio e incontra il favore di un’intera nazione, non è solo una festa nazionale: rappresenta l’intero anno, e gli anni a seguire, e nessuno si sente escluso dal perimetro di questo abbraccio circolare. Nonostante il prolungato lockdown e nonostante le difficoltà economiche e politiche che hanno cadenzato gli anni recenti.

Una fotografia, scattata all’ingresso di un mall preso d’assalto dalla folla e rimbalzata sui giornali di tutto il mondo, non può arrogarsi il diritto di descrivere, o narrare, una nazione.

Nonostante le tensioni sociali, per lo più irrisolte, che caratterizzano con forza questo Continente, il Sudafrica ha creduto, un giorno, che un altro mondo fosse possibile. Ha provato a realizzarlo e, pur con fatica, ne sta segnando la direzione con i propri passi.

Uno dei tanti messaggi che dall’inizio delle sommosse hanno cominciato a circolare via chat alla ricerca di aiuto. Molta parte della popolazione critica il governo per non essere intervenuto subito nel reprimere le rivolte e garantire la sicurezza degli abitanti. Ad oggi la conta delle vittime arriva a 212 persone, tra cui molte schiacciate dalla calca durante l’assalto ai centri commerciali (ndr).

L’esercizio di memoria è una lama a doppio taglio: spesso, compiendo un errore metodologico, lo si attua per cercare conforto, consolazione, o per illudersi che le cose non vadano poi così male come sembra. Talvolta, sempre più raramente, lo si mette in moto per perfezionare un’analisi, per capire meglio l’oggi.

Volgersi indietro è un gesto istintivo, ma l’analisi della Storia, anche quella recentissima, richiede anche lucidità di memoria, equidistanza. Se ignoriamo questi aspetti fondamentali, forse rischiamo di praticare lo sport più di moda, quello che non richiede fatica né passione: il giudizio a priori.

Ciò che dovrebbe creare imbarazzo, in primis, a chi lo esprime. A chi, assuefatto all’idea di un mondo necessariamente distopico, propone, attraverso i mass media, un’idea di nazione ad uso e consumo immediato del lettore, senza rincorrere, con metodo e rigore, le tracce della verità. Tracce che, per essere svelate, richiedono sempre impegno, fatica e passione.

Oggi, più che mai, un esercizio di memoria è dovuto. E richiede silenzio. E rispetto. Il rispetto per un popolo e per la sua dignità, quella che il mare grande, con le sue onde fedeli, imponenti, non è mai riuscito a cancellare.

Di Corrado Passi leggi anche >> Mandela Day, la luce mai spenta di un Paese

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