Giovedì 8 luglio un nubifragio accoglie l’arrivo a Villafranca di uno dei re indiscussi di Roma e della canzone italiana, Antonello Venditti, che posta sulle sue pagine social foto di chicchi di grandine grandi come noci che colpiscono il suo camerino. Il servizio meteo rassicura la produzione del concerto all’interno del castello scaligero: alle 21 smetterà di piovere e Antonello ironicamente scrive che “ci sarà da divertirsi”.

Effettivamente alle 21 una folla dubbiosa aspetta ordinatamente di entrare e prendere posto, fa molto freddo ma la tempesta è passata. È sempre straniante il distanziamento sociale imposto dalle regole covid, le sedie sono molto lontane e il palco sembra quasi un miraggio. Ci pensa Venditti a scaldare la serata, uscendo alle 21.30 senza divismo, senza effetti speciali, come un padrone di casa che accoglie gli amici. Chiacchiera senza filtro, racconta del periodo difficile vissuto da tutti a causa della pandemia, ricorda la scomparsa dell’amica Raffaella Carrà e cerca di azzerare le distanze fisiche con il suo pubblico con la sua eccezionale empatia.

Immancabili i grandi classici

La prima parte del concerto è un grande tributo a uno degli album fondamentali per la musica italiana “Sotto il segno dei pesci“, uscito nel 1978. Si parte con la title track e si continua con “Bomba o non bomba”, “Sara”, “Giulia”. Tutte le canzoni sono impreziosite dai racconti di Antonello, che ricorda il contesto storico e sociale che ne ha accompagnato la scrittura, il rapporto difficile con i suoi genitori, con la ricca borghesia romana, con le difficoltà di un’adolescenza solitaria, della sua battaglia per la vita, vinta esclusivamente grazie alla musica e al pianoforte. È ovviamente lo strumento che domina il palco, bianco e maestoso. Venditti suona e canta senza risparmiarsi, è accompagnato da una band di assoluta maestria, capeggiata dal maestoso sax di Amedeo Bianchi. Niente coristi nè registrazioni, canta con il tipico vibrato, riempie il palco con la sua voce unica e piena di colori.

Antonello Venditti al Castello di Villafranca, foto di Elena Castagnoli

Il concerto diventa una serata tra amici, i racconti riportano alle estati romane calde e bellissime degli anni settanta, agli inizi della sua carriera, con “Marta”, la prima canzone scritta in cui nascondeva se stesso, con “Lilly”, un brano doloroso dedicato alla scomparsa di un’amica morta di overdose, in anni in cui i drogati erano zombies senza scampo. Attacca “Lilly”, visibilmente emozionato, chiede scusa per averla fatta involontariamente diventare una hit, forse a causa dell’arrangiamento con le chitarre acustiche, questa sera decide di proporla nella versione scarna come avrebbe dovuto essere incisa nel 1975.

Una biografia fatta di canzoni

Inizia poi la parte più personale dello show, quella in cui Antonello ricorda i suoi dolori affettivi, la separazione dalla moglie Simona Izzo. Sono anni molto bui accompagnati da pensieri suicidi, stroncati sul nascere dall’amico Lucio Dalla, che gli procura una nuova casa a Roma, gli compra un pianoforte, con cui Venditti scriverà “Notte prima degli esami“, la sua canzone più importante. È il brano che avvicina le generazioni, che con poche immagini sa colpire l’immaginario collettivo e anche stasera è cantato in coro dalla platea, sopraffatta dalle emozioni che porta con sè. La scaletta continua con tutti i grandi successi, fortunatamente non c’è karaoke, forse scoraggiato dal distanziamento delle sedute (non tutto il male viene per nuocere) e il canto di Venditti sovrasta la notte stellata. Ascoltiamo “Ci vorrebbe un amico”, “Dimmelo tu cos’è”, “Dalla pelle al cuore”, “Amici mai”.

Antonello chiede a tutti di alzarsi e di intonare con lui “Benvenuti in paradiso” e “In questo mondo di ladri”, il pubblico balla, canta e si avvicina al palco per l’ultima bellissima “Ricordati di me”, con cui Venditti saluta Villafranca.

Si congeda ringraziando tutti, grato soprattutto al cielo stellato, un miracolo dopo la tempesta che poteva rovinare la magia di una serata impeccabile.

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