Quando si telefonava con i gettoni
Le cabine telefoniche, un tempo unico strumento per le chiamate fuori casa o dai luoghi di vacanza, con la diffusione degli smartphone e di internet sono ormai diventate un arredo urbano demodé
Le cabine telefoniche, un tempo unico strumento per le chiamate fuori casa o dai luoghi di vacanza, con la diffusione degli smartphone e di internet sono ormai diventate un arredo urbano demodé
Vederle per strada non ci fa quasi più effetto. Al massimo, quando le notiamo, ci chiediamo se qualcuno le usi ancora. E in effetti le cabine telefoniche in circolazione sono sempre meno.
Fino agli anni duemila i telefoni pubblici erano considerati un vero e proprio servizio universale, tanto da spingere l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) a stabilire un insieme di criteri tassativi da rispettare nell’installazione delle postazioni sul territorio italiano.
Ad esempio, si prevedeva un numero minimo di telefoni pubblici in funzione della popolazione residente nei Comuni, con una particolare attenzione ai luoghi di rilevanza sociale come caserme e ospedali.
L’inizio della fine possiamo farlo risalire a maggio del 2009, quando l’Agcom ha autorizzato la Tim, l’azienda che gestisce le cabine, ad avviare una progressiva operazione di dismissione che negli ultimi anni ha subito un’accelerata.
Un destino inevitabile per il mezzo pubblico di comunicazione per eccellenza, un tempo unico strumento per le chiamate fuori casa o dai luoghi di vacanza e oggi ridotto, con la diffusione degli smartphone e di internet, ad arredo urbano démodé.
Sul sito di Tim si parla di più di 40mila telefoni pubblici attivi. Questo numero comprende anche i telefoni che troviamo all’interno di ospedali, carceri, stazioni e rifugi di montagna, a cui vanno aggiunte le postazioni installate all’interno di luoghi privati come bar e ristoranti, a seguito di un accordo commerciale tra il gestore del locale e l’operatore telefonico.
Le cabine presenti per strada, invece, sono circa 18mila. Nel 2007 ammontavano a 43mila. Numeri impietosi, se pensiamo che nel 2001, appena vent’anni fa, le cabine erano a quota 145mila.
Sempre sul sito di Tim è possibile selezionare la regione che ci interessa e scaricare l’elenco delle postazioni attive, con tanto di indirizzi in cui trovarle e modalità di utilizzo (scheda, monete, o entrambe le opzioni).
Per la città di Verona si parla di 127 cabine stradali, ma l’elenco risulta fermo a maggio 2019.
Eppure, qualcuno che chiama ancora dalla cabina c’è.
Stando ai dati dell’Agcom, dal 2010 al 2017 il numero di chiamate dalle postazioni pubbliche si è ridotto dell’80 per cento, passando da 96 milioni circa a poco più di 18 milioni; i minuti trascorsi in cabina dagli italiani nello stesso periodo sono passati da 128 a 20 milioni.
La durata media di una chiamata si ferma poco sopra il minuto, segno che l’utilizzo del telefono pubblico sia ormai circoscritto a esigenze occasionali o di emergenza.
Provano a resistere i telefoni pubblici. Perché, come dicevamo, da anni la Tim sta provando a smantellare gli esemplari superstiti. Per farlo, deve seguire un procedimento specifico.
Anzitutto, sulla cabina che si punta a eliminare va affisso un avviso almeno sessanta giorni prima della rimozione. A questo punto, chiunque sia contrario alla dismissione ha trenta giorni di tempo per scrivere un’email all’Agcom, esponendo i motivi della sua opposizione. L’Autorità ha a disposizione un altro mese per emanare un provvedimento motivato di accoglimento o di rigetto, sulla base di alcuni criteri come la presenza di altre postazioni in un raggio di 500 metri, l’assenza di copertura mobile nella zona, il ricorrere di casi di vandalismo, l’intralcio al traffico stradale e il decoro urbanistico.
Il colpo di grazia alle cabine lo ha dato l’Europa, che nel 2019 ha approvato il nuovo Codice europeo per le comunicazioni elettroniche. Con l’occasione, l’Unione europea ha stabilito che gli Stati membri possono smettere di considerare i telefoni pubblici un “servizio universale”.
Quanto basta per prevedere che, nei prossimi anni, la dismissione delle postazioni inutilizzate non subirà battute d’arresto.
Da qualche anno, in tutto il mondo si sta assistendo a progetti di riqualificazione e riuso delle cabine telefoniche, che diventano punti per ricaricare lo smartphone, micro-biblioteche per il bookcrossing (senza andare troppo distanti, l’idea è già realtà a Palazzolo e a San Giorgio in Salici), chioschi di fiori, postazioni per il Wi-Fi o per i defibrillatori. È tutta una questione di originalità, per dare una nuova utilità sociale a questo patrimonio delle nostre vie.
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